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Vizio di motivazione: Cassazione e limiti del ricorso

Un soggetto condannato per ricettazione ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione lamentando un vizio di motivazione su tre fronti: l’affermazione di responsabilità, la mancata applicazione della particolare tenuità del fatto e il diniego delle attenuanti generiche. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che il suo compito non è rivalutare le prove, ma controllare la coerenza logica della motivazione del giudice di merito. Il ricorso è stato considerato un tentativo di ottenere un nuovo giudizio sui fatti, non consentito in sede di legittimità.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Vizio di Motivazione: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

Il ricorso per Cassazione rappresenta l’ultimo grado di giudizio nel nostro ordinamento, ma i suoi confini sono ben definiti. Non è una terza istanza di merito dove si possono ridiscutere le prove. Una recente ordinanza della Suprema Corte lo ribadisce con forza, chiarendo i limiti del vizio di motivazione come motivo di ricorso. Analizziamo questo caso emblematico per capire perché un ricorso che mira a una nuova valutazione dei fatti è destinato a essere dichiarato inammissibile.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine da una condanna per il reato di ricettazione (art. 648 c.p.) emessa dalla Corte d’Appello. L’imputato, non accettando la decisione, ha proposto ricorso per Cassazione basandosi su tre distinti motivi, tutti incentrati su un presunto vizio di motivazione:

1. Sulla responsabilità penale: L’imputato sosteneva che la Corte d’Appello avesse errato nel valutare le prove, giungendo a un’ingiusta affermazione di colpevolezza.
2. Sulla mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p.: Si contestava la decisione di non riconoscere la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.
3. Sull’eccessività della pena: Infine, si lamentava il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, ritenendo la sanzione sproporzionata.

In sostanza, il ricorrente chiedeva alla Cassazione di riesaminare il materiale probatorio e di giungere a conclusioni diverse da quelle dei giudici di merito.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile in ogni sua parte. La Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, ponendo fine al percorso giudiziario.

Le Motivazioni: Il Vizio di Motivazione Non È un Appello Mascherato

Il cuore della decisione risiede nella netta distinzione che la Suprema Corte opera tra il controllo di legittimità e il giudizio di merito. Le motivazioni dell’ordinanza sono un vero e proprio manuale sui limiti del ricorso per cassazione.

Per quanto riguarda il primo motivo, la Corte ha spiegato che il controllo affidatole non riguarda il rapporto tra “prova e decisione”, bensì quello tra “motivazione e decisione”. Il ricorrente non lamentava una motivazione mancante, contraddittoria o manifestamente illogica, ma contestava l’esito della valutazione probatoria fatta dal giudice d’appello. Chiedeva, di fatto, una diversa lettura delle prove, un’operazione che è preclusa in sede di legittimità. Il sindacato della Cassazione si limita a verificare l’esistenza di un apparato argomentativo logico, senza poterlo sostituire con uno alternativo.

La Reiezione degli Altri Motivi

Anche gli altri due motivi sono stati ritenuti manifestamente infondati.

* Sull’art. 131-bis c.p.: La Corte ha rilevato che i giudici d’appello avevano adeguatamente motivato il diniego, evidenziando elementi ostativi come l’abitualità del comportamento del ricorrente, un fattore che per legge impedisce l’applicazione di tale beneficio.
* Sulle attenuanti generiche: Analogamente, il diniego delle attenuanti è stato considerato correttamente giustificato. La giurisprudenza costante afferma che la loro concessione può essere negata anche solo in base all’assenza di elementi positivi da valorizzare. Nel caso di specie, i precedenti penali del ricorrente sono stati ritenuti un valido motivo per escludere le attenuanti.

Le Conclusioni

Questa ordinanza riafferma un principio fondamentale del nostro sistema processuale: la Corte di Cassazione non è un “terzo giudice” del fatto. Il vizio di motivazione, previsto dall’art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p., non può essere utilizzato come un pretesto per sollecitare una nuova e diversa valutazione delle prove. L’appello deve denunciare un’illogicità manifesta o una contraddizione palese nel ragionamento del giudice, non un semplice disaccordo con le sue conclusioni. La decisione sottolinea che un ricorso è inammissibile quando, pur vestendo formalmente i panni di una censura sulla motivazione, mira in realtà a ottenere un risultato precluso in sede di legittimità: un nuovo giudizio sul merito della vicenda.

Qual è il motivo principale per cui un ricorso per vizio di motivazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso per vizio di motivazione viene dichiarato inammissibile quando, invece di denunciare una motivazione mancante, contraddittoria o manifestamente illogica, si limita a proporre una diversa lettura delle prove e un nuovo giudizio sui fatti, attività che non rientra nelle competenze della Corte di Cassazione.

I precedenti penali possono giustificare il diniego delle attenuanti generiche?
Sì, secondo la giurisprudenza consolidata richiamata nell’ordinanza, anche i soli precedenti penali possono essere un elemento sufficiente per giustificare la decisione di non concedere le circostanze attenuanti generiche, in quanto indicano l’assenza di elementi positivi da valorizzare a favore dell’imputato.

Perché non è stata applicata la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
La causa di non punibilità non è stata applicata perché i giudici di appello hanno ravvisato la presenza di elementi ostativi, in particolare l’abitualità del comportamento del ricorrente, che, secondo la normativa e l’interpretazione giurisprudenziale, impedisce l’operatività di tale istituto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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