Vizio parziale di mente: non basta un episodio isolato per ottenere lo sconto di pena
Il riconoscimento del vizio parziale di mente è un tema delicato nel diritto penale, che richiede una dimostrazione rigorosa del nesso tra il disturbo psicologico e l’azione criminale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito questo principio, dichiarando inammissibile il ricorso di un imputato che si basava su prove ritenute insufficienti. Vediamo nel dettaglio la vicenda e le conclusioni dei giudici.
Il Caso in Analisi
Un uomo, condannato nei primi due gradi di giudizio, ha presentato ricorso in Cassazione lamentando il mancato riconoscimento del vizio parziale di mente e il diniego delle attenuanti generiche. A sostegno della sua tesi, la difesa aveva prodotto documentazione medica attestante un “episodio acuto isolato” avvenuto circa sei mesi prima della commissione del reato. Secondo il ricorrente, tale documentazione avrebbe dovuto indurre i giudici a concedere una riduzione della pena.
La Corte d’Appello aveva già respinto queste argomentazioni, sottolineando come la difesa non avesse illustrato in che modo quell’unico episodio potesse aver inciso sullo stato mentale dell’imputato al momento specifico del reato. Inoltre, il diniego delle attenuanti generiche era stato motivato sulla base della pericolosità della condotta e dei precedenti penali dell’imputato.
La Decisione della Corte sul Vizio Parziale di Mente
La Corte di Cassazione ha confermato la decisione dei giudici di merito, dichiarando il ricorso inammissibile. I Supremi Giudici hanno osservato che i motivi del ricorso non introducevano nuovi profili di illegittimità, ma si limitavano a riproporre le stesse censure già adeguatamente vagliate e respinte dalla Corte d’Appello.
In sostanza, il ricorrente cercava di ottenere una nuova valutazione delle prove, un’operazione che non rientra nei poteri della Corte di Cassazione, il cui compito è limitato al cosiddetto “sindacato di legittimità”, ovvero al controllo sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità della motivazione.
Le Motivazioni della Corte
La motivazione della Corte si fonda su due pilastri fondamentali.
In primo luogo, riguardo al vizio parziale di mente, i giudici hanno ribadito che la semplice esistenza di una documentazione medica attestante un disturbo psicologico non è sufficiente. È onere della difesa dimostrare in modo specifico e circostanziato il nesso causale tra quella condizione e la capacità di intendere e di volere dell’imputato al momento esatto in cui il reato è stato commesso. Un episodio isolato e lontano nel tempo, senza ulteriori elementi di collegamento, è stato ritenuto insufficiente a provare una condizione di infermità incidente sul fatto.
In secondo luogo, per quanto riguarda le attenuanti generiche, la Corte ha considerato legittima e ben motivata la decisione dei giudici di merito, che avevano negato il beneficio sulla base di elementi concreti come la pericolosità della condotta e i precedenti a carico dell’imputato.
L’inammissibilità del ricorso ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Conclusioni
Questa ordinanza offre un importante insegnamento pratico: per sostenere con successo una tesi difensiva basata sull’infermità mentale, non è sufficiente presentare una diagnosi clinica. È indispensabile costruire un’argomentazione solida, supportata da prove specifiche, che dimostri come il disturbo abbia concretamente e significativamente compromesso le facoltà mentali dell’imputato al momento del fatto. Un ricorso che si limita a sollecitare una diversa lettura delle prove, senza evidenziare vizi di legge o di logica nella sentenza impugnata, è destinato a essere dichiarato inammissibile, con conseguente aggravio di spese per il ricorrente.
È sufficiente produrre documentazione medica su un passato episodio psicologico per ottenere il riconoscimento del vizio parziale di mente?
No, secondo la Corte non è sufficiente. La difesa deve dimostrare il nesso specifico tra l’episodio documentato e lo stato mentale dell’imputato al momento esatto della commissione del reato, illustrando la sua effettiva incidenza sulla capacità di intendere e di volere.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano una mera riproduzione di censure già esaminate e correttamente respinte dalla Corte d’Appello. Non sollevava questioni di legittimità, ma mirava a una rivalutazione delle prove, attività preclusa alla Corte di Cassazione.
Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e, come in questo caso, al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, qui quantificata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5561 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5561 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 15/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a COGNOME il 14/10/1954
avverso la sentenza del 20/02/2024 della CORTE APPELLO di CATANZARO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
Letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza in epigrafe;
esaminati gli atti e il provvedimento impugnato;
rilevato che i motivi, con cui il ricorrente ha censurato il mancato riconoscimento del vizio parziale di mente e il diniego delle attenuanti generiche, sono tesi a sollecitare una rivalutazione e/o alternativa rilettura delle font probatorie, estranee al sindacato di legittimità, e sono meramente riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal Giudice di merito (si vedano le pagine 2 e 3 della sentenza impugnata, in cui la Corte territoriale ha affermato che la documentazione prodotta dalla difesa – attestante un episodio acuto isolato risalente a sei mesi prima dei fatti per cui si procede e di cui non vengono in alcun modo dedotti e illustrati lo specifico nesso con il reato in contestazione e la possibile incidenza con lo stato mentale al momento dello specifico episodio – era insufficiente a dimostrare una condizione di infermità incidente al momento del fatto e, quanto alle attenuanti generiche, ha fatto riferimento alla pericolosità della condotta e alla non trascurabile entità dei precedenti, ostativi alla concessione delle menzionate circostanze);
ritenuto che il ricorso è inammissibile e ciò comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo ragioni di esonero, della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende (Corte cost. n. 186 del 2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 15/11/2024.