Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 23208 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 23208 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME COGNOME nato il 08/07/1994
avverso la sentenza del 18/09/2024 della CORTE APPELLO di VENEZIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; sentita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto di rigettare il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Venezia ha confermato la condanna di NOME COGNOME per vari episodi di furto in abitazione (capi L, N, T, U, V), e, previa riqualificazione del fatto di cui al capo N) nella fattispecie del tentativo ed esclusa per tutti i reati la circostanza aggravante di cui all’art. 61 n. 7 cod. pen., ha rideterminato la pena.
Avverso l’indicata pronuncia ricorre l’imputato, tramite il difensore, articolando tre motivi.
Con i primi due si denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta responsabilità dell’imputato per i reati di cui ai capi L) e T).
Si evidenzia che nessuna reale risposta è stata fornita dal giudice di secondo grado sulle censure coltivate con l’atto di appello e volte a contestare la sussistenza di elementi probatori idonei a supportare la condanna.
Con il terzo motivo si deducono analoghi vizi in merito alla richiesta, formulata con il gravame, di riqualificare i delitti su U) e V) in termini di tentativo.
Il ricorso, proposto in data successiva al 30 giugno 2024, è stato trattato in camera di consiglio ai sensi dell’art. 611 cod. proc. pen., nel testo riscritto dal d. Igs. n. 150 del 2022 e successive modifiche.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato.
La sentenza impugnata è priva di motivazione.
2.1. In presenza di decisioni di primo e secondo grado motivate con criteri omogenei e con un apparato logico uniforme, è possibile procedere all’integrazione delle due sentenze in modo da farle confluire in una struttura argomentativa unitaria da sottoporre al controllo in sede di legittimità (tra le altre Sez. 3, n 44418 del 16/07/2013, COGNOME, Rv. 257595).
Tuttavia è necessario che si tratti effettivamente di “integrazione”, nel senso che la motivazione della sentenza di secondo grado deve recare un esame delle censure proposte dall’appellante – sia pure con criteri conformi a quelli adottati dal giudice di primo grado e con riferimenti ai passaggi logici e giuridici della decisione appellata – in modo da evidenziare un’argomentata concordanza nell’analisi e nella valutazione degli elementi posti a fondamento del giudizio (Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Argentieri, cit.). «Occorre, in altre parole, che la sentenza di secondo grado si confronti effettivamente con i motivi di appello, esprimendo una specifica valutazione sugli stessi, propria del giudice dell’impugnazione; condizione, questa, che non ricorre all’evidenza laddove la formulazione della predetta sentenza imponga, per soppesare la fondatezza o meno delle argomentazioni difensive, di fare esclusivo riferimento a quanto esposto nella sentenza di primo grado» (così in motivazione Sez. 5, n. 52619 del 05/10/2016, Unterholzner).
Consegue che il richiamo ai contenuti della sentenza di primo grado non è idoneo a sanare le lacune motivazionali quando, per valutare le censure d’appello, esso sia svolto in termini che impongono di fare esclusivo riferimento alla
motivazione della sentenza di primo grado e che, conseguentemente, non consentono di stabilire, neppure in forma parziale o implicita, il necessario
rapporto dialettico fra i motivi d’appello e la sentenza di secondo grado (Sez. 5, n.
52619 del 05/10/2016, Unterholzner, Rv. 268859).
2.2. Nel caso in rassegna tutti i motivi sono fondati, poiché la motivazione della sentenza impugnata è inesistente.
In risposta alle censure formulate:
“gli indizi evidenziati dal
– sul capo L), la Corte di appello si limita a scrivere:
Tribunale sono gravi precisi e concordanti, e la difesa non offre una diversa interpretazione degli stessi, ma semplicemente ne contesta la valenza”;
– per i capi T), U) e V):
“si rimanda a quanto esposto a pagina 6 della motivazione, ove il primo giudice evidenzia tutti gli elementi a carico dell’imputato.
Da essi emerge la responsabilità di COGNOME trattasi, escluso il capo T), già
qualificato come tentativo, di delitti consumati poiché il furto è stato portato a compimento, come merge dagli atti”.
È evidente che nessuna risposta è stata fornita ai motivi di appello, e che la sentenza impugnata si sostanzia in generici assunti che nulla esprimono sulle
ragioni della decisione.
Consegue l’annullamento della sentenza impugnata.
Il reato di cui al capo N (tentato furto in abitazione aggravato commesso il 13 agosto 2016), pur non formando oggetto di ricorso, è comunque coinvolto dall’annullamento, trattandosi di reato satellite, la cui pena è determinata a titolo di continuazione rispetto a quella inflitta per il reato più grave di cui al capo V).
In ragione di tale inscindibilità, non può operare il principio di cui alla sentenza delle Sezioni Unite Aiello (n. 6903 del 27/05/2016, dep. 2017, Rv. 268966 – 01), sicché va rilevato che il 13 dicembre 2024 è decorso il termine massimo di prescrizione, in difetto di periodi di sospensione.
L’annullamento sarà, pertanto, senza rinvio per il capo N), e con rinvio per le residue imputazioni.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, quanto al capo N), per essere il reato estinto per prescrizione.
Annulla nel resto la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Venezia.
Così deciso il 28/05/2025