Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 35018 Anno 2025
del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 4 Num. 35018 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 24/06/2025
SEZIONE
Composta
NOME
NOME
CAPPELLO
COGNOME
la
SENTENZA
NOME NOME a BRINDISI il DATA_NASCITA
COGNOME NOME NOME a BRINDISI il DATA_NASCITA
COGNOME NOME NOME a BRINDISI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 07/10/2024 NOME CORTE APPELLO di LECCE
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME AVV_NOTAIO che ha concl uso chiedendo : per COGNOME NOME il rigetto del ricorso; -per COGNOME
NOME NOMENOMEannullamento NOME sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di Appello; -per COGNOME NOME NOME‘annu llamento NOME sentenza
impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di Appello limitatamente ai reati di cui ai capi D),T) ed U) nonchØ limitatamente alla possibilità di riqualificare i reati di cui
ai capi I) ed R) nella fattispecie di cui all’art. 73, comma 5, D.P.R. n. 309 del 1990 e il rigetto del ricorso nel resto. Chiede, inoltre, dichiararsi l’irrevocabilità dell’affermazione
di responsabilità in relazione ai reati di ci al capo H).
E’ presente l’AVV_NOTAIO del foro di LECCE in difesa di NOME
Relatore
5O
24/06/2025
NOME la quale si riporta ai motivi di ricorso e ne chiede l’accoglimento; Ø presente l’AVV_NOTAIO del foro di BRINDISI in difesa di COGNOME NOME e COGNOME NOME il quale illustra le ragioni poste a fondamento del ricorso e ne chiede l’accoglimento; presente l’AVV_NOTAIO del foro di BRINDISI in difesa di COGNOME
Ø NOME COGNOME il quale insiste nell’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 7 ottobre 2024, la Corte di appello di Lecce ha riformato in parte la sentenza emessa dal Tribunale di Brindisi il l o marzo 2018 e, per quanto specificamente rileva in questa sede, ha statuito come segue.
Ha assolto NOME COGNOME, perchØ il fatto non sussiste, dal reato associativo contestato al capo C) e ha confermato la penale responsabilità di COGNOME per il reato di cui agli artt. 110, 81, comma 2, cod. pen. 73 d.p.r. 9 ottobre 1990 n. 309 contestato al capo D), avente ad oggetto la detenzione di una quantità non determinata di sostanza stupefacente del tipo cocaina, costituente «campione da valutare ai fini di una successiva fornitura». Di conseguenza, la pena inflitta a NOME COGNOME COGNOME Ł stata rideterminata (la circostanza aggravante di cui all ‘art. 7 decreto-legge 13 maggio 1991 n. 152 era stata già esclusa dal Tribunale).
Ha confermato l’affermazione NOME penale responsabilità di NOME COGNOME, per i capi H), R) e T) (già limitata, per questo capo, alla detenzione di cocaina) e per i capi D), 1), U ). Ha dichiarato estinto per prescrizione il reato di cui al capo G) avendo riqualificato il fatto quale violazione dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/90 e ha dichiarato estinto per prescrizione il reato di furto contestato al capo V). Di conseguenza, ha ridetermjNOME la pena inflitta a NOME COGNOME (la circostanza aggravante di cui all’art. 7 decreto-legge n. 152/1991 era stata già esclusa dal Tribunale) .
Ha assolto NOME COGNOME, perchØ il fatto non sussiste, dal reato associativo contestato al capo C) e ha confermato la penale responsabilità per il reato di cui agli artt. 110, 81 , comma 2, cod. pen. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 contestato al capo H), avente ad oggetto acquisti e trasporti di sostanza stupefacente del tipo cocaina e hashish (per questo secondo tipo di sostanza Ł stata dichiarata la prescrizione già in primo grado) eseguiti da COGNOME quale intermediario di NOME COGNOME. Di conseguenza, ha ridetermiNOME la pena inflitta ad COGNOME (la circostanza aggravante di cui all’art. 7 decreto-legge n. 152/ 1991 era stata già esclusa dal Tribunale).
Contro la sentenza NOME Corte di appello hanno proposto ricorso, nell’interesse dei propri assistiti, i difensori di fiducia di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME Ł affidato a quattro motivi.
3.1. Con il primo, si deduce la mancanza NOME motivazione quanto alla affermazione NOME responsabilità per il reato di cui al capo D) NOME rubrica. Secondo la difesa, la Corte territoriale COGNOME riportato in termini non corretti il
contenuto dell’atto di appello sostenendo che la difesa si sarebbe limitata a chiedere la riqualificazione del fatto ai sensi dell’art. 73, comma 4 o comma 5, d.P.R. 309/1990. Con l’atto di gravame, invece, era stata chiesta, in principalità, l’assoluzione dell’imputato. In tesi difensiva, da questa inesattezza sarebbe derivata una grave carenza di motivazione quanto alla affermazione NOME penale responsabilità di COGNOME per il reato di cui al capo D) .
3.2. Col secondo motivo, si deduce violazione di legge e vizio di motivazione sotto il profilo NOME illogicità e del travisamento NOME prova. Dopo aver escluso l’esistenza di una associazione dedita al narcotraffico, la Corte territoriale ha ricostruito i rapporti tra i protagonisti dei fatti di cui al capo D) concludendo che, ad interessarsi dell’approvvigionamento, sarebbero stati, genericamente, i “fratelfi COGNOME” e che NOME COGNOME avuto, rispetto a costoro, un ruolo autonomo. Secondo la difesa, ciò comporta la violazione del principio di corrispondenza tra accusa e sentenza. Invero, nella iniziale impostazi’one accusatoria, il capo D) costituiva diretta derivazione del capo C), perchØ delineava un concorso tra NOME COGNOME e NOME COGNOME costituente espressione . del programma associativo. A seguito NOME assoluzione di entrambi gli imputati dal reato di cui al capo C), dunque, il fatto storico sarebbe mutato. Non si potrebbe ritenere, infatti, che COGNOME abbia operato sulla base delle direttive e forniture dai . fratelli COGNOME, e il ricorrente, divenuto soggetto autonomo nelle operazioni di spaccio, sarebbe stato ritenuto responsabile per avere occasionalmente detenuto, insieme a NOME COGNOME, un campione di stupefacente.
Sotto altro profilo, la difesa si duole che la Corte di appello abbia tratto conferma dell’esistenza di un accordo illecito intercorso tra NOME e NOME COGNOME unicamente dal contenuto di una conversazione telefonica intercorsa tra i due il 20 dicembre 2006 inidonea a provare la conclusione di un accordo illecito e di una conversazione intervenuta il giorno seguente tra NOME, NOME COGNOME ed NOME COGNOME che però sono stati assolti dal reato di cui al capo D) per non aver commesso il fatto. In tesi difensiva, sarebbe manifestamente illogico aver ritenuto che COGNOME abbia sottoposto un campione di droga a COGNOME laddove dal tenore letterale NOME conversazione emergerebbe che fu COGNOME a parlare NOME buona qualità NOME sostanza e quindi era lui, non COGNOME, ad averne la disponibilità. Secondo la difesa, da questa seconda conversazione si dovrebbe desumere che l’accordo illecito tra COGNOME e COGNOME non era affatto concluso e, anche per questa parte, la motivazione sarebbe contraddittoria. La sentenza impugnata, infatti, non COGNOME spiegato perchØ, da una conversazione nella quale si afferma la volontà di valutare l’acquisto di sostanza da un terzo che ne COGNOME ampia disponibilità («dieci chili») si potrebbe dedurre che l’acquisto avvenne ed ebbe ad oggetto cocaina in quantità elevata.
3.3. Con il terzo motivo, si deduce il vizio di motivazione quanto al mancato riconoscimento delle fattispecie di cui ai commi 4 e 5 dell’art. 73 d.P.R. n.
309/1990. Secondo la difesa, le argomentazioni sviluppate dalla Corte di appello per sostenere che la quantità di sostanza acquistata non era modesta e si trattava di cocaina sarebbero manifestamente illogiche. Il riferimento al prezzo (pari a 37 e «non sotto i 40») sarebbe privo di rilievo in assenza del dato pondera le perchØ potrebbe essere riferito a quantità elevate come a quantità modeste. Sarebbe del pari irrilevante che la sostanza possa essere «graffiata» e assaggiata mettendola «in bocca», espressioni riferibili sia alla cocaina che a droghe leggere, tanto piø che la possibilità di assaggiare la sostanza mettendola in bocca Ł stata contraddetta, nel corso NOME· conversazione citata dalla Corte di appello, dallo stesso COGNOME, che rispose a COGNOME: «mica in bocca si assaggia».
In tesi difensiva, non rileva nel senso indicato dalla sentenza impugnata neppure la circostanza che, nella conversazione con COGNOME, COGNOME abbia parlato NOME disponibilità di «dieci · chili». L’affermazione secondo la quale questo quantitativo di droga era nella disponibilità di COGNOME (pag. 19 NOME sentenza impugnata), infatti, sarebbe frutto di una mera congettura, non potendosi escludere che la sostanza fosse ancora nella disponibilità del terzo ignoto venditore (come farebbe pensare la decisione di prenderne un campione per assaggiarla). Tale affermazione, inoltre, sarebbe incompatibile col contenuto dell’imputazione, che ha ad oggetto la detenzione di «una quantità di sostanza stupefacente del tipo cocaina di peso non determiNOME, costituente campione da valutare ai fini di una successiva fornitura».
In sintesi, secondo la difesa, la qualificazione del fatto ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/90 sarebbe imposta : dalla mancanza di precedenti specifici in capo al ricorrente; dalla la circostanza che non il COGNOME, ma il fornitore rimasto ignoto, aveva disponibilità di dieci chili di sostanza ; dal fatto che la conclusione NOME trattativa per l’acquisto non Ł provata; dalla constatazione che il test affidato a COGNOME riguardava un limitato campione (che per regole di esperienza Ł sempre di pochi grammi).
3.4. Con il quarto motivo, si deduce la violazione di legge in relazione all’art. 81 cod. pen. Durante il giudizio di appello diventava definitiva la sentenza n. 415/2018 nella quale il ricorrente era imputato e rispetto alla quale era stato chiesto il riconoscimento del vincolo NOME continuazione. Questa sentenza Ł stata depositata con memoria apposita, ma la Corte territoriale, pur avendo dato atto NOME richiesta formulata dalla difesa, non ha fornito risposta sul punto.
4. Il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME Ł affidato a tre motivi.
4.1. Con il primo,,a difesa deduce erronea applicazione NOME legge penale e vizi di motivazione con riferimento ai reati di cui ai capi D), R), H), I) e T). Con specifico riferimento al capo T) la difesa si duole NOME mancanza grafica NOME motivazione e, con riferimento a tutti i capi, lamenta che i fatti non siano stati diversamente qualificati come violazioni dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/ 1990.
Secondo la difesa, dando luogo ad un «cortocircuito motivazionale» la Corte di appello ha ritenuto gli addebiti formulati a carico di COGNOME espressione di un disegno criminoso unitario e tuttavia, a parità di presupposti fattuali, solo per alcuni capi di imputazione e non per altri, ha ritenuto ricorrere l’ipotesi di cui all’art. 73, comma 4 o comma 5 del citato d.P.R. dichiarando la prescrizione. Così, per i fatti di cui al capo G), la Corte territoriale ha ritenuto non provato che si trattasse di cocaina delineando anche la possibilità che si trattasse di un “campione”. Eppure, analoga valutazione non Ł stata operata quanto al capo D) ancorchØ in questo caso il capo di imputazione parlasse espressamente NOME detenzione di un «campione» e anche se la sentenza di primo grado aveva ricostruito il fatto attribuendo a COGNOME il possesso di una piccola quantità da cedere a terzi per un assaggio in vista di un successivo, piø consistente, acquisto.
Osserva la difesa che, nel capo D) dell’imputazione, la quantità di sostanza detenuta non Ł indicata (si tratta di un campione «di peso non determiNOME») e la Corte di appello non ha spiegato perchØ la detenzione di un campione da valutare non potrebbe essere considerata quale ipotesi lieve come avvenuto, invece (proprio facendo riferimento al fatto che si trattava NOME detenzione di un campione), con riferimento alla imputazione di cui al capo G).
Quanto ai reati di cui ai capi H) e I) la difesa sostiene che la Corte territoriale ha escluso l’ipotesi lieve sulla base di una conversazione avente ad oggetto il prezzo dello stupefacente senza spiegare perchØ questo prezzo sarebbe compatibile solo con la detenzione di «droghe pesanti» e perchØ il fatto non fosse di lieve entità .
In tesi difensiva, anche con riferimento al reato di cui al capo R) il giudizio di colpevolezza Ł stato espresso solo sulla scorta di un dialogo nel corso del quale si faceva riferimento al prezzo NOME sostanza senza nemmeno porsi il dubbio NOME esistenza di un comportamento antigiuridico, stante l’impossibilità di risalire alla quantità e qualità NOME droga.
Con riferimento al capo T), si lamenta l’assenza toCOGNOME di motivazione a fronte NOME richiesta di assoluzione e di quella, subordinata, di riconoscimento dell’ipotesi di cui ai commi 4 o~dell’art. 73 d.P.R. citato.
4.2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce violazione di legge e vizi di motivazione quanto alla affermazione NOME responsabilità per il reato di cui al capo U). Sostiene che la conversazione di cui al progr. 2151 (posta a fondamento NOME condanna) non sarebbe stata valutata nella sua interezza e sostiene che, con motivazione manifestamente illogica, la sentenza impugnata le COGNOME attribuito valenza confessoria senza considerare che la ricostruzione NOME vicenda contenuta in quella conversazione non proviene da NOME, ma dalla sua compagna.
4.3. Con il terzo motivo, si deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche oltre che al mancato riconoscimento del vincolo NOME continuazione tra i fatti per cui si procede e quelli accertati con sentenza irrevocabile emessa dalla Corte di appello di
Lecce il 6 marzo 2018 (richiesta rispetto alla quale la Corte Ł rimasta silente). Si laiJlenta, infine, l’omessa motivazione sull’entità degli aumenti per continuazione.
S. Il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME Ł affidato ad un unico motivo col quale il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione perchØ il fatto di cui al capo H) non Ł stato qualificato ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/90 e per il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
Lamenta la difesa che la conferma del giudizio di re$ponsabilità con riferimento al capo H) NOME rubrica, sarebbe fondato solo su intercettazioni telefonicheSi tratterebbe, dunque, di “droga parlata” e ciò imponeva un vaglio critico piø penetrante. Già il primo giudice aveva dichiarato la prescrizione degli altri episodi contestati, aventi ad oggetto cessione di sostanza del tipo hashish, mentre ha ritenuto che, in virtø del prezzo di vendita, nel caso in esame, non potesse che trattarsi di cocaina.
La Corte di appello, con motivazione contraddittoria, ha escluso la sussumibilità delle condotte nella previsione di cui al comma 5 dell’art. 73 benchØ si evincesse dai dialoghi che si trattava di droga di pessima qualità. Il giudizio espresso dal giudice di secondo grado Ł stato ancorato solo alle somme di denaro dovute al coimputato COGNOME dagli acquirenti dello stupefacente (3.000 e 7.000 euro).
Quanto alle circostanze attenuanti generiche, lamenta la difesa che la Corte territoriale COGNOME valorizzato i precedenti annoverati dal ricorrente, senza considerare che si riferiscono a fatti risalenti nel tempo e COGNOME «si Ł dato a stabile e onesta attività lavorativa».
6. All’odierna udienza, disposta la trattazione orale, le parti hanno concluso come indicato in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
¨ infondato il primo motivo del ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME col quale si sostiene che la Corte di appello, avendo riportato in termini non corretti il contenuto dell’atto di gravame, COGNOME omesso di prendere in esame la richiesta di assoluzione avanzata dalla difesa.
La sentenza impugnata dà atto a pag. 16 (punto 3) che vi Ł stata richiesta di assoluzione per il reato di cui al capo D) e, per questo reato, vi Ł stata anche richiesta di diversa qualificazione ai sensi dei commi 4 o 5 dell’art. 73 d.P.R. n. 309/1990. Nel corpo NOME motivazione, poi J l’affermazione NOME penale responsabilità di COGNOME per il reato di cui al capo D) Ł motivata da quanto illustrato,
oltre che a pag. 17 e ss., anche a pag. 9 e ss. con riferimento alla posizione di NOME COGNOME.
In proposito va ricordato che, in sede di legittimità, non Ł censurabile la sentenza per il silenzio su una specifica doglianza prospettata con il gravame, quando questa risulti disattesa dalla ‘motivazione complessivamente considerata, essendo sufficiente ad escludere la ricorrenza del vizio previsto dall’art. 606, comma 1, lett. e), cod . proc. pen., che la ricostruzione dei fatti contenuta nella motivazione implicitamente conduca alla reiezione NOME prospettazione difensiva, senza lasciare spazio a una valida alternativa (Sez. 2, n. 35817 del 10/07/2019, Rv. 276741 -01; Sez. 5, n. 6746 del 13/12/2018, dep. 2019, Rv. 275500 -01).
Nel caso in esame, l’impianto motivazionale NOME sentenza impugnata, sotto il profilo dedotto, non merita le doglianze espresse nØ in punto di affermazione di responsabilità, nØ con riferimento alla natura NOME sostanza stupefacente laddove, ripercorrendo le conversazioni intercorse tra i protagonisti NOME vicenda, ha desunto la circostanza che si trattasse di cocaina non solo in ragione del prezzo di acquisto (“trentasette”) ma anche di altre circostanze.
La Corte territoriale, infatti, ha riportato a pag. 10 la conversazione n. 5984 del 20 dicembre 2006 tra NOME e NOME in cui si fa riferimento a qualcosa che, se deve essere data, deve essere data così, perchØ Ł “bona”, “senza toccarla e senza niente” e ha ritenuto, con motivazione non manifestamente illogica, che detta espressione fosse inequivocabilmente riconducibile a operazioni di taglio, tipiche NOME cocaina e non delle droghe leggere. Sono state considerate rilevanti nel senso indicato: l’esortazione a provare la sostanza «mettendola in bocca» e la possibilità di «graffiarla» che la Corte ha ~itenuto riferibi li a “droghe pesanti”. La tesi difensiva secondo la quale COGNOME COGNOME risposto «mica in bocca si assaggia», oltre ad esaurirsi in una mera allegazione, non elide la valenza indiziaria NOME conversazione, essendo stata ipotizzata una modalità di assaggio incompatibile con l’hashish e la marijuana.
2. Neppure Ł fondato il motivo con il quale COGNOME lamenta difetto di correlazione tra accusa e sentenza con riferimento al reato di cui al capo D). Come noto, per aversi mutamento del fatto, occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, NOME fattispecie nella quale si riassume l’ipotesi astratta prevista dalla legge, in modo che si configuri una incertezza sull’oggetto dell’imputazione dalla quale scaturisca un reale pregiudizio dei diritti NOME difesa (Sez. U, n. 36551 del 15/07/2010, COGNOME, Rv. 248051; Sez. U, n. 16 del 19/06/ 1996, COGNOME, Rv. 205619). Ne consegue che l’indagine volta ad accertare la violazione del principio in esame non va esaurita nel pedissequo e mero confronto puramente letterale fra contestazione e sentenza perchØ, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione Ł del tutto insussistente quando l’imputato, attraverso l’iter del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione
concreta di difendersi in ordine all’oggetto dell’imputazione (Sez. U., n. 31617 del 26/06/2015, COGNOME, Rv. 264438, COGNOME, Rv. 269666).
Nel caso di specie, al capo D) Ł contestato all’imputato di avere detenuto un campione di cocaina da valutare ai fini di una successiva fornitura e non costituisce sostanziale mutamento del fatto, nØ lede il diritto di difesa, l’aver escluso che detta detenzione sia collegata al programma criminoso di cui al capo C), per il quale Ł intervenuta sentenza di assoluzione.
3. ¨ fondato, invece, il secondo motivo nella parte in cui lamenta il vizio di motivazione quanto all’affermazione NOME responsabilità in relazione al capo D). Si Ł già detto che, in questo capo, Ł stata contestata agli imputati la detenzione di «una quantità di sostanza stupefacente del tipo cocaina, di peso non determiNOME, costituente campione da valutare ai fini di una successiva fornitura».
Secondo la Corte territoriale (pag. 18 NOME sentenza impugnata), «non vi Ł dubbio» che la quantità di droga «detenuta» da COGNOME, il cui acquisto veniva proposto al COGNOME, fosse tutt’altro che esigua. La Corte di appello Ł giunta a COGNOME conclusione sulla base del dialogo intercorso tra COGNOME e coloro che COGNOMEro dovuto testare la qualità e il gradimento dello stupefacente (COGNOME e COGNOME) osservando che COGNOME· disse ai propri interlocutori: «il cristiano a trentasette ne vuole. Ne tiene dieci chili».
La Corte territoriale ha desunto dalla conversazione in esame che l’accordo si fosse perfezioNOME e NOME, insieme a NOME, avesse acquistato lo stupefacente che gli era stato offerto. Ha ritenuto, inoltre, che si trattasse di una quantità non esigua atteso che NOME ne aveva prelevato un campione da far testare a NOME e disse di averne fatto provare un altro a una terza persona. La sentenza impugnata, tuttavia, non spiega le ragioni per le quali «il cristiano» che deteneva «dieci chili» di sostanza sarebbe COGNOME e non, piuttosto, il suo fornitore e contraddice sØ stessa quando sostiene che l’accordo era concluso, mentre a pag. 7, sia pure occupandosi del reato associativo per il quale Ł stata pronunciata sentenza di assoluzione nei confronti di COGNOME (COGNOME era già stato assolto), aveva affermato, con evidente riferimento al capo D): «non risulta provata la conclusione dell’affare».
Da quanto esposto emerge che, con riferimento al capo D), la motivazione non Ł completa e presenta profili di contraddittorietà. Ne consegue l’annullamento NOME sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione NOME Corte di appello di Lecce. Tutti i restanti motivi proposti nell’interesse di NOME COGNOME sono assorbiti.
4. Le argomentazioni siN qui svolte in relazione al capo D) NOME rubrica, valgono, all’evidenza, oltre che con riferimento alla posizione di NOME COGNOME, anche per quella di NOME COGNOME. Ed invero, la contestazione mossa con riferimento alla detenzione del “campione” di droga in possesso del COGNOME
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(che doveva farlo assaggiare ai due potenziali acquirenti), imponeva alla Corte territoriale di valutare la censura mossa dalla difesa con riferimento all’invocata riqualificazione del fatto nella previsione dell’ipotesi “lieve”.
Ciò a maggior ragione ove si consideri che, come rilevato dalla difesa, con riferimento al capo G) NOME rubrica, la Corte territoriale ha argomentato che “un campione” Ł, come COGNOME, di modesta quantità. Anche in questo caso, dunque, la carenza dell’apparato argomentativo non consente di comprendere le ragioni fattuali e di diritto poste a base NOME decisione e anche nei confronti di NOME COGNOME, ritenuto responsabile del reato di cui al capo D), la sentenza impugnata deve essere annullata, con rinvio, per nuovo giudizio ad altra sezione NOME Corte di appello di Lecce.
S. A diverse conclusioni si deve giungere con riferimento ai restanti capi. In particolare, non si ravvisa il vizio di motivazione dedotto con riferimento ai reati di cui ai capi H) e l) nell’avere la Corte territoriale desunto la natura di “droga pesante” dal prezzo dello stupefacente.
Per quanto riguarda il reato di cui al capo H) la sentenza impugnata (pag. 2S e 26) ha ritenuto che la sostanza stupefacente fosse cocaina, non solo perchØ i conversanti ne parlano usando il femminile, ma soprattutto perchØ COGNOME dice che acquista per SO euro e NOME può proporre la sostanza «a 7S guadagnandoci anche qualcosa lui». Si deve osservare allora: in primo luogo, che non Ł illogico aver ritenuto questo prezzo incompatibile con la vendita di “droghe leggere”; in secondo luogo, che la difesa contesta queste conclusioni in termini meramente oppositivi, chiedendo nella sostanza a questa Corte di legittimità una inammissibile rivalutazione dei fatti, finalizzata, nella prospettiva del ricorrente, ad una ricostruzione dei medesimi in termini diversi e piø convincenti rispetto a quelli fatti propri dalla Corte di appello.
Considerazioni analoghe si impongono con riferimento alla imputazione di cui al capo l). In questo caso, la Corte territoriale ha fatto riferimento al passaggio di una conversazione in cui non si evoca soltanto il prezzo dello stupefacente, valutato compatibile con una compravendita di “droghe pesanti”, ma si parla anche del colore «madreperla» NOME sostanza e nessun profilo di illogicità può essere ravvisato nell’aver ritenuto questa espressione inequivocamente riconducibile alla cocaina.
Con riferimento al capo R), le sentenze conformi hanno ritenuto, con motivazione che non merita le censure mosse, che dai colloqui intercettati si evincesse una trattativa tra COGNOME COGNOME COGNOME COGNOME relativamente all’acquisto di cocaina e di hashish (per COGNOME sostanza Ł stata dichiarata la prescrizione). Il riferimento operato nelle conversazioni agli importi di denaro necessari all’acquist~ indicati in migliaia di euro 1 ha indotto i giudici di merito a ritenere che si trattasse anche di “droga pesante”. Già il Tribunale (pagg. 140 e ss. NOME sentenza di primo
grado) aveva riportato il contenuto dei dialoghi intercorsi tra i due protagonisti NOME vicenda ponendo l’accento sulla circostanza che la consegna fosse già avvenuta, dato che COGNOME affermava di non avere ancora «pesata quella là» e, mentre i due continuavano a fare i conti, COGNOME commentava: ·«vediamo quanto mi hai dato … allora tu mi hai dato cinque e cinque, piø … dieci e cinque, sono dieci e cinque e sono ventuno piø stanno quattromila».
Il ricorso non si confronta con questa motivazione, che appare congrua non manifestamente illogica e non contraddittoria. Dimentica, dunque, che esula dai poteri NOME Corte di Cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto, posti a sostegno NOME decisione, il cui apprezzamento Ł riservato in via esclusiva al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente’ piø adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207945).
6. Con riferimento al capo T), il ricorso lamenta assenza grafica NOME motivazione dolendosi che la Corte di appello non abbia fornito risposta alla richiesta di assoluzione che era stata formulata nell’atto di gravame. A questo proposto si deve rilevare che la vicenda Ł stata dettagliatamente ricostruita nella sentenza di primo grado sulla scorta delle conversazioni intercorse tra COGNOME e COGNOME e dei servizi di osservazione pedinamento e controllo. Dai dialoghi richiamati Ł stata desunta la finalità illecita dell’incontro, in occasione del quale NOME raccomandò di parcheggiare l’auto in un posto non visibile e di controllare il denaro che sarebbe stato consegNOME dall’acquirente, ritenuto poco affidabile. Sono stati, inoltre, ricostruiti i passaggi successivi in cui si concordava la consegna NOME «rimanenza». A pag. 187 NOME sentenza di primo grado, poi, si Ł dato atto dell’incontro tra NOME e l’ignoto acquirente, in occasione del quale il primo si lamentava del pagamento di una fornitura precedente da cui mancavano ancora 500 euro. La sentenza di primo grado, inoltre, ha posto l’accento sulle lamentele espresse dal COGNOME secondo cui, già da una sola mazzetta mancavano «due o trecento euro», motivo per il quale l’odierno ricorrente si riprometteva, per il futuro, di «contare» il denaro al cospetto dell’acquirente il quale replicava: «non ti preoccupare. Noi siamo venditori e importatori. .. siamo cristiani».
A fronte dell’ampia ricostruzione operata dal ‘ primo giudice, l’atto di appello non conteneva alcuna specifica censura con riferimento a detto episodio in relazione al quale ci si limitava, in maniera estremamente generica, a chiedere l’assoluzione.
A fronte di ciò la Corte territoriale non aveva un obbligo specifico di rispondere. Ed invero, il difetto di motivazione NOME sentenza di appello in ordine a motivi generici, proposti in concorso con altri motivi specifici, non può formare oggetto di ricorso per cassazione, poichØ i motivi generici rimangono viziati da inammissibilità originaria, quand’anche il giudice dell’impugnazione non abbia
pronunciato, in concreto, COGNOME sanzione (Sez. 5, n. 44201 del 29/09/2022, Rv. 283808 -01; Sez. 3, n. 10709 del 25/11/2014, dep. 2015, Rv. 262700 01).
7. In maniera altrettanto generica, nei motivi di appello proposti nell’interesse di NOME, la difesa aveva chiesto la riqualificazione ai sensi dell’art. 73 comma 5 d.P.R. n. 309/1990 delle condotte contestate ai capi H), R), T) e I). Deducendo vizio di motivazione sul punto, il ricorso non si confronta con la motivazione posta a fondamento del giudizio espresso dalla Corte territoriale.
Con riferimento al capo H) la sentenza impugnata, esaminando la posizione del coimputato COGNOME, osserva (pag. 13) che, in una discussione con COGNOME questi fece riferimento a un «consistente debito pregresso (”tremila euro”)» e, proprio per questo, esclude «che le quantità di droga smerciate fossero esigue» e che il fatto possa essere considerato di lieve.
Non Ł manifestamente illogico che questa valutazione sia stata considerata rilevante per escludere la lieve entità dei fatti ascritti al COGNOME anche ai capi I) aJ, R) e T). Dalla sentenza impugnata emerge, infatti, che pur non avendo operato all’interno di una associazione ex art. 74 d.P.R. n. 309/90, NOME si occupava NOME commercializzazione di sostanze stupefacenti svolgendo una attività sistematica e organizzata e nessun profilo di contraddittorietà o manifesta illogicità può essere ipotizzato per aver desunto da questa circostanza e dall’entità dei rapporti di debito credito intrattenuti con fornitori e acquirenti che i fatti in esame non fossero di lieve entità .
A questo proposito basta ricordare che, secondo l’insegnamento del massimo Consesso di legittimità, la valutazione NOME lieve entità del fatto deve essere compiuta in concreto, tenendo conto non solo del dato qualitativo e quantitativo, ma anche, dei mezzi, delle modalità e delle circostanze dell’azione (cfr., Sez. U, n. l 1063 del 27/09/ 2018, Murolo, Rv. 274076). Come opportunamente chiarito dalla sentenza citata (pag. 16 NOME motivazione), «ritenere che la valutazione degli indici di lieve entità elencati dal comma 5 dell’art. 73 debba essere complessiva, significa certamente abbandonare l’idea che gli stessi possano essere utilizzati dal giudice alternativamente, riconoscendo o escludendo la lieve entità del fatto anche in presenza di un solo indicatore di segno positivo o negativo, a prescindere dalla considerazione degli altri». Implica però, allo stesso tempo, «che tali indici non debbano tutti indistintamente avere segno positivo o negativo» e possano instaurarsi tra gli stessi rapporti di compensazione o neutralizzazione idonei a consentire un giudizio unitario sulla concreta offensività del fatto anche quando le circostanze che lo caratterizzano risultano prima facie contraddittorie. In sintesi: la ma9giore o minore espressività del dato quantitativo deve essere valutata in concreto, nel confronto con le altre circostanze del fatto rilevanti secondo i parametri normativi di riferimento.
I giudici di merito si sono attenuti a questi principi. Hanno ritenuto, infatti, che i reati in parola siano espressione di una attività organizzata in modo professionale e non rudimenCOGNOME, connotata da gravità e destinata a reperire e diffondere sul mercato, in modo sistematico, sostanze stupefacenti. In altri termini, i giudici di merito, hanno passato in rassegna tutti i parametri richiamati dall’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990, sia quelli concernenti l’azione (mezzi, modalità e circostanze) che quelli relativi all’oggetto del reato (quantità e qualità delle sostanze stupefacenti), escludendo l’ipotesi lieve con motivazione affatto illogica e valutando in maniera analitica l’apprezzabile quantitativo NOME maggior parte delle cessioni.
Manifestamente infondato Ł il secondo motivo del ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME col quale il difensore deduce violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento al reato di cui al capo U).
In proposito va rilevato che, con motivazione .s l~ Corte territoriale ha dw..~~~e.~, ripercorso i passaggi NOME conversazione intercorsa, tra NOME e la donna alla quale costui era legato {!ue §i:2ffli dopo iLfettQ. In questa conversazione la donna riferì al NOME che un COGNOME NOME aveva commentato con lei la rapina consumata aii’Eurospin e la successiva sparatoria tra gli autori del reato e i vigilanti, ma rassicurò NOME di non avere detto che lui era tra i rapiNOMEri , ottenendo per tutta risposta l’apprezzamento per il silenzio serbato («ah, no, non gli dire un c … »).
Contrariamente a quanto si afferma nell’atto di ricorso, La Corte di appello ha proceduto ad una compiuta lettura NOME intera conversazione e con motivazione non manifestamente illogica nØ contraddittoria l’ha ritenuta di COGNOME chiarezza da poterle attribuire una valenza confessoria, laddove il riferimento alla sparatoria rende inequivoco che NOME e la sua compagna stavano parlando proprio NOME rapina oggetto di imputazione.
A questo proposito, vale la pena ricordare che in tema di prove, il contenuto di intercettazioni telefoniche può costituire fonte probatoria diretta, senza necessità di riscontro ai sensi dell’art. 192, comma 3, cod. proc. pen., salvo l’obbligo del giudice di valutare il significato delle conversazioni intercettate secondo criteri di linearità logica (Sez. 3, n. 10683 del 07/11/2023, dep. 2024, Rv. 286150- 04).
Sono assorbiti e, pertanto non devono essere esaminati, i restanti motivi del ricorso proposto da NOME COGNOME che hanno ad oggetto il trattamento sanzioNOMErio.
Il . ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME non supera il vaglio di ammissibilità.
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Il difensore si duole che il fatto di cui al capo H) non sia stato qualificato ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990. A questo proposito oltre a richiamare quanto osservato al paragrafo 7 con riferimento alla richiesta di riqualificazione del fatto proposta da NOME COGNOME si deve riferire che, nell’atto di appello, COGNOME non aveva chiesto l’applicazione dell’art. 73, comma S. Basta ricordare, allora, che Ł inammissibile, ai sensi dell’art. 606, comma 3, ultima parte, cod. proc. pen., il ricorso per cassazione col quale sia dedotta una questione che non ha costituito oggetto dei motivi di appello, dovendosi evitare che in sede di legittimità sia annullato il provvedimento impugNOME con riferimento ad un punto NOME decisione rispetto al quale si configura a priori un inevitabile difetto di motivazione per essere stato intenzionalmente sottratto alla cognizione del giudice di appello (Sez. 2, n. 34044 del 20/11/2020, COGNOME, Rv. 280306 01; Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, COGNOME, Rv. 270316- 01).
10.1. Del pari inammissibile Ł la doglianza relativa al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
In proposito va rammentato che, in tema di circostanze attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione Ł insindacabile in sede di legittimità, purchØ non sia contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini NOME concessione o dell’esclusione, come avvenuto nella fattispecie, avendo il giudice segnalato la gravità NOME condotta criminosa e i numerosi e specifici precedenti penali dell’imputato, indicativi NOME negativa personalità dello stesso (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269, fattispecie nella quali la Corte ha ritenuto sufficiente, ai fini dell’esclusione delle attenuanti generiche, il richiamo’ in sentenza ai numerosi precedenti penali dell’imputato). ¨ stato, altresì, affermato il principio secondo cui non Ł necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma Ł sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da COGNOME valutazione (Sez. 7, Ord. n. 39396 del 27/05/2016, COGNOME, Rv. 268475; Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, COGNOME, Rv. 265826; Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, COGNOME, Rv. 259899).
Nel caso di specie, i giudici di merito hanno ritenuto ostativi all’applicazione delle attenuanti generiche i quantitativi trattati, i frequenti contatti con gli acquirenti, la gravità e pluralità delle condotte (come desunta anche dai debiti pregressi cui si fa riferimento nelle intercettazioni riportate in sentenza) e i precedenti penali. Per contro, la difesa si Ł limitata ad evidenziare, in termini generici, che i precedenti penali sono risalenti nel tempo senza confrontarsi con le argomentazioni spese nella sentenza impugnata a fondamento del rigetto.
Per quanto esposto, la sentenza impugnata merita annullamento, nei confronti di NOME COGNOME, con rinvio per nuovo giudizio sul capo di imputazione a lui ascritto ad altra sezione NOME Corte di appello di Lecce· .
La sentenza impugnata deve essere annullata, inoltre, nei confronti di NOME COGNOME, limitatamente al capo D), con rinvio, per nuovo giudizio su questo capo, ad altra Sezione NOME Corte di appello di Lecce. I motivi proposti da COGNOME e COGNOME con riferimento al trattamento sanzioNOMErio sono assorbiti. Nel resto, il ricorso di NOME COGNOME deve essere respinto.
All’inammissibilità del ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento NOME somma di euro 3.000,00 in favore NOME Cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione NOME causa di inammissibilità (Corte cost. n. 186/2000).
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME, con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione NOME Corte di appello di Lecce. Annulla la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME, limitatamente al capo D), con rinvio per nuovo esame sul punto ed eventuale rideterminazione del trattamento sanzioNOMErio, ad altra Sezione NOME Corte di appello di Lecce. Rigetta il ricorso di COGNOME NOME nel resto. Dichiara inammissibile il ricorso di COGNOME NOME che condanna al pagamento delle spese processuali e NOME sQmma di euro tremila in favore NOME Cassa delle ammende.
Così deciso il 24 giugno 2025