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Vizio parziale di mente: quando il ricorso è inammissibile

Un individuo, condannato per violenza sessuale, ha presentato ricorso in Cassazione lamentando la mancata ammissione di una perizia psichiatrica volta ad accertare un suo presunto vizio parziale di mente. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, sostenendo che la richiesta era generica, di natura meramente esplorativa e non fondata su alcun elemento concreto che potesse far dubitare della piena capacità di intendere e volere dell’imputato. La decisione ribadisce che la concessione di una perizia rientra nel potere discrezionale del giudice.

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Pubblicato il 26 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Vizio parziale di mente: quando la richiesta di perizia non basta

La recente ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione Penale n. 37269/2025, offre un importante chiarimento sui limiti del ricorso basato sul diniego di un accertamento peritale. In particolare, la Corte ha stabilito che la semplice richiesta di una perizia per accertare un presunto vizio parziale di mente, se non supportata da elementi concreti, non è sufficiente a fondare un valido motivo di impugnazione e può condurre alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine da una condanna per il reato di violenza sessuale (art. 609-bis c.p.). La sentenza di primo grado, emessa dal GUP di un tribunale del Lazio, era stata parzialmente riformata in appello con una riduzione della pena. L’imputato ha quindi proposto ricorso per cassazione, lamentando un unico vizio: la Corte d’Appello avrebbe errato nel respingere la sua richiesta di una perizia psichiatrica. Secondo la difesa, tale accertamento era necessario per verificare la sussistenza di un vizio parziale di mente, ovvero una condizione di ridotta capacità di intendere e di volere al momento del fatto.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici di legittimità hanno ritenuto che la decisione della Corte d’Appello di negare la perizia fosse basata su una motivazione logica e non manifestamente errata. Di conseguenza, il ricorso dell’imputato è stato qualificato come generico e privo di fondamento.

Le ragioni dell’inammissibilità e il vizio parziale di mente

Le motivazioni della Corte si basano su due principi cardine del nostro ordinamento processuale penale.

In primo luogo, la Corte ha sottolineato come la richiesta di perizia per vizio parziale di mente avanzata dall’imputato fosse di natura puramente esplorativa. La difesa si era limitata a dedurre che non fosse stato accertato il “coefficiente intellettivo” dell’imputato, senza però fornire alcun appiglio documentale o elemento concreto, emerso nel corso del processo, che potesse far sorgere un ragionevole dubbio sulla sua piena capacità di intendere e di volere. In assenza di tali elementi, la richiesta assume i contorni di un tentativo di introdurre nuove indagini in una fase non appropriata, e il suo rigetto da parte del giudice di merito è incensurabile in sede di legittimità.

In secondo luogo, la Cassazione ha richiamato un consolidato orientamento giurisprudenziale, incluse le Sezioni Unite. Secondo tale orientamento, la perizia è un mezzo di prova “neutro”, la cui ammissione è rimessa alla discrezionalità del giudice. Non si tratta di una prova a discarico che, se decisiva, deve essere obbligatoriamente ammessa. Pertanto, la sua mancata effettuazione non può costituire motivo di ricorso per cassazione per violazione del diritto alla prova (art. 606, comma 1, lett. d, c.p.p.), in quanto tale norma si applica solo a prove a discarico che abbiano un chiaro carattere di decisività.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

La decisione in commento ribadisce un principio fondamentale: per contestare validamente il diniego di una perizia psichiatrica, non è sufficiente una mera allegazione. La difesa ha l’onere di indicare elementi specifici e concreti (come documentazione medica pregressa, testimonianze o comportamenti anomali emersi durante il processo) che rendano plausibile e necessario l’approfondimento tecnico. In caso contrario, il ricorso rischia di essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

È sufficiente chiedere una perizia per vizio parziale di mente per poter impugnare una sentenza?
No, non è sufficiente. La Corte di Cassazione ha chiarito che il ricorso basato sul rigetto di una tale richiesta è inammissibile se la richiesta stessa è generica, meramente esplorativa e non supportata da alcun appiglio documentale o elemento concreto che metta in dubbio la capacità di intendere e volere dell’imputato.

La mancata effettuazione di un accertamento peritale può essere sempre motivo di ricorso per cassazione?
No. Secondo la giurisprudenza citata nella sentenza, l’accertamento peritale è un mezzo di prova ‘neutro’, la cui ammissione è rimessa alla discrezionalità del giudice. Pertanto, il suo mancato svolgimento non costituisce di per sé motivo di ricorso ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. d), cod. proc. pen., che si riferisce a prove a discarico con carattere di decisività.

Cosa succede se il ricorso per cassazione viene dichiarato inammissibile?
L’imputato che ha proposto il ricorso viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come stabilito dall’art. 616 del codice di procedura penale. In questo caso, la somma è stata fissata in 3.000,00 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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