Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 2733 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 2733 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CATANIA il 16/09/1953
avverso la sentenza del 08/07/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo
Il Proc. Gen. si riporta alla requisitoria in atti e conclude per il rigetto del ricorso.
udito il difensore
L’avvocato NOME COGNOME sostituto processuale degli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME difensori di fiducia di NOME COGNOME, si riporta ai motivi di ricorso ed insiste per l’accoglimento dello stesso.
RITENUTO IN FATTO
I difensori di NOME NOME propongono ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Torino in data 8 luglio 2024, che ha confermato la sentenza di condanna pronunciata nei confronti dello stesso NOME per i delitti di bancarotta fraudolent patrimoniale (capi 1 e 3) e di bancarotta semplice documentale (capi 2 e 4), da questi commessi nella qualità di socio amministratore della “RAGIONE_SOCIALE” e della “RAGIONE_SOCIALE, dichiarate fallit rispettivamente, il 14 febbraio 2017 e 1’8 febbraio 2018.
L’impugnativa consta di sei motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto stabilito dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen..
Il primo motivo denuncia, in riferimento alla conferma della condanna per i delitti di cu ai capi 1 e 3, il vizio di mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione dedotto che nella sentenza impugnata non sarebbero state per nulla affrontate le specifiche doglianze articolate con i motivi di appello, tanto avendone comportato l’assenza di specifico confronto con l’impugnazione in ordine a temi decisivi, ossia quelli relativi all’effettiva idon offensiva delle condotte distrattive contestate all’imputato – perché poste in essere in un periodo in cui le società che le avrebbero subite erano ancora in bonis o perché addirittura neutralizzate da condotte riparatorie – e alla sussistenza dell’elemento soggettivo della bancarotta fraudolenta patrimoniale.
Il secondo e il terzo motivo denunciano violazione dell’art. 216, comma 1, n. 1 L.F. in riferimento alla conferma della condanna per il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale commesso in danno della ‘RAGIONE_SOCIALE‘, sul rilievo che la Corte territoriale, omettendo uno specifico confronto con gli stessi dati emergenti dalla relazione ex art. 33 L.F. e dai bilan allegati, siccome puntualmente richiamati con i motivi di appello, avrebbe disatteso i principi d diritto secondo cui l’esistenza del pericolo concreto per le ragioni dei creditori sociali, integr l’evento giuridico del delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale, deve essere verificata da giudice di merito con scrupolo particolare nell’ipotesi in cui le condotte di distacco di riso patrimoniali dell’impresa abbiano avuto luogo in un periodo non prossimo alla manifestazione del dissesto; indagine, questa, suscettibile di riverberarsi anche sul piano dell’accertamento dell’elemento soggettivo del reato, dovendo essere verificati, in un’evenienza del genere, “indici di fraudolenza” delle predette condotte. Verifica, questa, cui anche il giudice di appello si er sottratto, ancorché in tal senso sollecitato dall’appellante, che aveva messo in luce come i prelievi, effettuati dall’imputato dal conto corrente della ‘RAGIONE_SOCIALE‘ a favore di sé stesso e altre società a lui riconducibili, fossero stati posti in essere fino al 2009, epoca questa in cu predetta società, stando a quanto riportato dal curatore fallimentare nella relazione ex art. 33 L.F., era ancora solvibile ed attiva, essendosi il dissesto manifestato solo a partire dal 2011. Nondimeno, con tale decisiva evidenza la Corte territoriale si sarebbe dovuta confrontare anche
per dar conto di quali fossero gli indici fattuali atti a denotare, comunque, il consapevole volontario orientamento dell’agire dell’imputato in funzione della messa in pericolo delle ragioni dei creditori della ‘RAGIONE_SOCIALE‘.
Il quarto, il quinto e il sesto motivo, nel denunciare la violazione dell’art. 216, com 1, n. 1, L.F. in riferimento alla conferma della condanna per il delitto di bancarotta fraudolen patrimoniale commesso in danno della ‘RAGIONE_SOCIALE‘, sviluppano le medesime censure già articolate con riferimento alla conferma della condanna dell’imputato per la bancarotta fraudolenta patrimoniale commessa in danno della ‘RAGIONE_SOCIALE: questo anche perché sia il Giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale di Aosta che la Corte di appello di Torino avevano esaminato le doglianze, pur separatamente articolate dalla difesa di NOME in riferimento ai capi 1 e 3 della rubrica, in maniera cumulativa. E’, comunque, dedotto, per suffragare la doglianza di omesso confronto della sentenza impugnata con le specifiche ragioni di gravame riferite al delitto di cui al capo 3, che anche i prelievi effettuati dall’imputato dal corrente della ‘RAGIONE_SOCIALE‘ a proprio beneficio o di società a lui riconducibili erano stati pos essere in un periodo in cui la predetta società era ancora solvibile e attiva, essendosi il s dissesto manifestato, stando alla relazione ex art. 33 L. F, soltanto a far data dal 2014; evidenza questa, che la Corte di appello non avrebbe potuto non considerare ai fini delle valutazioni da compiere in punto di pericolosità in concreto delle condotte contestate e di coscienza e volontà del loro autore di esporre a pericolo le ragioni dei creditori della ‘RAGIONE_SOCIALE‘. E’, in evidenziato come il giudice di appello non abbia speso alcuna argomentazione per esaminare e disattendere il rilievo di gravame con il quale, giusta la tabella inserita a pag. 15 della relazi del curatore fallimentare, era emerso che a fronte del distacco di risorse finanziarie subito d ‘RAGIONE_SOCIALE per un ammontare di Euro 102.614,00 questa aveva beneficiato prima della dichiarazione di fallimento di un reintegro patrimoniale per Euro 361.401,64, tale dato essendo certamente tale da escludere l’integrazione del reato contestato per insussistenza del relativo elemento oggettivo. 3. Con requisitoria trasmessa in data 27 novembre 2024 il Procuratore Generale presso gRe. 424 questa Corte, in persona del Sostituto, Dottor COGNOME> COGNOME ha chiesto che il ricorso sia rigettato. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il ricorso è stato discusso in pubblica udienza partecipata, avendone i difensori del ricorrente chiesto tempestivamente la trattazione orale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato.
Tutti i motivi di ricorso sono accomunati da una doglianza di fondo: ossia, che la Corte territoriale, a fronte di specifici motivi di appello riguardanti l’esistenza dell’elemento ogge e dell’elemento soggettivo del delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale, contestato all’imputato in riferimento alle fattispecie di cui ai capi 1 e 3 della rubrica, avrebbe reso motivazione priva di qualsivoglia confronto, men che meno critico, con le ragioni di censura con essi articolati, finendo per rassegnare una motivazione quantomeno gravemente carente.
Ciò posto, questa Corte ha da sempre affermato che la completezza della motivazione di un provvedimento, quanto al suo oggetto, deve essere verificata con riferimento alle questioni effettivamente decise ed a quelle che il giudice avrebbe dovuto, comunque, decidere, avuto riguardo ai punti decisivi della controversia, così come individuati dalla legge o dalle richies delle parti: non può, infatti, considerarsi motivato un provvedimento che non risulti giustifica in tutti i suoi aspetti più significativi, tanto potendo comportare, addirittura, il vizio di motiv assente o inesistente rilevante sotto il profilo della violazione di legge (Sez. 5, n. 6945 09/05/2000, Rv. 216765).
La mancanza della motivazione in ordine a un punto decisivo è, in effetti, un vizio che attiene al rapporto della motivazione con l’oggetto della decisione, di modo che è evidente che, onde verificare se il giudice abbia adempiuto al suo obbligo di pronunciarsi sulle richieste dell parti – in particolare, su quelle articolate con i motivi d’appello, che, individuando un punto de decisione, determinano per il giudice un autonomo dovere decisorio, la cui violazione comporta un vizio di omessa pronuncia – è consentito al giudice di legittimità l’esame dei motivi di appell al fine di valutare la completezza dell’apparato argomentativo della sentenza di secondo grado con riferimento a specifiche doglianze formulate con i motivi di appello e dotate del requisito della decisività (Sez. 5, n. 6945 del 09/05/2000, Rv. 216765).
Esaminato in forza di tale potere il contenuto dei motivi di appello articolat nell’interesse di NOME COGNOME ed apprezzatane la specificità rispetto a decisive questioni riguardanti l’integrazione del delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale, contestata e ritenut a carico dell’imputato in riferimento ai fatti descritti nei predetti capi 1 e 3 della rubrica, o pericolosità in concreto delle condotte distrattive in essi delineate, il loro essere caratteriz da indici di fraudolenza e, con riferimento alle condotte di cui al capo 3, il loro essere st neutralizzate, nella loro valenza offensiva per il bene giuridico tutelata, da condotte reintegrazione del patrimonio sociale della società fallita prima della soglia temporale dell dichiarazione di fallimento, deve riconoscersi che la motivazione rassegnata nella sentenza impugnata risulta effettivamente silente rispetto ai temi dedotti, che sono stati schivati co argomenti che ricalcano quelli spiegati dal primo giudice e che, comunque, risultano di puro genere, in quanto non calibrati sulla specificità delle censure difensive.
I
La sentenza impugnata è, dunque, incorsa nel vizio di mancanza di motivazione, che ricorre, secondo i chiarimenti al riguardo forniti dalla giurisprudenza di questa Corte, non soltan quando vi sia un difetto grafico della stessa, ma anche quando le argomentazioni addotte dal giudice a dimostrazione della fondatezza del suo convincimento siano prive di completezza in relazione a specifiche doglianze formulate dall’interessato con i motivi di appello e dotate de requisito della decisività (Sez. 5, n. 2916 del 13/12/2013, dep. 2014, Rv. 257967; Sez. 6, n. 35918 del 17/06/2009, Rv. 244763; Sez. 2, n. 4830 del 21/12/1994, Rv. 201268); vizio che può essere accertato dal giudice di legittimità attraverso l’esame dei motivi di appello, al fin accertare la congruità e la completezza dell’apparato argomentativo adottato dal giudice di secondo grado con riferimento alle doglianze mosse alla decisione impugnata, rientrando nei compiti attribuiti dalla legge alla Corte di cassazione la disamina della specificità o meno del censure formulate con l’atto d’appello quale necessario presupposto dell’ammissibilità del ricorso proposto davanti alla stessa Corte (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, Rv. 268822).
Ne viene che, avendo la sentenza impugnata confermato la sentenza di condanna pronunciata nei confronti di NOME COGNOME aderendo alle soluzioni prospettate dal primo giudice senza confrontarsi criticamente con gli specifici rilievi censori articolati avverso que con i motivi di appello e senza argomentare sulla loro inconsistenza o non pertinenza, la stessa merita di essere annullata onde consentire al giudice del rinvio di rimediare al rilevato difet motivazionale.
Difetto motivazionale che effettivamente incide su questioni potenzialmente decisive ai fini dell’affermazione di responsabilità del ricorrente, essendo ormai pacifico in seno a giurisprudenza di questa Corte che il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale prefallimentare è un reato di pericolo concreto, in cui l’atto di depauperamento deve risultare idoneo ad esporre a pericolo l’entità del patrimonio della società in relazione alla massa dei creditori e de permanere tale fino all’epoca che precede l’apertura della procedura fallimentare (Sez. 5, n. 17819 del 24/03/2017, Rv. 269562; conf. Sez. 5, n. 50081 del 14/09/2017, Rv. 271437), «sicché, ai fini della prova del reato, il giudice, oltre alla constatazione dell’esistenza del distrattivo, deve valutare la qualità del distacco patrimoniale che ad esso consegue, ossia il suo reale valore economico concretamente idoneo a recare danno ai creditori» (Sez. 5, n. 28941 del 14/02/2024, Rv. 287059). Come anche costituisce approdo interpretativo ormai consolidato quello secondo cui «La bancarotta “riparata” si configura, determinando l’insussistenza dell’elemento materiale del reato, quando la sottrazione dei beni venga annullata da un’attività di segno contrario, che reintegri il patrimonio dell’impresa prima della soglia cronologic costituita dalla dichiarazione di fallimento, non rilevando, invece, il momento di manifestazion del dissesto come limite di efficacia della restituzione» (Sez. 5, n. 4790 del 20/10/2015 dep. 2016, Rv. 266025), annullandosi, in tale guisa, il pregiudizio per i creditori (Sez. 5, n. 577 del 24/11/2017, Rv. 271922; conf. Sez. 5, n. 14932 del 28/02/2023, Rv. 284383).
S’impone, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente ai capi 1 e 3 con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Torino.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente ai capi 1 e 3 con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Torino.
Così deciso il 13/12/2024.