Volizione Unitaria: la Distanza Temporale tra Reati Annulla la Continuazione
L’istituto della continuazione nel reato, che presuppone una volizione unitaria, è un concetto fondamentale del diritto penale che consente di mitigare il trattamento sanzionatorio per chi commette più violazioni della legge penale in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Tuttavia, quali sono i limiti di questo istituto? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (Num. 4150/2024) chiarisce come la distanza temporale tra i reati possa essere un fattore decisivo per escluderne l’applicazione.
Il Caso in Esame: Tre Reati a Distanza di Mesi
Il caso analizzato dalla Suprema Corte nasce dal ricorso di un condannato avverso un’ordinanza del Tribunale di sorveglianza. Il ricorrente chiedeva che tre distinti reati, per i quali era stato condannato, fossero unificati sotto il vincolo della continuazione. L’elemento cruciale, tuttavia, era il notevole intervallo di tempo intercorso tra la commissione dei fatti: tra il primo e il secondo reato erano passati nove mesi, e quasi undici mesi separavano il primo dal terzo.
Il giudice dell’esecuzione aveva respinto la richiesta, ritenendo che un lasso di tempo così ampio rendesse illogica l’ipotesi di un unico piano criminoso concepito sin dall’inizio.
Il Criterio della Volizione Unitaria secondo la Cassazione
La Corte di Cassazione, nel dichiarare il ricorso inammissibile, ha confermato la validità del ragionamento del giudice di merito. Gli Ermellini hanno ribadito che, per riconoscere l’esistenza di una volizione unitaria, è necessario poter desumere che i reati successivi fossero stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali, già al momento della commissione del primo.
In presenza di un intervallo temporale così significativo, la presunzione gioca a sfavore dell’imputato. Diventa infatti inverosimile sostenere che una persona abbia pianificato una serie di crimini mantenendo fermo il proposito per quasi un anno. La Corte ha sottolineato come la decisione del giudice dell’esecuzione non fosse affatto illogica, ma anzi in linea con la consolidata giurisprudenza di legittimità, citando una nota sentenza delle Sezioni Unite (n. 28659/2017).
Le Motivazioni
Il cuore della motivazione risiede nella valutazione del fattore tempo come indicatore della programmazione criminale. La Corte afferma che la decisione impugnata è corretta perché non è illogico ritenere che, al momento del primo reato, il secondo e il terzo non potessero essere stati pianificati. La distanza di nove e undici mesi è un ostacolo logico insormontabile per configurare un’unica risoluzione criminosa. È interessante notare come la Corte abbia considerato questo elemento prevalente anche rispetto ad altri, come la diversità dei luoghi di commissione dei reati. Sebbene nel caso di specie i reati fossero avvenuti in comuni diversi, la Corte precisa che la sua conclusione sarebbe stata la stessa anche a prescindere da tale circostanza, valorizzando il dato temporale come elemento dirimente.
Conclusioni
La pronuncia in esame offre un’importante lezione pratica: la richiesta di applicazione del reato continuato non può prescindere da una rigorosa analisi della vicinanza temporale tra le condotte. Un lungo periodo di tempo tra un reato e l’altro crea una forte presunzione contraria all’esistenza di una volizione unitaria. Per superare tale presunzione, il condannato dovrebbe fornire elementi di prova particolarmente solidi in grado di dimostrare l’esistenza di un progetto criminoso originario e persistente nel tempo, un onere probatorio che, nella maggior parte dei casi, risulta estremamente difficile da assolvere.
Quando può essere esclusa la continuazione tra più reati?
La continuazione può essere esclusa quando l’intervallo di tempo tra la commissione dei reati è così significativo (nel caso di specie, nove e undici mesi) da rendere illogico ritenere che i reati successivi fossero stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali, al momento della commissione del primo.
La diversità dei luoghi in cui sono commessi i reati è decisiva per escludere la volizione unitaria?
No, non necessariamente. Secondo l’ordinanza, il fattore temporale può essere talmente decisivo da rendere irrilevante la diversità (o la contiguità) dei luoghi. La decisione di escludere la continuazione si sarebbe mantenuta anche a prescindere da tale elemento.
Quali sono le conseguenze se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come stabilito equitativamente dalla Corte (nel caso specifico, tremila euro).
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4150 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4150 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 11/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 20/09/2023 del TRIBUNALE di TERMINI IME RESE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
Rilevato che NOME COGNOME ricorre per cassazione contro il provvedimento indicato in intestazione;
Ritenuto che gli argomenti dedotti nei due motivi di ricorso, che possono essere affrontati congiuntamente, in quanto sovrapponíbili, sono manifestamente infondati, in quanto in contrasto con la consolidata giurisprudenza della Corte di legittimità in punto di individuazione dei criteri da cui si può desumere l’esistenza di una volizione unitaria (cfr. per tutte, Sez. U, Sentenza n. 28659 del 18/05/2017, Gargiulo, Rv, 270074), atteso che, in presenza di una distanza temporale di nove mesi tra il primo ed il secondo reato oggetto dell’istanza e di quasi undici mesi tra il primo ed il terzo, non è ililogica la decisione giudice dell’esecuzione che ha ritenuto che, al momento di commissione del primo reato, il secondo ed il terzo non potessero essere stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, e ciò anche a prescindere dalla diversità dei luoghi di commissione del reato, pure valorizzata nell’ordinanza impugnata, e contestata in ricorso con il mero riferimento alla contiguità territoriale tra i Comuni in cui sono avvenuti i diversi fatti;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma determinata, in via equitativa, nella misura indicata in dispositivo;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 11 gennaio 2024.