Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12923 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12923 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a TORRE ANNUNZIATA il 24/07/1992
avverso la sentenza del 03/06/2024 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
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RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
viste le conclusioni rassegnate dal difensore con atto trasmesso in data letto il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME; 28/02/2025;
ritenuto
che l’unico motivo di ricorso, con il quale la difesa deduce vizio di motivazione in punto di responsabilità per i reati ascritti ai capi 5) e 6) della rubrica, oltre a essere privo dei requisiti di specificità previsti, a pena di inammissibilità, dall’art. 581 cod. proc. pen., è formulato in termini non consentiti in questa sede: è appena il caso, infatti, di ribadire che il sindacato del giudice di legittimità sul vizio motivazione deve essere mirato a verificare che quest’ultima: a) sia “effettiva”, ovvero realmente idonea a rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione adottata; b) non sia “manifestamente illogica”, perché sorretta, nei suoi punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori nell’applicazione delle regole della logica; c) non sia internamente “contraddittoria”, ovvero esente da insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o da inconciliabilità logiche tra le affermazioni in essa contenute; d) non risulti logicamente “incompatibile” con “altri atti del processo” (indicati in termini specifici ed esaustivi dal ricorrente nei motivi posti a sostegno del ricorso) in misura tale da risultarne vanificata o radicalmente inficiata sotto il profilo logico (cfr., Sez. 2, n. 36119 del 4.7.2017, COGNOME; Sez. 1, n. 41738 del 10.10.2011 n. 41.738, COGNOME; Sez. 6, n. 1081951 del 15.3.2006, COGNOME), sicché non sono perciò deducibili, in sede di legittimità, censure relative alla motivazione diverse da quelle che abbiano ad oggetto la sua mancanza, la sua manifesta illogicità, la sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo; sono dunque inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento; Corte di Cassazione – copia non ufficiale che, nel caso di specie, la Corte d’appello ha rilevato come la difesa, limitandosi ad evocare l’apprezzamento operato dal giudice della cautela, non si era confrontata con le argomentazioni sviluppate dal GUP in sede di giudizio abbreviato; lo stesso dicasi per il presente ricorso in cui la difesa ha nuovamente richiamato il contenuto del provvedimento emesso in sede di richiesta di misura ribadendo come la Corte territoriale non avesse risolto le criticità già evidenziate
con l’atto d’appello ma mancando di confrontarsi con le considerazioni svolte dai giudici di secondo grado che, con motivazione esente da profili di manifesta illogicità o contraddittorietà hanno dato conto, in maniera puntuale, delle emergenze processuali che avevano consentito di ritenere la responsabilità del ricorrente per il delitto di estorsione (cfr., pagg. 2-4 della sentenza) non essendo consentito, in questa sede, procedere una rivalutazione delle fonti probatorie e/o un’alternativa ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice del merito, estranee al sindacato del presente giudizio, essendo preclusa alla Corte di cassazione la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure, in ipotesi, anch’essa logica, dei dati processuali o percorrere una diversa ricostruzione storica dei fatti ovvero formulare un diverso giudizio di rilevanza o comunque di attendibilità delle fonti di prova (cfr., tra le tante, Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260; Sez. 5, n. 26455 del 09/06/2022, Dos Santos, Rv. 283370; Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747; Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601; Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 273217; Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, F., Rv. 280601; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, COGNOME, Rv. 265482; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, COGNOME, Rv. 235507; cfr., ancora, Sez. 6, n. 22256 del 26/04/2006, COGNOME, Rv. 234148);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 7 marzo 2025.