Vizio di Motivazione: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
Il ricorso alla Corte di Cassazione rappresenta l’ultima speranza per chi cerca di ribaltare una condanna, ma le sue porte non sono sempre aperte. Uno dei motivi di ricorso più comuni, il cosiddetto vizio di motivazione, è spesso frainteso. Una recente ordinanza della Suprema Corte ci offre l’occasione per chiarire i limiti precisi di questo strumento, spiegando perché non si possa trasformare il giudizio di legittimità in un terzo grado di merito.
I Fatti del Caso
Un soggetto, condannato in Corte d’Appello per i reati di truffa (art. 640 c.p.) e ricettazione (art. 648 c.p.), decideva di presentare ricorso in Cassazione. L’unico motivo addotto a sostegno dell’impugnazione era proprio il vizio di motivazione della sentenza di secondo grado. Secondo la difesa, la decisione dei giudici di merito era carente, contraddittoria e manifestamente illogica, in particolare per quanto riguardava il riconoscimento della sua responsabilità penale.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso e lo ha dichiarato inammissibile. La conseguenza di questa decisione non è stata solo la conferma della condanna, ma anche l’imposizione al ricorrente del pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro da versare alla Cassa delle ammende.
Le Motivazioni: I Limiti del Sindacato sul Vizio di Motivazione
Il cuore della decisione risiede nella spiegazione fornita dalla Corte circa i limiti del suo potere di revisione. I giudici hanno ribadito un principio consolidato, richiamando anche una storica sentenza delle Sezioni Unite (sentenza Petrella, n. 47289/2003): il controllo sul vizio di motivazione, previsto dall’articolo 606, comma 1, lettera e) del codice di procedura penale, è circoscritto.
La Corte di Cassazione non ha il compito di riesaminare le prove o di valutare se la motivazione della sentenza di merito sia convincente o corrispondente alle acquisizioni processuali. Il suo ruolo è unicamente quello di verificare se esiste un “logico apparato argomentativo”. In altre parole, deve controllare che il percorso logico-giuridico seguito dal giudice precedente sia coerente e non presenti palesi contraddizioni o illogicità che emergano direttamente dal testo del provvedimento.
Nel caso specifico, la Corte ha analizzato la motivazione della sentenza d’appello (pagine 3-4 del provvedimento impugnato) e ha concluso che essa non presentava alcuno dei vizi denunciati. Il ragionamento dei giudici di merito, per quanto potesse essere non condiviso dalla difesa, era strutturato in modo logico e coerente. Pertanto, il motivo di ricorso è stato giudicato “manifestamente infondato”, portando alla dichiarazione di inammissibilità.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza è un importante monito per chiunque intenda impugnare una sentenza di condanna in Cassazione. Non è sufficiente essere in disaccordo con la valutazione delle prove fatta dai giudici di primo e secondo grado. Per avere successo con un ricorso basato sul vizio di motivazione, è necessario dimostrare un vero e proprio “corto circuito” logico nel ragionamento della sentenza: una contraddizione palese tra diverse parti della motivazione o un’argomentazione che si scontra con le massime di esperienza comune. In assenza di tali difetti strutturali, il ricorso è destinato all’inammissibilità, con l’ulteriore aggravio di spese e sanzioni.
Per quale motivo il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché l’unico motivo presentato, relativo al vizio di motivazione, è stato ritenuto dalla Corte manifestamente infondato.
Qual è il ruolo della Corte di Cassazione nel valutare un vizio di motivazione?
Il ruolo della Corte di Cassazione è limitato a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo nella sentenza impugnata, senza avere la possibilità di verificare la rispondenza della motivazione alle prove processuali.
Quali sono state le conseguenze per il ricorrente dopo la dichiarazione di inammissibilità?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 45747 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 45747 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/11/2024
ORDINANZA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
sul ricorso proposto da:
NOME nato a BARCELLONA POZZO DI GOTTO il 17/05/1984
avverso la sentenza del 08/01/2024 della CORTE APPELLO di MESSINA
CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME NOMECOGNOME ritenuto che l’unico motivo di ricorso, che contesta la correttezza de motivazione posta a base della dichiarazione di responsabilità per i delitti agli artt. 640 e 648 cod. pen. denunciando la mancanza, la contraddittorietà manifesta illogicità della motivazione con particolare riferimento al riconoscim dell’odierno ricorrente, è manifestamente infondato, poiché il vizio censurab norma dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., è quello che emerg contrasto dello sviluppo argomentativo della sentenza con le massime esperienza o con le altre affermazioni contenute nel provvedimento;
che, invero, l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della dec ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’e di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di verifica della rispond della motivazione alle acquisizioni processuali (Sez. U, n. 47289 del 24/09/20 COGNOME, Rv. 226074);
che la motivazione della sentenza impugnata (cfr. pagg. 3-4) non present alcun vizio riconducibile alla nozione delineata nell’art. 606, comma 1, lett. proc. pen.;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile c condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento de spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa d ammende.
Così deciso in Roma, il 5 novembre 2024.