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Volizione unitaria: no nesso tra reati distanti

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso di un condannato che chiedeva il riconoscimento della volizione unitaria tra reati di spaccio commessi nel 1990, 1992 e 2002. La Corte ha ritenuto che l’ampio lasso temporale e la diversità dei partecipi escludessero un unico disegno criminoso, nonostante una condanna per associazione a delinquere.

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Pubblicato il 23 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Volizione Unitaria: la Cassazione chiarisce i limiti tra reati distanti nel tempo

Il concetto di volizione unitaria, o reato continuato, rappresenta un pilastro del diritto penale, consentendo di unificare diverse condotte criminose sotto un unico disegno. Ma cosa succede quando i reati sono commessi a molti anni di distanza? La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, offre importanti chiarimenti, stabilendo che un ampio lasso temporale può interrompere questo legame, anche in presenza di una condanna per associazione criminale.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un individuo condannato per tre distinti reati di spaccio di sostanze stupefacenti, commessi rispettivamente nel 1990, nel 1992 e nel 2002. A questi si aggiunge una condanna per associazione di tipo mafioso (art. 416-bis c.p.). L’imputato ha presentato ricorso al giudice dell’esecuzione chiedendo che tutti i reati venissero considerati come un’unica violazione continuata, sostenendo che l’appartenenza all’associazione criminale fungesse da ‘collante’ per tutte le attività di spaccio. La sua tesi era che, essendo parte di un’organizzazione stabile, non avrebbe potuto agire in proprio, e quindi tutte le sue azioni dovevano essere ricondotte a un medesimo programma criminoso.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione del giudice dell’esecuzione. I giudici hanno ritenuto che non vi fossero elementi sufficienti per dimostrare l’esistenza di una volizione unitaria che collegasse reati commessi in un arco temporale così esteso, che supera un decennio.

Le Motivazioni della Corte e il concetto di volizione unitaria

La Corte ha basato la sua decisione su due argomenti principali, che aiutano a definire i contorni applicativi del reato continuato.

Il Criterio Temporale come Indice Rivelatore

Il primo punto analizzato è il tempo. La giurisprudenza consolidata, richiamata anche dalle Sezioni Unite, considera il fattore temporale come un indice fondamentale per valutare l’esistenza di un unico disegno criminoso. Secondo la Corte, è manifestamente illogico pensare che i reati del 1992 e del 2002 potessero essere stati programmati, ‘almeno nelle loro linee essenziali’, già al momento della commissione del primo reato nel 1990. La notevole distanza tra gli episodi rende improbabile una pianificazione unitaria e originaria, suggerendo piuttosto che si tratti di decisioni criminose separate e maturate nel tempo.

L’Associazione Criminale non è un ‘Collante’ Automatico

Il secondo argomento, forse il più interessante, riguarda il ruolo della condanna per associazione a delinquere. Il ricorrente sosteneva che questa condanna dovesse automaticamente unificare tutti i reati-fine (lo spaccio). La Cassazione ha smontato questa tesi, definendola una ‘mera deduzione di tipo logico’ non supportata da prove concrete. I giudici hanno sottolineato che non è sufficiente essere parte di un sodalizio criminale per presumere che ogni reato commesso rientri in un unico piano. Anzi, il giudice di merito aveva evidenziato una circostanza fattuale cruciale: le persone coinvolte nel secondo episodio di spaccio erano diverse da quelle risultate poi essere membri dell’associazione. Questo elemento di discontinuità soggettiva ha ulteriormente indebolito la tesi della volizione unitaria.

Conclusioni

L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale: la continuazione tra reati non può essere presunta, ma deve essere provata sulla base di elementi concreti. Un ampio divario temporale tra le condotte è un forte indicatore contrario all’esistenza di un unico disegno criminoso. Inoltre, la partecipazione a un’associazione criminale non crea un automatismo: non tutti i reati commessi da un affiliato sono necessariamente riconducibili al programma del sodalizio e, di conseguenza, unificabili. La decisione deve basarsi su una valutazione fattuale caso per caso, analizzando elementi come l’omogeneità delle condotte, il contesto, i soggetti coinvolti e, appunto, la contiguità temporale.

Quando più reati possono essere considerati parte di un unico disegno criminoso (volizione unitaria)?
Possono essere considerati tali quando si dimostra che, al momento della commissione del primo reato, gli altri erano già stati programmati almeno nelle loro linee essenziali. Il criterio temporale è un indice fondamentale: una notevole distanza tra i fatti rende meno probabile l’esistenza di un piano unitario.

Un’ampia distanza di tempo tra un reato e l’altro esclude sempre la volizione unitaria?
Sebbene non la escluda in modo automatico, la rende molto improbabile. Secondo la Corte, un lungo periodo tra i reati (in questo caso, anni) è un forte indizio che non vi sia un’unica programmazione, ma decisioni criminose separate e prese in momenti diversi.

Essere parte di un’associazione a delinquere significa che tutti i reati-fine commessi sono automaticamente collegati tra loro?
No. La Corte ha chiarito che la condanna per associazione criminale non funge da ‘collante’ automatico per tutti i reati-fine (come lo spaccio). È necessario dimostrare che i singoli reati rientrano specificamente nel programma del sodalizio, e non si può basare tale collegamento su una mera deduzione logica, specialmente se ci sono elementi di discontinuità, come la diversità dei soggetti coinvolti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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