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Vizio parziale di mente e dolo: la Cassazione chiarisce

Un imputato, condannato per resistenza e lesioni, ha fatto ricorso in Cassazione sostenendo che il suo vizio parziale di mente escludesse l’intenzione di commettere il reato (dolo). La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo un principio fondamentale: il vizio parziale di mente è pienamente compatibile con il dolo, poiché il primo incide sulla formazione della volontà, mentre il secondo riguarda la sua manifestazione. La Corte ha inoltre rifiutato di riesaminare i fatti e ha confermato la congruità della pena inflitta.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Vizio parziale di mente e dolo: quando la ridotta capacità non esclude la colpevolezza

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un’importante occasione per approfondire il rapporto tra il vizio parziale di mente e la sussistenza del dolo nel diritto penale. La Corte ha stabilito che una ridotta capacità di intendere e di volere non è, di per sé, sufficiente a escludere l’intenzionalità del reato. Analizziamo insieme questa pronuncia per comprenderne la portata e le implicazioni pratiche.

I fatti del caso

Il caso trae origine da una condanna emessa dalla Corte d’Appello per i reati di resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 c.p.) e lesioni personali (art. 582 c.p.). L’imputato, ritenuto colpevole nei primi due gradi di giudizio, ha presentato ricorso per Cassazione, affidandolo a tre motivi principali volti a contestare la sua responsabilità e la congruità della pena.

L’analisi della Cassazione e il vizio parziale di mente

Il cuore del ricorso verteva sul primo motivo, con cui la difesa sosteneva una presunta contraddittorietà nella sentenza d’appello. Secondo il ricorrente, il riconoscimento di un vizio parziale di mente avrebbe dovuto escludere l’elemento soggettivo del dolo. La Cassazione ha respinto con fermezza questa tesi, chiarendo la distinzione concettuale tra i due istituti:
Il vizio parziale di mente è una diminuente che attiene al processo di formazione* della volontà.
Il dolo, invece, riguarda il momento in cui la volontà, seppur formatasi in un contesto di ridotta capacità, si manifesta* concretamente nell’azione criminosa.

La Suprema Corte ha quindi affermato la piena compatibilità logica tra la presenza di un’attenuante per ridotta capacità e la sussistenza del dolo, confermando un orientamento consolidato.

L’inammissibilità degli altri motivi di ricorso

Anche gli altri due motivi sono stati respinti. Il secondo, relativo alla presunta insussistenza del reato di lesioni, è stato dichiarato inammissibile perché mirava a una nuova valutazione dei fatti, attività preclusa al giudice di legittimità. La Corte d’Appello, infatti, aveva già adeguatamente motivato la sua decisione, specificando che la riduzione della funzionalità di un braccio andava oltre la semplice percossa.

Il terzo motivo, concernente l’eccessività della pena e la mancata concessione delle attenuanti generiche nella massima estensione, è stato giudicato una mera riproposizione di censure già esaminate e correttamente disattese dai giudici di merito, i quali avevano commisurato la pena alla gravità della condotta.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su principi cardine del nostro ordinamento. In primo luogo, viene ribadita la distinzione tra la capacità di intendere e di volere, che può essere attenuata, e la volontà cosciente di compiere l’azione illecita (dolo), che può comunque sussistere. In secondo luogo, la Corte sottolinea i limiti del proprio sindacato, che non può estendersi a una nuova ricostruzione del fatto, ma deve limitarsi alla verifica della corretta applicazione della legge e della logicità della motivazione. Infine, viene confermata l’ampia discrezionalità del giudice di merito nella determinazione della pena, se adeguatamente motivata.

Le conclusioni

La decisione in commento consolida l’interpretazione secondo cui il vizio parziale di mente non è un ‘salvacondotto’ dalla responsabilità per reati dolosi. Sebbene influisca sulla commisurazione della pena, non cancella la colpevolezza dell’agente che, pur con capacità diminuita, ha agito con coscienza e volontà. L’ordinanza rappresenta un chiaro monito sull’inammissibilità dei ricorsi in Cassazione che si risolvono in una richiesta di rivalutazione del merito della vicenda.

Una persona con un vizio parziale di mente può essere comunque condannata per un reato doloso?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, il vizio parziale di mente e il dolo sono compatibili, poiché il primo riguarda la formazione della volontà, mentre il secondo la sua manifestazione concreta. Pertanto, la ridotta capacità non esclude automaticamente l’intenzione di commettere il reato.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare i fatti di un processo, come la dinamica di un’aggressione?
No. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile su questo punto perché la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito non è ricostruire i fatti, ma verificare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente la legge e motivato logicamente la loro decisione.

Perché la Corte ha confermato la pena decisa nei gradi precedenti?
La Corte ha ritenuto che la pena fosse stata decisa correttamente dai giudici di merito, i quali l’avevano motivata in base alla gravità della condotta e all’assenza di ulteriori elementi positivi da valutare a favore dell’imputato. Il motivo di ricorso è stato giudicato una semplice riproposizione di censure già adeguatamente respinte.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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