Sentenza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4840 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 7 Num. 4840 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/12/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a ALTAMURA il 17/12/1981 NOME nato a ALTAMURA il 30/06/1964
avverso la sentenza del 20/09/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 20/09/2023 la Corte di appello di Bari, in riforma della sentenza pronunciata dal Tribunale di Bari in data 07/07/2022 – che aveva condannato NOME COGNOME e NOME COGNOME per i reati loro rispettivamente ascritti – dichiarava non doversi procedere in ordine ai reati di cui ai capi 1), 2) e 3) per essere gli stessi estinti per intervenuta prescrizione, fatta eccezione per la posizione di NOME COGNOME rideterminava la pena e confermava nel resto la sentenza.
NOME COGNOME a mezzo del difensore, ha proposto ricorso per cassazione.
2.1. Con il primo motivo deduce il vizio di motivazione in ordine alla responsabilità dell’imputato, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., rilevando come la Corte territoriale non abbia indicato quali siano gli accertamenti svolti a carico del ricorrente con riferimento alla posizione di COGNOME
2.2. Con il secondo motivo eccepisce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. d), cod. proc. pen., evidenziando come i giudici di appello non abbiano indicato le ragioni per le quali è stata disattesa la richiesta di assunzione di una prova decisiva, individuata nella perizia grafologica in relazione alle firme apposte sulle lettere di assunzione e sulle buste paga.
NOME COGNOME a mezzo del difensore, ha proposto ricorso per cassazione.
3.1. Con il primo motivo deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen., rilevando il difetto di motivazione in ordine alla eccepita inutilizzabilità delle dichiarazioni rese da NOME COGNOME in quanto assunte in violazione dell’art. 63, comma 2, cod. proc. pen.
3.2. Con il secondo motivo eccepisce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., per carenza di motivazione in ordine alla richiesta di applicazione del beneficio della sospensione condizionale della pena.
3.3. In data 18/11/2024 è pervenuta memoria difensiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso di NOME COGNOME è inammissibile.
1.1. Il primo motivo, con il quale si deduce il vizio di motivazione in ordine all’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, non è consentito, perché aspecifico: invero, non si confronta con la trama motivazionale del provvedimento impugnato, che ha evidenziato come a carico del ricorrente vi siano le risultanze
dell’attività di captazione e la copiosa documentazione sequestrata. La doglianza, dunque, è soltanto apparente, in quanto omette di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso.
1.2. Il secondo motivo è manifestamente infondato. Rileva in proposito il Collegio che, in tema di motivazione della sentenza, è necessario che il giudice indichi le emergenze processuali determinanti per la formazione del proprio convincimento, sì da consentire l’individuazione dell’iter logico-giuridico che ha condotto alla soluzione adottata, essendo irrilevante il silenzio su una specifica deduzione prospettata dalla parte, ove essa sia disattesa dalla motivazione complessivamente considerata, atteso che non è necessaria l’esplicita confutazione delle specifiche tesi difensive disattese, ma è sufficiente una ricostruzione dei fatti che conduca alla reiezione implicita di tale deduzione, senza lasciare spazio ad una valida alternativa (Sez. 3, n. 3239 del 4/10/2022, T., Rv. 284061 – 01). Orbene, la irrilevanza della perizia grafologica emerge dalla complessiva trama argomentativa del provvedimento impugnato, che ha valorizzato da un lato le risultanze delle intercettazioni e dall’altro le ammissioni fatte dal ricorrente nel corso dell’interrogatorio di garanzia in ordine alla fittizie dei rapporti di lavoro.
1.3. Alla dichiarazione di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Il ricorso di NOME COGNOME è fondato nei limiti che seguono.
2.1. Il primo motivo, con il quale si contesta l’utilizzabilità delle dichiarazion rese da COGNOME, è aspecifico, posto che non indica se, all’esito della prova di resistenza, gli altri elementi valutati a carico dell’imputato fossero sufficienti meno a respingere la doglianza in tema di responsabilità. Con riferimento a tale ultimo profilo, si osserva che, nell’ipotesi in cui con il ricorso per cassazione si lamenti l’errore di valutazione di un elemento a carico, il motivo di impugnazione deve illustrare, a pena di inammissibilità per aspecificità, l’incidenza dell’eventuale eliminazione del predetto elemento ai fini della cosiddetta “prova di resistenza”, in quanto gli elementi di prova erroneamente valutati diventano irrilevanti ed ininfluenti se, nonostante la loro espunzione, le residue risultanze risultino sufficienti a giustificare l’identico convincimento (Sez. 3, n. 32866 del 29/04/2021, COGNOME, Rv. 281880 – 02; Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, La Gumina, Rv. 269218).
2.2. Coglie nel segno il secondo motivo di ricorso, atteso che effettivamente, a fronte della motivata richiesta di applicazione del beneficio della sospensione condizionale della pena, manca del tutto la motivazione.
Orbene, la fondatezza del motivo, che ha consentito la valida instaurazione del rapporto processuale, impone di verificare se sia maturata la prescrizione con riferimento al reato di cui si discute. Tenuto conto che la truffa aggravata in contestazione, commessa fino al 22 ottobre 2015, è punita con la pena massima della reclusione di anni cinque, la prescrizione, comprese le interruzioni, non può superare gli anni sette e mesi sei, cui vanno aggiunti due periodi di sospensione per l’inagibilità della sede del Tribunale penale di Bari e per l’emergenza Covid-19, di talché ad oggi è maturata.
Si impone, dunque, l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per essere il reato ascritto alla ricorrente estinto per prescrizione.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di NOME perché il reato ascritto è estinto per prescrizione. Dichiara inammissibile il ricorso di COGNOME Emilio che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso, in data 17 dicembre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente