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Volizione unitaria: la Cassazione e i reati distanti

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un soggetto che chiedeva il riconoscimento della continuazione tra reati commessi in due periodi storici molto distanti (2005-2007 e 2016-2019). La Corte ha stabilito che la notevole distanza temporale rende illogica la presunzione di una volizione unitaria, confermando la decisione del giudice dell’esecuzione e condannando il ricorrente al pagamento delle spese e di un’ammenda.

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Pubblicato il 28 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Volizione Unitaria: il Tempo Come Fattore Decisivo secondo la Cassazione

L’istituto della continuazione nel reato, che presuppone una volizione unitaria da parte dell’agente, è un concetto fondamentale del nostro diritto penale, poiché consente di mitigare il trattamento sanzionatorio per chi commette più reati in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Tuttavia, cosa accade quando i reati sono separati da un lungo intervallo di tempo? Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione fa luce su questo aspetto, stabilendo che la distanza temporale può essere un ostacolo insormontabile al riconoscimento di un piano unitario.

I Fatti del Caso

Il caso sottoposto all’esame della Suprema Corte riguardava un ricorso presentato da un individuo condannato per due distinti gruppi di reati. Il primo gruppo era stato commesso in un arco temporale relativamente recente (tra il 2016 e il 2019), mentre il secondo gruppo risaliva a un’epoca ben più lontana (tra il 2005 e il 2007). L’imputato, in sede di esecuzione della pena, aveva richiesto che tutti i reati venissero unificati sotto il vincolo della continuazione, sostenendo l’esistenza di un’unica programmazione criminale. La Corte d’Appello, in funzione di giudice dell’esecuzione, aveva respinto tale richiesta, e contro questa decisione è stato proposto ricorso per cassazione.

La Decisione della Corte e la Volizione Unitaria

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. La decisione si allinea a un orientamento giurisprudenziale consolidato, che individua criteri precisi per poter desumere l’esistenza di una volizione unitaria.

L’Importanza della Distanza Temporale

Il punto centrale della decisione risiede nella valutazione della distanza temporale tra i due gruppi di reati. I giudici hanno considerato illogica la pretesa di far risalire la programmazione dei reati commessi tra il 2016 e il 2019 al periodo in cui furono commessi i primi (2005-2007). Secondo la Corte, un lasso di tempo così ampio rende inverosimile che i reati più recenti potessero essere stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali, già al momento della commissione dei primi.

Il Richiamo alla Giurisprudenza Consolidata

Per rafforzare la propria posizione, la Corte ha richiamato una fondamentale sentenza delle Sezioni Unite (n. 28659/2017), che ha fissato i paletti per l’individuazione del medesimo disegno criminoso. Tale giurisprudenza sottolinea come la continuazione richieda una deliberazione iniziale che abbracci l’intera sequenza delittuosa, cosa che la notevole distanza temporale nel caso di specie rendeva del tutto improbabile.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione della Suprema Corte è netta e si fonda su un principio di logica e ragionevolezza. Il giudice dell’esecuzione aveva correttamente ritenuto che, al momento della commissione del primo gruppo di reati, i successivi non potevano essere stati programmati. Non è sufficiente una generica tendenza a delinquere, ma è necessaria una programmazione concreta, seppur generica, di tutti gli illeciti. L’enorme iato temporale tra le condotte è stato considerato un elemento oggettivo e decisivo per escludere tale programmazione. Di conseguenza, gli argomenti del ricorrente sono stati giudicati in palese contrasto con i principi stabiliti dalla giurisprudenza di legittimità, portando a una declaratoria di inammissibilità per manifesta infondatezza.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza ribadisce un principio cruciale per l’applicazione dell’istituto della continuazione: il fattore tempo non è un dettaglio, ma un elemento probatorio di primaria importanza. Per i professionisti del diritto e per gli imputati, ciò significa che la richiesta di unificazione delle pene per continuazione deve essere supportata da elementi concreti che dimostrino un’effettiva e originaria volizione unitaria. Una semplice successione di reati, soprattutto se intervallata da molti anni, non sarà sufficiente a ottenere il beneficio, poiché la presunzione logica opera in senso contrario, suggerendo l’esistenza di determinazioni criminose distinte e autonome, maturate in momenti diversi della vita del reo.

Quando può essere negata la volizione unitaria tra più reati?
Può essere negata quando esiste una significativa distanza temporale tra la commissione dei diversi reati, tale da rendere illogico presumere che fossero tutti parte di un unico piano criminoso concepito fin dall’inizio.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato giudicato manifestamente infondato perché le argomentazioni presentate erano in netto contrasto con la consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione sui criteri per accertare l’esistenza di un medesimo disegno criminoso, specialmente in presenza di un ampio intervallo di tempo tra i fatti.

Quali sono le conseguenze per il ricorrente in caso di inammissibilità del ricorso?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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