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Vizio parziale di mente: non esclude il reato

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un uomo condannato per maltrattamenti ai danni della madre. L’imputato, affetto da un vizio parziale di mente, chiedeva una nuova perizia per dimostrare la totale incapacità. La Corte ha stabilito che il vizio parziale di mente non esclude automaticamente l’elemento soggettivo del reato e che la rinnovazione di una perizia in appello è una scelta discrezionale del giudice, non un diritto dell’imputato.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Vizio parziale di mente e maltrattamenti: quando sussiste la responsabilità penale?

La recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 29476/2025) offre un’importante analisi sul rapporto tra infermità mentale e responsabilità penale, in particolare nel contesto del grave reato di maltrattamenti in famiglia. La Corte ha stabilito che la diagnosi di un vizio parziale di mente non è sufficiente, di per sé, a escludere l’intenzione di commettere il reato. Questa pronuncia ribadisce principi fondamentali sulla valutazione della prova e sulla discrezionalità del giudice in materia di perizie psichiatriche.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un uomo condannato in primo e secondo grado per maltrattamenti continuati ai danni della madre. All’imputato era stato diagnosticato un “disturbo psicotico cronicizzato di tipo paranoide”, sulla base del quale i giudici di merito avevano riconosciuto l’attenuante del vizio parziale di mente. La pena inflitta era stata di due anni e otto mesi di reclusione, con l’aggiunta di una misura di sicurezza in una casa di cura. Le prove a suo carico si basavano sulle dichiarazioni della vittima, confermate da una vicina di casa e dalla figlia.

I Motivi del Ricorso e il Ruolo del Vizio Parziale di Mente

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due argomentazioni principali.

1. La richiesta di una nuova perizia psichiatrica: La difesa sosteneva che la perizia effettuata nei gradi precedenti fosse carente. Essa non avrebbe spiegato in modo convincente perché l’incapacità dell’imputato fosse solo parziale e non totale. Secondo il ricorrente, una nuova valutazione avrebbe potuto dimostrare un vizio totale di mente, condizione che avrebbe portato all’esclusione della sua capacità di intendere e di volere e, di conseguenza, dell’elemento soggettivo (dolo) necessario per configurare il reato.

2. La sussistenza dell’elemento soggettivo: Collegato al primo punto, il ricorso contestava la sussistenza della volontà colpevole. Si affermava che i giudici d’appello avessero errato nel ritenere provato il dolo, senza considerare adeguatamente l’impatto della grave patologia psichiatrica sulla capacità di autodeterminazione dell’imputato.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Sesta Sezione Penale della Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo entrambe le doglianze con motivazioni nette.

In primo luogo, riguardo alla richiesta di rinnovazione della perizia, la Corte ha definito il motivo di ricorso “generico e aspecifico”. I giudici hanno chiarito che, secondo l’art. 603 del codice di procedura penale, la rinnovazione dell’istruttoria in appello non è un diritto dell’imputato, ma una facoltà discrezionale del giudice, da esercitare solo quando la ritenga “assolutamente indispensabile” ai fini della decisione. Inoltre, la perizia è considerata un mezzo di prova “neutro”, il cui espletamento è rimesso alla valutazione del giudice e la sua mancata ammissione non può essere impugnata in Cassazione come violazione del diritto alla prova decisiva (art. 606, comma 1, lett. d, c.p.p.).

In secondo luogo, la Corte ha respinto la censura sulla mancanza dell’elemento soggettivo. Anche questo motivo è stato giudicato “generico e aspecifico”, in quanto non si confrontava adeguatamente con le argomentazioni della sentenza impugnata. I giudici di merito avevano infatti illustrato in modo diffuso e logico le ragioni per cui ritenevano sussistente il dolo, nonostante il riconosciuto vizio parziale di mente. La Corte Suprema ha implicitamente ribadito un principio consolidato: l’infermità parziale attenua la responsabilità, ma non la annulla. Spetta al giudice di merito valutare, caso per caso, la residua capacità dell’imputato di comprendere il disvalore delle proprie azioni e di agire di conseguenza.

Le Conclusioni

La sentenza in esame consolida due importanti principi giuridici. Il primo è di natura processuale: la richiesta di rinnovare una perizia psichiatrica in appello non è un diritto automatico, ma una scelta ponderata del giudice basata sulla stretta necessità. Il secondo è di natura sostanziale: la condizione di vizio parziale di mente non costituisce un “lasciapassare” per l’irresponsabilità penale. La capacità di intendere e di volere, seppur diminuita, può essere sufficiente a integrare l’elemento soggettivo del reato, la cui sussistenza deve essere accertata attraverso un’analisi rigorosa di tutte le circostanze del caso concreto.

Un imputato può sempre ottenere una nuova perizia psichiatrica in appello?
No, la rinnovazione di una perizia in appello non è un diritto dell’imputato. È una decisione che spetta alla discrezionalità del giudice, il quale la dispone solo se la ritiene assolutamente necessaria per la decisione.

Soffrire di un vizio parziale di mente esclude automaticamente la responsabilità per il reato di maltrattamenti?
No. Il vizio parziale di mente comporta una diminuzione della pena ma non esclude di per sé la responsabilità penale. Il giudice deve comunque valutare se, al momento del fatto, la capacità di intendere e di volere residua fosse sufficiente per configurare l’intenzione di commettere il reato (dolo).

Per quale motivo la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati sono stati ritenuti “generici e aspecifici”. La difesa, cioè, non ha contestato in modo puntuale e pertinente le ragioni logiche e giuridiche esposte nella sentenza della Corte d’Appello, limitandosi a riproporre le proprie tesi in modo generico.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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