Ricorso per vizio di motivazione: è possibile dopo un patteggiamento in appello?
La possibilità di contestare una sentenza basata su un accordo tra le parti rappresenta un tema di grande interesse. Un recente caso giunto all’attenzione della Corte di Cassazione solleva proprio questa questione, incentrandosi su un presunto vizio di motivazione nella decisione della Corte d’Appello che aveva ratificato un “concordato sulla pena”, comunemente noto come patteggiamento in appello. Questo provvedimento ci offre l’occasione per analizzare i confini dell’impugnabilità di tali accordi.
I Fatti del Processo
La vicenda processuale ha origine dalla decisione di un Giudice per le Indagini Preliminari (Gip). Successivamente, la Corte di Appello di Milano, in parziale riforma della prima decisione, ha accolto la richiesta di concordato sulla pena avanzata dalle parti. In applicazione dell’accordo, previo riconoscimento delle attenuanti generiche come equivalenti alle aggravanti contestate, la Corte ha rideterminato le pene per due imputati: il primo è stato condannato a quattro anni e due mesi di reclusione e 1.200 euro di multa, mentre il secondo a tre anni e dieci mesi di reclusione e 1.000 euro di multa.
Contro questa sentenza, il difensore degli imputati ha presentato ricorso per Cassazione, lamentando un unico motivo comune a entrambi: la mancanza e manifesta illogicità della motivazione della Corte d’Appello.
Il Ricorso per Cassazione e il vizio di motivazione
Il cuore del ricorso si fonda sul cosiddetto vizio di motivazione. La difesa sostiene che il ragionamento seguito dai giudici d’appello per giustificare l’accoglimento del concordato e la quantificazione della pena sia assente o palesemente illogico. Questo tipo di censura non mira a rimettere in discussione l’accordo raggiunto tra accusa e difesa, ma a contestare la legittimità del controllo esercitato dal giudice nel ratificarlo.
In sostanza, anche quando le parti si accordano, il giudice non è un mero notaio. Egli ha il dovere di verificare la correttezza della qualificazione giuridica del fatto, la congruità della pena proposta e la corretta applicazione delle circostanze (attenuanti e aggravanti). La decisione che ne scaturisce deve essere supportata da una motivazione che, seppur sintetica, dia conto di questo controllo. Se la motivazione è assente, contraddittoria o palesemente illogica, la sentenza può essere annullata.
Le Motivazioni della Decisione
Sebbene il documento non riporti la decisione finale della Cassazione, possiamo analizzare i principi giuridici che guidano i giudici in casi simili. L’impugnazione di una sentenza di patteggiamento (sia in primo grado che in appello) è soggetta a limiti precisi. Generalmente, non si può contestare la misura della pena concordata, poiché frutto di un accordo volontario.
Tuttavia, il ricorso è ammissibile quando si denunciano vizi che attengono alla legalità dell’accordo o al processo decisionale del giudice. Un vizio di motivazione rientra in questa categoria quando assume la forma di una palese illogicità o di una motivazione inesistente. Ad esempio, il giudice deve spiegare perché ritiene corretto il bilanciamento tra attenuanti e aggravanti proposto dalle parti, o perché la pena finale è congrua rispetto alla gravità del reato. Una motivazione che si limiti a prendere atto dell’accordo senza alcuna valutazione critica potrebbe essere considerata carente e, quindi, illegittima.
In questo contesto, la Corte di Cassazione è chiamata a verificare non la bontà dell’accordo, ma se la Corte d’Appello abbia esercitato correttamente il suo potere di controllo, esternandolo in una motivazione conforme ai requisiti di legge. Se la motivazione risultasse effettivamente mancante o manifestamente illogica, la sentenza verrebbe annullata con rinvio per un nuovo giudizio.
Conclusioni
Questo caso evidenzia un principio fondamentale del nostro sistema processuale: anche gli accordi sulla pena devono superare un vaglio di legalità e logicità da parte del giudice. La motivazione della sentenza, anche in caso di concordato, non è una mera formalità, ma lo strumento che permette di controllare la correttezza della funzione giurisdizionale. La possibilità di ricorrere per Cassazione per un vizio di motivazione garantisce che la decisione del giudice non sia arbitraria e che l’applicazione della legge penale rimanga sempre ancorata a criteri di razionalità e coerenza, anche quando le parti hanno trovato un’intesa sulla pena da applicare.
È possibile impugnare una sentenza che accoglie un ‘concordato sulla pena’ (patteggiamento in appello)?
Sì, il provvedimento analizzato dimostra che è possibile presentare ricorso per Cassazione contro una sentenza di appello che ratifica un accordo sulla pena, se si lamentano specifici vizi di legge.
Qual è il motivo principale del ricorso presentato in questo caso?
Il motivo del ricorso è la “mancanza e manifesta illogicità della motivazione” della sentenza della Corte di Appello. La difesa contesta non l’accordo in sé, ma il ragionamento con cui il giudice lo ha approvato.
Cosa ha deciso la Corte di Appello prima del ricorso in Cassazione?
La Corte di Appello, accogliendo il concordato sulla pena, ha parzialmente riformato la decisione di primo grado, ha riconosciuto le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti e ha determinato la pena finale per i due imputati in anni quattro e mesi due di reclusione (con 1200 euro di multa) e in anni tre e mesi dieci di reclusione (con 1000 euro di multa).
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 25372 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 2 Num. 25372 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 10/06/2025
I SENTENZA e )(-2131 d GLYPH fv2
Sui ricorsi proposti da COGNOME n. in Marocco il 16/12/1998 El COGNOME n. in Marocco il 10/10/2003 visti gli atti, la sentenza impugnata e i ricorsi; udita la relazione del Cons. NOME COGNOME
avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano in data 3/12/2024
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Con l’impugnata sentenza la Corte di Appello di Milano, in parziale riforma della decisione del Gip del locale Tribunale in data 12/3/2024 e in accoglimento del concordato sulla pena prospettato dalle parti, previo riconoscimento delle attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti, determinava in anni quattro, mesi due di reclusione ed euro 1200,00 di multa la pena inflitta a COGNOME e in anni tre, mesi dieci di reclusione ed euro mille di multa la pena inflitta a NOME COGNOME in relazione ai delitti loro rispettivamente ascritti.
Ha proposto ricorso per Cassazione con unico atto e comuni motivi il difensore degli imputati, il quale ha dedotto la mancanza e manifesta illogicità della
D91,
motivazione, non avendo i giudici d’appello argomentato in ordine ai contenuti della richiesta di concordato.
3. I ricorsi sono inammissibili in quanto sostenuti da motivi generici e non consentiti in sede di legittimità. La sentenza impugnata ha dato conto con
motivazione effettiva e congrua delle ragioni per cui ha ritenuto di accedere alla richiesta di concordato, richiamando le emergenze che giustificano il
riconoscimento delle attenuanti generiche con giudizio di equivalenza e stimando adeguata e correttamente determinata la pena proposta per ciascuno dei
ricorrenti. Di contro la difesa non ha chiarito l’interesse che sottende le censure svolte a fronte dell’integrale recepimento del trattamento sanzionatorio concordato
con la pubblica accusa.
4. Alla luce delle considerazioni che precedono i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili con conseguenti statuizioni ex art. 616 cod.proc.pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, 10 giugno 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente