Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 37620 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 37620 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME, nata ad Asti il DATA_NASCITA, avverso la sentenza del 13 marzo 2025 della Corte di appello di Torino;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, che ha concluso per la inammissibilità del ricorso; letta la memoria dell’AVV_NOTAIO, del foro di Asti, che ha concluso per l’accoglimento dei motivi di ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 13 marzo 2025 la Corte di appello di Torino, esclusa la circostanza aggravante di cui all’art. 625, n. 4, cod. pen., ha rideterminato in mesi 5, giorni 20 di reclusione ed euro 180 di multa la pena comminata a NOME COGNOME, per il reato di tentato furto, e confermato le statuizioni civili emesse in favore di NOME COGNOME, costituitosi parte civile.
1.1. Più in particolare, l’imputata, dopo aver lasciato la propria bicicletta Lu ‘ GLYPH , all’ingresso gtella cascina, percorse la strada privata che portava ÌiWcOrtile, e, passando tra le auto parcheggiate.aprì la portiera di quella della persona offesa la quale, accortasi di quanto stava accadendo, chiamò le forze dell’ordine.
Tali atti sono stati ritenuti diretti in modo inequivoco ad impossessarsi degli oggetti custoditi all’interno dell’auto del COGNOME.
Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione NOME COGNOME, a mezzo del proprio difensore, lamentando in sintesi, ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., quanto segue.
2.1. Con il primo motivo deduce violazione della legge penale processuale e sostanziale, per non avere la Corte di appello rilevato la improcedibilità per difetto di querela.
Lamenta la ricorrente che il COGNOME, costituitosi parte civile, presentò querela, ma in relazione al tentato furto aggravato.
Tuttavia, in esito al giudizio di appello, la Corte territoriale ha escluso l’aggravante del fatto commesso con destrezza, e rispetto a tale diverso reato (il tentato furto non aggravato), attribuibile ab origine alla ricorrente, il COGNOME avrebbe dovuto sporgere querela entro tre mesi dal fatto.
2.2. Con il secondo motivo deduce il difetto assoluto di motivazione quanto alla misura in cui è stata rideterminata la pena per effetto della esclusione dell’aggravante.
Il giudizio di cassazione si è svolto con trattazione scritta, e le parti hanno formulato, per iscritto, le conclusioni come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
1.1. Il primo motivo è inammissibile, poiché manifestamente infondato.
Deduce la ricorrente che, una volta esclusa l’aggravante di cui all’art. 625, n. 4, cod. pen., il reato è divenuto procedibile a querela fin dalla sua commissione, in forma tentata, in data 4 novembre 2019. Da ciò consegue, si afferma in ricorso,
che la querela presentata il 13 marzo 2023, a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 dalla persona offesa costituitasi parte civile, non può valere come condizione di procedibilità.
Osserva invece il Collegio che dall’esame degli atti, consentito in ragione del tipo di censura proposta, risulta che il giorno 4 novembre 2019 fu redatto un verbale di sommarie informazioni, da cui emerge chiara ed inequivocabile la volontà del COGNOME di “procedere” in ordine al reato poco prima commesso nei suoi confronti.
Si è quindi in presenza della manifestazione di volontà di perseguire l’autore del fatto, idonea ad integrare la prescritta condizione di procedibilità.
Invero, secondo il costante insegnamento della Corte di cassazione, nel caso in cui l’atto venga redatto dalla polizia giudiziaria che raccoglie le dichiarazioni della parte, la volontà della persona offesa deve essere esplicita (come nella specie), ancorché non ritualizzata in forme sacramentali, ovvero desumibile da espressioni interpretabili quali manifestazioni di volontà di perseguire l’autore del fatto (cfr., Sez. 3, n. 24365 del 14/03/2023, G., Rv. 284670 – 01; conf., Sez. 4, n. 52538 del 17/11/2017, COGNOME, non mass., in un caso in cui la richiesta di punizione era stata espressa dalla persona offesa ai ‘arabinieri, che l’avevano riportata nel verbale di denuncia e sommarie informazioni; conf., Sez. 5, n. 15166 del 15/02/2016, COGNOME, Rv. 266722 – 01).
1.2. Anche il secondo motivo è inammissibile.
Questa Corte di legittimità ha chiarito che la determinazione della pena tra il minimo ed il massimo edittale rientra tra i poteri discrezionali del giudice di merito ed è insindacabile nei casi in cui la pena sia applicata in misura media e, ancor più, se prossima al minimo, anche nel caso in cui il giudicante si sia limitato a richiamare criteri di adeguatezza, di equità e simili, nei quali sono impliciti gli elementi di cui all’art. 133 cod. pen.; in tali casi, per assolvere al relativo obbligo di motivazione, è sufficiente che dia conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. con espressioni del tipo: “pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento” (Sez. 2, n. 25355 del 27/05/2025, COGNOME, non mass.; Sez. 4, n. 25895 del 28/05/2024, COGNOME, non mass.; Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, COGNOME, Rv. 276288 – 01; Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243 – 01; Sez. 4, n. 46412 del 5/11/2015, COGNOME, Rv. 265283 – 01; Sez. 4, n. 21294 del 20/3/2013, COGNOME, Rv. 256197 – 01).
Nel caso in esame la Corte di appello, sottolineando la pessima biografia penale e la commissione del fatto in costanza di misura di sicurezza, ha richiamato l’attenzione sugli indici di gravità di cui all’art. 133 cod. pen., per giustificare modesto scostamento dal minimo edittale (p. 5 sentenza impugnata), ottenuto riducendo la pena rispetto a quella comminata dal Tribunale.
I giudici di merito, quindi, hanno motivatamente esercitato, in aderenza ai t o ci t’ principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen., il potere che ,g è riconosciuto nella determinazione del trattamento sanzionatorio.
Né la Corte avrebbe potuto rivedere ulteriormente il giudizio di comparazione tra le circostanze: le attenuanti generiche, riconosciute pure in presenza di una pessima biografia penale, non possono comunque prevalere sulla recidiva reiterata e specifica (nel senso della manifesta infondatezza della relativa questione di legittimità costituzionale, Sez. 3, n. 29723 del 22/05/2024, COGNOME, Rv. 286747 – 01; Sez. 6, n. 16487 del 23/03/2017, COGNOME, Rv. 269522 – 01).
Stante l’inammissibilità del ricorso, e non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost., sent. n. 186 del 7 giugno 2000), alla condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria, che si stima equo quantificare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 1 ottobre 2025