Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 872 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 872 Anno 2025
Presidente: IMPERIALI NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a Pisa il 15/07/1990
avverso la sentenza del 09/04/2024 della Corte d’appello di Firenze dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
considerato che il primo motivo di ricorso, con cui si lamenta vizio di motivazione in relazione all’affermazione di responsabilità per il reato di ricettazione ascritto all’odierno ricorrente, non è consentito in questa sede, oltre che manifestamente infondato;
che, infatti, il ricorrente, deducendo profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito, pur avendo formalmente espresso censure riconducibili alle categorie di cui all’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., invero, non ha lamentato una motivazione mancante, contraddittoria o manifestamente illogica, ma una decisione erronea, in quanto fondata su una valutazione asseritamente sbagliata del materiale probatorio, prospettando una diversa lettura delle risultanze processuali e un diverso giudizio di rilevanza delle fonti di prova, che sono invece estranei al sindacato del presente giudizio;
che, infatti, a tale proposito giova ribadire che il controllo di legittimi concerne il rapporto tra motivazione e decisione, non già il rapporto tra prova e decisione, sicché il ricorso per cassazione che devolva il vizio di motivazione, per essere valutato ammissibile, deve rivolgere le censure nei confronti della motivazione posta a fondamento della decisione, non già nei confronti della valutazione probatoria sottesa, che, in quanto riservata al giudice di merito, è avulsa dal perimetro cognitivo e valutativo della Corte di cassazione, il cui sindacato è limitato, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argonnentativo, senza possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito (Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, COGNOME, Rv. 226074), e senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali;
che, infatti, nel caso di specie, la Corte di appello, contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, con motivazione esente da vizi logici, ha congruamente esplicitato i plurimi elementi di fatto e le ragioni di diritto poste a fondamento de suo convincimento in ordine alla ritenuta integrazione del reato di cui all’art. 648 cod. pen. da parte del ricorrente (si vedano, in particolare, le pagg. 3 e 4 dell’impugnata sentenza);
osservato che il secondo motivo di ricorso, con cui si contesta vizio di motivazione con riferimento all’omessa applicazione dell’art. 131-bis cod. pen., è manifestamente infondato, poiché i giudici di appello hanno adeguatamente motivato sul punto (si vedano, in particolare, le pag. 4 e 5 della sentenza impugnata), facendo congruamente riferimento a diversi elementi ostativi all’operatività della causa di non punibilità de qua, tra cui quello dell’abitualità del comportamento, in conformità al disposto normativo oltre che ai principi consolidati nella giurisprudenza di questa Corte (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266591-01);
considerato che anche il terzo motivo di ricorso, con cui si lamenta vizio di motivazione in ordine all’eccessività della pena, attesa la mancata applicazione delle attenuanti generiche, è manifestamente infondato, poiché la Corte territoriale ha congruamente motivato tale diniego (si veda, in particolare, la pag. 5 dell’impugnata sentenza), facendo corretta applicazione dei principi affermati nella giurisprudenza di legittimità, secondo cui il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente giustificato con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo (Sez. 3, n. 24128 del 18/03/2021, COGNOME, Rv. 281590; Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, COGNOME, Rv. 270986; Sez. 3, n. 44071 del 25/09/2014, COGNOME, Rv. 260610), tenuto conto che anche i soli precedenti penali possono essere valorizzati in tale direzione (ad es: Sez. 3, n. 34947 del 03/11/2020, S., Rv. 280444; Sez. 6, n.
57565 del 15/11/2018, COGNOME, Rv. 274783; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 19 novembre 2024.