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Volizione unitaria: esclusa per la distanza temporale

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un soggetto che chiedeva il riconoscimento della continuazione tra tre reati. La Corte ha ritenuto che la notevole distanza temporale tra i fatti (nove e undici mesi) fosse un elemento sufficiente per escludere una volizione unitaria, ovvero un medesimo disegno criminoso originario, confermando la decisione del giudice dell’esecuzione.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Volizione Unitaria: la Distanza Temporale tra Reati Annulla la Continuazione

L’istituto della continuazione nel reato, che presuppone una volizione unitaria, è un concetto fondamentale del diritto penale che consente di mitigare il trattamento sanzionatorio per chi commette più violazioni della legge penale in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Tuttavia, quali sono i limiti di questo istituto? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (Num. 4150/2024) chiarisce come la distanza temporale tra i reati possa essere un fattore decisivo per escluderne l’applicazione.

Il Caso in Esame: Tre Reati a Distanza di Mesi

Il caso analizzato dalla Suprema Corte nasce dal ricorso di un condannato avverso un’ordinanza del Tribunale di sorveglianza. Il ricorrente chiedeva che tre distinti reati, per i quali era stato condannato, fossero unificati sotto il vincolo della continuazione. L’elemento cruciale, tuttavia, era il notevole intervallo di tempo intercorso tra la commissione dei fatti: tra il primo e il secondo reato erano passati nove mesi, e quasi undici mesi separavano il primo dal terzo.

Il giudice dell’esecuzione aveva respinto la richiesta, ritenendo che un lasso di tempo così ampio rendesse illogica l’ipotesi di un unico piano criminoso concepito sin dall’inizio.

Il Criterio della Volizione Unitaria secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione, nel dichiarare il ricorso inammissibile, ha confermato la validità del ragionamento del giudice di merito. Gli Ermellini hanno ribadito che, per riconoscere l’esistenza di una volizione unitaria, è necessario poter desumere che i reati successivi fossero stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali, già al momento della commissione del primo.

In presenza di un intervallo temporale così significativo, la presunzione gioca a sfavore dell’imputato. Diventa infatti inverosimile sostenere che una persona abbia pianificato una serie di crimini mantenendo fermo il proposito per quasi un anno. La Corte ha sottolineato come la decisione del giudice dell’esecuzione non fosse affatto illogica, ma anzi in linea con la consolidata giurisprudenza di legittimità, citando una nota sentenza delle Sezioni Unite (n. 28659/2017).

Le Motivazioni

Il cuore della motivazione risiede nella valutazione del fattore tempo come indicatore della programmazione criminale. La Corte afferma che la decisione impugnata è corretta perché non è illogico ritenere che, al momento del primo reato, il secondo e il terzo non potessero essere stati pianificati. La distanza di nove e undici mesi è un ostacolo logico insormontabile per configurare un’unica risoluzione criminosa. È interessante notare come la Corte abbia considerato questo elemento prevalente anche rispetto ad altri, come la diversità dei luoghi di commissione dei reati. Sebbene nel caso di specie i reati fossero avvenuti in comuni diversi, la Corte precisa che la sua conclusione sarebbe stata la stessa anche a prescindere da tale circostanza, valorizzando il dato temporale come elemento dirimente.

Conclusioni

La pronuncia in esame offre un’importante lezione pratica: la richiesta di applicazione del reato continuato non può prescindere da una rigorosa analisi della vicinanza temporale tra le condotte. Un lungo periodo di tempo tra un reato e l’altro crea una forte presunzione contraria all’esistenza di una volizione unitaria. Per superare tale presunzione, il condannato dovrebbe fornire elementi di prova particolarmente solidi in grado di dimostrare l’esistenza di un progetto criminoso originario e persistente nel tempo, un onere probatorio che, nella maggior parte dei casi, risulta estremamente difficile da assolvere.

Quando può essere esclusa la continuazione tra più reati?
La continuazione può essere esclusa quando l’intervallo di tempo tra la commissione dei reati è così significativo (nel caso di specie, nove e undici mesi) da rendere illogico ritenere che i reati successivi fossero stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali, al momento della commissione del primo.

La diversità dei luoghi in cui sono commessi i reati è decisiva per escludere la volizione unitaria?
No, non necessariamente. Secondo l’ordinanza, il fattore temporale può essere talmente decisivo da rendere irrilevante la diversità (o la contiguità) dei luoghi. La decisione di escludere la continuazione si sarebbe mantenuta anche a prescindere da tale elemento.

Quali sono le conseguenze se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come stabilito equitativamente dalla Corte (nel caso specifico, tremila euro).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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