Vizio parziale di mente e dolo: quando la ridotta capacità non esclude la colpevolezza
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un’importante occasione per approfondire il rapporto tra il vizio parziale di mente e la sussistenza del dolo nel diritto penale. La Corte ha stabilito che una ridotta capacità di intendere e di volere non è, di per sé, sufficiente a escludere l’intenzionalità del reato. Analizziamo insieme questa pronuncia per comprenderne la portata e le implicazioni pratiche.
I fatti del caso
Il caso trae origine da una condanna emessa dalla Corte d’Appello per i reati di resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 c.p.) e lesioni personali (art. 582 c.p.). L’imputato, ritenuto colpevole nei primi due gradi di giudizio, ha presentato ricorso per Cassazione, affidandolo a tre motivi principali volti a contestare la sua responsabilità e la congruità della pena.
L’analisi della Cassazione e il vizio parziale di mente
Il cuore del ricorso verteva sul primo motivo, con cui la difesa sosteneva una presunta contraddittorietà nella sentenza d’appello. Secondo il ricorrente, il riconoscimento di un vizio parziale di mente avrebbe dovuto escludere l’elemento soggettivo del dolo. La Cassazione ha respinto con fermezza questa tesi, chiarendo la distinzione concettuale tra i due istituti:
   Il vizio parziale di mente è una diminuente che attiene al processo di formazione* della volontà.
   Il dolo, invece, riguarda il momento in cui la volontà, seppur formatasi in un contesto di ridotta capacità, si manifesta* concretamente nell’azione criminosa.
La Suprema Corte ha quindi affermato la piena compatibilità logica tra la presenza di un’attenuante per ridotta capacità e la sussistenza del dolo, confermando un orientamento consolidato.
L’inammissibilità degli altri motivi di ricorso
Anche gli altri due motivi sono stati respinti. Il secondo, relativo alla presunta insussistenza del reato di lesioni, è stato dichiarato inammissibile perché mirava a una nuova valutazione dei fatti, attività preclusa al giudice di legittimità. La Corte d’Appello, infatti, aveva già adeguatamente motivato la sua decisione, specificando che la riduzione della funzionalità di un braccio andava oltre la semplice percossa. 
Il terzo motivo, concernente l’eccessività della pena e la mancata concessione delle attenuanti generiche nella massima estensione, è stato giudicato una mera riproposizione di censure già esaminate e correttamente disattese dai giudici di merito, i quali avevano commisurato la pena alla gravità della condotta.
Le motivazioni
Le motivazioni della Corte si fondano su principi cardine del nostro ordinamento. In primo luogo, viene ribadita la distinzione tra la capacità di intendere e di volere, che può essere attenuata, e la volontà cosciente di compiere l’azione illecita (dolo), che può comunque sussistere. In secondo luogo, la Corte sottolinea i limiti del proprio sindacato, che non può estendersi a una nuova ricostruzione del fatto, ma deve limitarsi alla verifica della corretta applicazione della legge e della logicità della motivazione. Infine, viene confermata l’ampia discrezionalità del giudice di merito nella determinazione della pena, se adeguatamente motivata.
Le conclusioni
La decisione in commento consolida l’interpretazione secondo cui il vizio parziale di mente non è un ‘salvacondotto’ dalla responsabilità per reati dolosi. Sebbene influisca sulla commisurazione della pena, non cancella la colpevolezza dell’agente che, pur con capacità diminuita, ha agito con coscienza e volontà. L’ordinanza rappresenta un chiaro monito sull’inammissibilità dei ricorsi in Cassazione che si risolvono in una richiesta di rivalutazione del merito della vicenda.
 
Una persona con un vizio parziale di mente può essere comunque condannata per un reato doloso?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, il vizio parziale di mente e il dolo sono compatibili, poiché il primo riguarda la formazione della volontà, mentre il secondo la sua manifestazione concreta. Pertanto, la ridotta capacità non esclude automaticamente l’intenzione di commettere il reato.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare i fatti di un processo, come la dinamica di un’aggressione?
No. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile su questo punto perché la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito non è ricostruire i fatti, ma verificare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente la legge e motivato logicamente la loro decisione.
Perché la Corte ha confermato la pena decisa nei gradi precedenti?
La Corte ha ritenuto che la pena fosse stata decisa correttamente dai giudici di merito, i quali l’avevano motivata in base alla gravità della condotta e all’assenza di ulteriori elementi positivi da valutare a favore dell’imputato. Il motivo di ricorso è stato giudicato una semplice riproposizione di censure già adeguatamente respinte.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35308 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7   Num. 35308  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 26/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a BOLOGNA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 07/11/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
N. NUMERO_DOCUMENTO Labanti
OSSERVA
Visti gli atti e la sentenza ìmpugnata (condanna per il reato di cui agli artt. 337, 582 cod. pen. e altro);
Esaminati i motivi di ricorso nonché la memoria in data 9 settembre 2025;
Ritenuto che il primo motivo di ricorso, ribadito con la citata memoria, relativo alla asserita contraddittorietà circa la ritenuta sussiste dell’elemento soggettivo alla luce del riconosciuto vizio parziale di mente non si misura con le argomentazioni della COGNOME, ove si rappresenta la logica compatibilità del vizio parziale di mente con il dolo, attesa l’autonomia concettuale tra la diminuente (che attiene alla formazione della volontà) e l’intensità del dolo, (che riguarda il momento in cui la volontà si manifesta (v. pag. 7);
Rilevato che il secondo motivo di ricorso, riguardante la sussistenza della responsabilità del reato di cui all’art. 582 cod. pen. per mancanza dell’elemento oggettivo, pur esso ribadito con la memoria citata, non è consentito in sede di legittimità, poiché costituito da mere doglianze in punto di fatto dirette a prospettare una diversa e alternativa ricostruzione del vicende criminose di cui all’imputazione, senza misurarsi realmente con gli elementi di prova e con gli apprezzamenti di merito ampiamente scrutinati dalla Corte d’appello con diffuso, analitico e logico apparato argomentativo (v. in particolare p. 8 là dove si dà atto della riduzione della funzionalità d braccio, esorbitante rispetto al reato di mere percosse);
Ritenuto che il terzo motivo di ricorso, parimenti rafforzato con la memoria di cui sopra, concernente l’eccessività della pena e la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche nella loro massima estensione, risulta riproduttivo di censure già adeguatamente vagliate e disattese con corretti argomenti giuridici dai giudici di merito i quali dann
v
N
atto dell’idoneità della pena commisurata alla gravità della condotta e i assenza di ulteriori elementi da valutare positivamente (v. p. 8 della sentenz impugnata);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 26/09/2025