Vizio di Motivazione: la Cassazione traccia i confini
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale del processo penale: i limiti del ricorso fondato su un presunto vizio di motivazione. Questo caso offre uno spunto prezioso per comprendere la differenza fondamentale tra il giudizio di merito, che valuta le prove, e quello di legittimità, che controlla la corretta applicazione della legge e la logicità della sentenza.
I Fatti alla Base della Vicenda Giudiziaria
Il ricorrente era stato condannato nei primi due gradi di giudizio per il reato di truffa aggravata. La sua responsabilità era stata affermata sulla base di elementi chiari e concordanti: l’ingiusto profitto derivante dalla condotta fraudolenta era confluito su una carta di pagamento prepagata a lui intestata. Inoltre, anche la scheda SIM associata al numero di telefono utilizzato nell’annuncio truffaldino era riconducibile alla sua persona.
A fronte di questi elementi, l’imputato non aveva fornito alcuna spiegazione alternativa credibile né aveva mai denunciato il furto o lo smarrimento della carta di pagamento. Nonostante ciò, ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando un vizio di motivazione nella sentenza d’appello.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno sottolineato che l’imputato, pur denunciando formalmente un vizio riconducibile all’art. 606, comma 1, lett. e), del codice di procedura penale, stava in realtà tentando di ottenere una nuova valutazione delle prove.
In sostanza, il ricorrente non stava contestando un errore logico nel ragionamento della Corte d’Appello, ma proponeva una propria interpretazione dei fatti, alternativa e antagonista a quella accertata nel processo. Questa operazione, tuttavia, è preclusa in sede di legittimità.
Il Vizio di Motivazione nel Giudizio di Legittimità
La Corte ha colto l’occasione per ribadire la sua funzione e i limiti del suo sindacato. Il controllo di legittimità non riguarda il rapporto tra la prova e la decisione, bensì il rapporto tra la motivazione e la decisione.
Il compito della Cassazione non è quello di stabilire se i giudici di merito abbiano scelto la migliore ricostruzione dei fatti possibile, ma solo di verificare se la motivazione adottata sia:
* Coerente: Priva di contraddizioni interne.
* Logica: Basata su un ragionamento conseguenziale e non palesemente illogico.
* Completa: Che dia conto di tutti gli elementi decisivi del processo.
Il giudice di legittimità non può sovrapporre la propria valutazione a quella del giudice di merito né testare la tenuta logica della sentenza confrontandola con modelli di ragionamento alternativi.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha ritenuto che i giudici d’appello avessero correttamente applicato i principi consolidati della giurisprudenza. La motivazione della sentenza impugnata è stata giudicata congrua e logica. La responsabilità dell’imputato era stata affermata sulla base di una serie di indizi gravi, precisi e concordanti: la titolarità della carta prepagata beneficiaria del profitto e della SIM usata per il contatto, unite alla totale assenza di spiegazioni alternative plausibili da parte della difesa.
Poiché il ricorso si limitava a reiterare doglianze di fatto, proponendo una lettura alternativa delle risultanze processuali, è stato giudicato estraneo al perimetro del giudizio di legittimità e, di conseguenza, dichiarato inammissibile.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
Questa ordinanza conferma un principio fondamentale del nostro sistema processuale: la Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito. Non si può ricorrere in Cassazione sperando che la Corte ‘riesamini le prove’ o ‘creda a una versione diversa dei fatti’. Il ricorso per vizio di motivazione è uno strumento potente ma specifico, che può essere utilizzato solo per censurare difetti strutturali e logici nel ragionamento del giudice, non per contestare il risultato della valutazione probatoria.
Cos’è un ricorso per vizio di motivazione?
È un mezzo di impugnazione con cui si contesta alla Corte di Cassazione non la ricostruzione dei fatti, ma un errore nel percorso logico seguito dal giudice per arrivare alla decisione. Tali errori possono essere la mancanza, la contraddittorietà o la manifesta illogicità della motivazione.
Posso chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove del mio processo?
No, la Corte di Cassazione svolge un controllo di legittimità, non di merito. Non può effettuare una nuova valutazione delle prove o sostituire il proprio giudizio a quello dei tribunali precedenti. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della sentenza.
Su quali elementi si è basata la condanna per truffa in questo caso?
La condanna si è basata su una motivazione logica e congrua fondata su più elementi: il profitto illecito era stato versato su una carta di pagamento intestata all’imputato; la SIM utilizzata per l’annuncio era a lui riconducibile; l’imputato non ha mai denunciato furti o smarrimenti né ha fornito alcuna spiegazione alternativa plausibile.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 28222 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 28222 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a BRICHERASIO il 04/08/1957
avverso la sentenza del 23/01/2025 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
considerato che l’unico motivo di ricorso, con cui si denuncia vizio di motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità per il reato ex art. 640, comma secondo, n.2-bis, cod. pen., non è formulato in termini consentiti dalla legge in questa sede, poiché il ricorrente, reiterando doglianze in fatto già dedotte in appello e già congruamente esaminate e disattese dalla Corte territoriale, solo formalmente propone vizi riconducibili all’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., mentre, in realtà, censura la valutazione delle risultanze processuali, prefigurando un risultato probatorio alternativo e antagonista a quello raggiunto dai giudici di merito;
considerato che, a tal proposito, deve ribadirsi che il controllo di legittimità concerne il rapporto tra motivazione e decisione, non già il rapporto tra prova e decisione; sicché il ricorso dinanzi a questa Corte che devolva il vizio di motivazione, per essere valutato ammissibile, deve rivolgere le censure nei confronti della motivazione posta a fondamento della decisione, non già nei confronti della valutazione probatoria sottesa, che, in quanto riservata al giudice di merito, è estranea al perimetro cognitivo e valutativo della Corte di cassazione, alla quale, pertanto, è preclusa la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite da sovrapporre a quella compiuta nei precedenti gradi o di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno, dovendo piuttosto verificare la coerenza strutturale della sentenza in sé e per sé considerata, alla stregua degli stessi parametri valutativi da cui essa è geneticamente informata, ancorché questi siano ipoteticamente sostituibili da altri (cfr. Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260);
rilevato che, nel caso di specie, i giudici di appello, facendo esatta applicazione dei principi di diritto consolidati nella giurisprudenza di legittimità (cfr. Sez. 2, 51551 del 04/12/2019, Rv. 278231 – 01; Sez. 7, ord. n. 24562 del 18/4/2023, Montebello, non nnassimata), hanno affermato la responsabilità dell’odierno ricorrente per la condotta truffaldina ascrittagli sulla base di una congrua e logica motivazione (si vedano le pagg. 4 e 5 della impugnata sentenza, sulla mancanza di concreti elementi di segno contrario apportati dalla difesa, sull’assenza di denunce di furto o smarrimento sia della PostePay nella titolarità del ricorrente, su cui era confluito l’ingiusto profitto carpito alla persona offesa, che dalla SIM associata al numero telefonico pubblicato nell’annuncio, della totale omissione di una qualsivoglia spiegazione alternativa da parte del pervenuto);
rilevato che, pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso, il 17 giugno 2025.