Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11907 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11907 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 15/02/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Presidente NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Roma, in riforma della sentenza del Tribunale di Roma del 13 maggio 2022, previa esclusione della recidiva, ha ridotto ad anni uno di reclusione la pena inflitta nei confronti di COGNOME NOME in relazione al reato di cui all’art. 189, commi 6 e 7, C.d.S..
Il COGNOME, a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello per violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità dell’imputato.
Con riferimento all’unico motivo di ricorso, va premesso che il vizio di violazione di legge va dedotto contestando la riconducibilità del fatto – come ricostruito dai giudici di merito – nella fattispecie astratta delineata dal legislatore; altra cos invece, è, come accade sovente, contestare o mettere in dubbio che le emergenze istruttorie acquisite consentano di ricostruire la condotta di cui si discute in termin idonei a ricondurla al paradigma legale: operazione, questa, che è, invece, propria del giudizio di merito.
Con riguardo, poi, al vizio di motivazione di cui all’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., non è inutile sottolineare che il sindacato di legil:timità sulla motiva zione del provvedimento impugnato deve essere mirato a verificare che quest’ultima: a) sia “effettiva”, ovvero realmente idonea a rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione adottata; b) non sia “manifestamente illogica”, perché sorretta, nei suoi punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori nell’applicazione delle regole della logica; c) non sia internamente “contraddittoria”, ovvero esente da insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o da inconciliabilità logiche tra le affermazioni in essa contenute; d) non risulti logicamente “incompatibile” con “altri atti del processo” (indicati in termini specifici ed esaustivi dal corrente nei motivi posti a sostegno del ricorso) in misura tale da risultarne vanificata o radicalmente inficiata sotto il profilo logico (Sez. 2, n. 36119 del 04/07/2017, COGNOME, non massimata sul punto; Sez. 1, n. 41738 del 19/10/2011, COGNOME, Rv. 251516; Sez. 6, n. 10951 del 15/03/2006, COGNOME, Rv. 233708).
La valutazione dei dati processuali e la scelta, tra i vari risultati di prova, di quel ritenuti più idonei a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento (Sez. 2, n. 10255 del 29/11/2019, Fasciani, Rv. 278745; Sez. 5, n. 51604 del 19/09/2017, COGNOME, Rv. 271623; Sez. 6 n. 13809 del 17/03/2015, 0., Rv. 262965).
Alla Corte di cassazione, infatti, è preclusa la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure anch’essa logica, dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o comunque di attendibilità delle fonti di prova (Sez. 3, n. 18521 del 11101/2018, Ferri, Rv. 273217; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, COGNOME, Rv. 265482; Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, Minervini, Rv. 253099).
Ne consegue che non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo, sicché sono inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasività,. l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei sionificati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza p batoria del singolo elemento (Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747; Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601).
Nel giudizio di legittimità, pertanto, il sindacato sulla correttezza della valutazione della prova è molto ristretto, perché non può consistere nella rivalutazione della gravità, della precisione e della concordanza degli indizi, dato che ciò comporterebbe inevitabilmente apprezzamenti riservati al giudice di merito, ma deve limitarsi al controllo logico e giuridico della struttura della motivazione, al fine di verificare se s stata data esatta applicazione ai criteri legali ed alle regole della logica nell’interpre tazione dei risultati probatori.
Eccede dai limiti di cognizione della Corte di cassazione ogni potere di revisione degli elementi materiali e fattuali, trattandosi di accertamenti rientranti nel compito esclusivo del giudice di merito, posto che il controllo sulla motivazione rimesso al giudice di legittimità è circoscritto, ex art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. alla sola verifica dell’esposizione delle ragioni giuridicamente apprezzabili che l’hanno determinata, dell’assenza di manifesta illogicità dell’esposizione e, quindi, della coerenza delle argomentazioni rispetto al fine che ne ha giustificato l’utilizzo e della non emersione di alcuni dei predetti vizi dal testo impugnato o da altri atti del processo, ove specificamente indicati nei motivi di gravarne, requisiti la cui sussistenza rende la decisione insindacabile (Sez. 3, n. 17395 del 24/01/2023, Chen, Rv. 284556).
La cognizione della Corte di cassazione, infatti, è funzionale a verificare la compatibilità della motivazione della decisione con il senso comune e con i limiti di un
apprezzamento plausibile, non rientrando tra le sue competenze lo stabilire se il giudice di merito abbia proposto la migliore ricostruzione dei fatti, né condividerne la giustificazione (Sez. 1, n. 45331 del 17/02/2023, Rezzuto, Rv. 285504).
Il principio dell’oltre ragionevole dubbio”, introdotto nell’art. 533 cod. proc. pen. dalla legge n. 46 del 2006, non ha mutato la natura del sindacato della Corte di cassazione sulla motivazione della sentenza, che non può essere utilizzato per valorizzare e rendere decisiva la duplicità di ricostruzioni alternative del medesimo fatto, eventualmente emerse in sede di merito e segnalate dalla difesa, una volta che tale duplicità sia stata oggetto di attenta disamina da parte del giudice dell’appello, giacché la Corte è chiamata ad un controllo sulla persistenza o meno di una motivazione effettiva per mezzo di una valutazione unitaria e globale dei singoli atti e dei motivi di ricorso su di essi imperniati, non potendo la sua valutazione sconfinare nel merito (Sez. 2, n. 29480 del 07/02/2017, COGNOME, Rv. 270519; Sez. 1, n. 53512 del 11/07/2014, Gurgone, Rv. 261600).
Ebbene, il ricorso finisce per contestare I giudizio di responsabilità, ovvero il risultato probatorio cui sono approdati i giudici di primo e secondo grado che, con valutazione conforme delle medesime emergenze istruttorie, sono stati concordi nel ritenere l’ipotesi accusatoria riscontrata nella ricostruzione della concreta vicenda processuale.
Questa Corte ha altresì ribadito più volte che non è censurabile, in sede di legittimità, la sentenza che non motivi espressamente su una specifica deduzione prospettata con il gravame, quando ne risulti il rigetto dalla motivazione della complessiva struttura argomentativa della sentenza (Sez. 4, n. 5396 del 15/11/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284096; Sez. 5, n. 6746 del 13/12/2018, dep. 2019, Currò, Rv. 275500). Il dovere di motivazione della sentenza, pertanto, è adempiuto, ad opera del giudice del merito, attraverso la valutazione globale delle deduzioni delle parti e delle risultanze processuali, non essendo necessaria l’analisi approfondita e l’esame dettagliato delle predette ed è sufficiente che si spieghino le ragioni che hanno determinato il convincimento, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo, nel qual caso devono considerarsi implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata (Sez. 6, n. 20092 del 04/05/2011, Schowick, Rv. 250105).
Nel caso in esame, con motivazione logica ed argomentata, che non si presta a censure in questa sede, soprattutto ove si consideri che i motivi di appello si caratterizzavano per estrema genericità ed aspecificità, senza essersi effettivamente confrontati con la pluralità di elementi riferibili ai ricorrenti quanto alle condotte con state, non si può certamente ritenere presente il vizio denunciato, dunque né la mancanza, né tanto meno la contraddittorietà della motivazione sul punto, essendo stati ampiamente ricostruiti il contesto e la dinamica del sinistro, sulla base delle precise
indicazioni della persona offesa, secondo la quale l’imputato l’aveva vista, poi aveva rallentato e, infine, aveva ripreso la corsa investendola. Secondo la Corte territoriale, doveva escludersi che l’imputato non si fosse reso conto di aver investito il pedone; inoltre, la condotta ammessa dall’imputato di aver visto gli specchietti retrovisori lasciava ragionevolmente presupporre che l’avesse vista, perché evidentemente era visibile anche dopo l’urto.
La doglianza con cui la difesa esclude l’apporto dell’imputato nell’azione criminosa è inammissibile in questa sede, essendo precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601 Sez. 6, n. 47204 del 07/1.0/2015, COGNOME, Rv. 265482).
Per tali ragioni il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in euro tremila, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen..
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il 14 marzo 2024.