Volizione Unitaria: No al Reato Continuato per Fatti Distanti 12 Anni
Il concetto di volizione unitaria, noto anche come medesimo disegno criminoso, è un pilastro del diritto penale che consente di mitigare il trattamento sanzionatorio per chi commette più reati in esecuzione di un unico piano. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e richiede una rigorosa valutazione dei fatti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 4107/2024) chiarisce i limiti di questo istituto, specialmente in presenza di un notevole lasso di tempo tra i reati.
I Fatti del Caso in Esame
Il caso ha origine dal ricorso di un individuo condannato per due distinti reati. La prima condanna riguardava la sua partecipazione a un’associazione di stampo mafioso. La seconda, invece, si riferiva a un’estorsione commessa circa dodici anni dopo l’ingresso nel sodalizio criminale. Il ricorrente sosteneva che i due reati fossero legati da una volizione unitaria, chiedendo quindi che venissero considerati come un’unica fattispecie di reato continuato.
La Decisione della Corte: la Volizione Unitaria e i suoi Limiti
La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile per manifesta infondatezza. La decisione si basa su due elementi chiave che, secondo i giudici, demoliscono la tesi del medesimo disegno criminoso: la distanza temporale e la detenzione intermedia.
L’Importanza del Fattore Temporale
I giudici hanno sottolineato come un intervallo di circa dodici anni tra l’ingresso nell’associazione mafiosa e la commissione della prima estorsione sia un “indice evidente” dell’inesistenza di una volizione unitaria. Un lasso di tempo così esteso rende inverosimile che entrambi i reati fossero stati programmati fin dall’inizio come parte di un unico piano deliberato.
L’Effetto della Detenzione Intermedia
Un altro punto cruciale è il periodo di detenzione che il ricorrente ha scontato tra i due reati. Lungi dal supportare la tesi della continuità, la Corte, richiamando la propria giurisprudenza consolidata, ha affermato che la detenzione non è sufficiente a “elidere la distanza temporale”. Anzi, l’esperienza carceraria comporta il riconoscimento di una “controspinta psicologica a delinquere” derivante dall’arresto o dalla condanna. Questo fattore psicologico, secondo la Corte, interrompe la continuità dell’intento criminale, agendo in senso contrario alla prospettazione di un unico disegno criminoso.
Le Motivazioni della Cassazione
Le motivazioni della Corte si fondano su un’interpretazione rigorosa dei criteri per l’individuazione della volizione unitaria, così come delineati dalle Sezioni Unite (sent. n. 28659/2017). La continuità del reato non può essere presunta, ma deve essere provata attraverso indicatori concreti. In questo caso, gli indicatori principali (l’enorme distanza temporale e l’interruzione causata dalla detenzione) puntavano in direzione opposta. La Corte ha ritenuto non illogica la conclusione del tribunale di merito, secondo cui questi elementi erano sufficienti a negare l’esistenza di un programma criminoso unitario e deliberato fin dall’origine.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza riafferma un principio fondamentale: per il riconoscimento del reato continuato, non basta che i reati siano della stessa indole o commessi dallo stesso soggetto. È necessaria la prova di un’unica programmazione iniziale. Un intervallo temporale significativo, specialmente se intervallato da un periodo di detenzione, rappresenta un ostacolo quasi insormontabile per dimostrare l’esistenza di una volizione unitaria. La decisione ha importanti implicazioni pratiche, poiché esclude l’applicazione di un trattamento sanzionatorio più favorevole e conferma che ogni reato, se non legato da un chiaro e provato disegno comune, deve essere valutato e punito autonomamente.
 
Un lungo lasso di tempo tra due reati può escludere la volizione unitaria?
Sì, la Corte di Cassazione ha ritenuto che una distanza di circa dodici anni tra due reati sia un indice evidente dell’inesistenza di una volizione unitaria, rendendo inverosimile che fossero parte di un unico piano iniziale.
La detenzione tra un reato e l’altro influisce sul riconoscimento del reato continuato?
Sì, secondo la Corte, un periodo di detenzione intermedio non solo non supporta la tesi della continuità, ma introduce una “controspinta psicologica a delinquere” che interrompe l’eventuale disegno criminoso, indebolendo la prospettiva di una volizione unitaria.
Qual è la conseguenza principale della decisione della Corte in questo caso?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, confermando la separazione dei reati e il relativo trattamento sanzionatorio.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4107 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 4107  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 11/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CASTELLAMMARE DEL GOLFO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 24/05/2023 del TRIBUNALE di TRAPANI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
Rilevato che NOME COGNOME ricorre per cassazione contro il provvedimento indicato in intestazione;
Letta la memoria con cui il difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO, argomenta sulle ragioni del ricorso ed insiste per il suo accoglimento;
Ritenuto che i motivi dedotti nel ricorso sono manifestamente infondati, in quanto in contrasto con la consolidata giurisprudenza della Corte di legittimità in punto di individuazione dei criteri da cui si può desumere l’esistenza di una volizione unitaria (cfr Sez. U, Sentenza n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074), atteso che i circa dodici anni di distanza tra l’ingresso nell’associazione mafiosa per cui il ricorrente è sta condannato con la prima sentenza e la prima estorsione per cui il ricorrente è stato condannato con la seconda sentenza in modo non illogico sono stati ritenuti indici evidenti dalla inesistenza di una volizione unitaria, e che la detenzione intercorsa medio tempore in modo non illogico è stata ritenuta non sufficiente ad elidere la distanza temporale tra i reati, anche alla luce della giurisprudenza di legittimità sulla circostanza che il perio intermedio di detenzione comporta, in realtà, il riconoscimento della esistenza di una controspinta psicologica a delinquere derivante dall’arresto o dalla condanna (Sez. 4, Sentenza n. 20169 del 06/03/2007, COGNOME, Rv. 236610) che non giova alla prospettazione dell’esistenza di una volizione unitaria;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma determinata, in via equitativa, nella misura indicata in dispositivo;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 11 gennaio 2024.