Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 21746 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21746 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il 27/08/1980
avverso la sentenza del 10/07/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
il ricorso di NOME COGNOME;
Letto il primo motivo di ricorso, con cui si contesta violazione di legge
ritenuto che e vizio di motivazione in ordine alla mancata riqualificazione del fatto ascritto
all’odierno ricorrente ai sensi dell’art. 629 cod. pen. nella fattispecie di cui all’art
640, comma secondo, n. 2, cod. pen., oltre che manifestamente infondato, risulta privo di specificità perché riproduttivo di profili di censura già prospettati in appello
e già adeguatamente esaminati e disattesi dalla Corte territoriale, con corrette argomentazioni logiche e giuridiche (si vedano le pagg. 4 e 5 della impugnata
sentenza), e facendo esatta applicazione dei principi consolidati nella giurisprudenza di legittimità (Sez. 2, n. 21974 del 18/04/2017, COGNOME Rv. 270072
– 01; Sez. 6, n. 27996 del 28/05/2014, Stasi, Rv. 261479 – 01);
il secondo motivo di ricorso, con cui si lamenta violazione di considerato che
legge e vizio di motivazione in punto di trattamento sanzionatorio, risulta manifestamente infondato, poiché quando la pena si attesti in misura non troppo
distante dal minimo, è sufficiente che il giudice dia conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. con espressioni del tipo: “pena congrua” o “pena equa” (Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, COGNOME, Rv. 276288; Sez. 2, n. 36103 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243; Sez. 4, n. 46412 del 05/11/2015, COGNOME, Rv. 265283; Sez. 4, n. 21294 del 20/03/2013, COGNOME, Rv. 256197; Sez. 3, n. 10095 del 10/01/2013, Monterosso, Rv. 255153);
che nel caso di specie, a fronte della motivazione complessivamente considerata, le imprecisioni sottolineate dal ricorrente, in quanto la pena base non è stata determinata nel minimo edittale, come sostenuto dalla Corte, ma in misura superiore al minimo di appena sei mesi di reclusione, non integrano un vizio motivazionale censurabile in questa sede (si vedano le pagg. 5 e 6 della impugnata sentenza, sulla congruità della pena, alla luce della valorizzata gravità della condotta posta in essere dal ricorrente);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 23 maggio 2025.