Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 46336 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 46336 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da Procuratore Generale presso la Corte di appello di Catanzaro nel procedimento a carico di: COGNOME NOMECOGNOME nato a Rosarno (RC) il 25/09/1952 COGNOME DomenicoCOGNOME nato a Palmi (RC) il 28/03/1980 COGNOME NOMECOGNOME nato a Cinquefrondi (RC) il 27/04/1984
avverso la sentenza del 20/11/2023 della Corte di appello di Catanzaro visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso; udita l’Avv. NOME COGNOME in sostituzione ex art. 102 cod. proc. pen. dell’Avv. NOME COGNOME difensore di NOME COGNOME che ha concluso per la conferma
della sentenza.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di Appello di Catanzaro, in riforma della sentenza del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Catanzaro emessa 15 marzo 2016, assolveva NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME dai reati di corruzione in atti giudiziari aggravato ex artt. 319 ter e 416 bis.1 cod. pen. e di concorso esterno in associazione mafiosa ex artt. 110 e 416 bis cod. pen., loro rispettivamente ascritti perché il “fatto non sussiste”.
Ha proposto ricorso il Procuratore generale presso la Corte di appello di Catanzaro deducendo – con un unico articolato motivo – la violazione di legge, in relazione agli artt. 319 ter, 416 bis.1 e 416 bis cod. pen., e il vizio di motivazione per omissione e per travisamento della prova.
2.1. La Corte di appello riteneva non sufficientemente provato il teorema accusatorio – secondo cui gli attuali imputati avevano corrotto, avvalendosi della intermediazione di NOME COGNOME, il defunto NOME COGNOME affinchè, in qualità di Giudice relatore componente il collegio del Tribunale del riesame di Reggio Calabria, annullasse l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nei confronti dei predetti – sulla scorta di una lettura parziale ed atomistica del corposo compendio “investigativo”. I Giudici del gravame, nel ritenere le conversazioni – oggetto di captazione telefonica e ambientale – criptiche avevano omesso di porle nella dovuta e necessaria correlazione logica, così da non riuscire ad apprezzare le connessioni tra i vari segmenti della vicenda per cui è processo in violazione della norma di cui all’art. 192 cod. proc. pen.
2.2. Nel dettaglio la Corte distrettuale:
aveva omesso di considerare che – sebbene il Presidente del Collegio avesse designato NOME COGNOME relatore dei ricorsi in materia penale da trattare nel periodo compreso tra il 25 e il 28 agosto del 2009 (ricorsi tra cui figuravano anche quelli de libertate presentati dagli imputati) – era stato il predetto COGNOME a proporsi sua sponte relatore “unico”, ad interloquire con il Presidente senza prima interpellare l’altro giudice a latere e a declinare l’aiuto da quest’ultimo offertogli; – aveva omesso di considerare che il Giusti, all’esito della udienza 27 agosto 2009 (nel corso della quale erano stati trattati i ricorsi per cui è processo), aveva insistito, contrariamente alla prassi in vigore, per il deposito immediato del dispositivo, benchè non fossero ancora scaduti i termini perentori ex lege previsti; – aveva omesso di valutare i numerosi colloqui telefonici intercorsi tra il figlio di NOME COGNOME e l’Avv. COGNOME nel corso dei quali si era discusso del momento “propizio” per depositare i ricorsi de libertate nella Cancelleria del Tribunale del riesame e della necessità di attendere il rientro dalle ferie di “quel giudice”;
aveva offerto una lettura parziale dei colloqui tra il detenuto NOME COGNOME e i familiari che si erano svolti in carcere nei giorni del 25, 28 e 31 agosto 2009, nel corso dei quali il primo si era raccomandato di non presentare i ricorsi al collegio presieduto dalla NOME COGNOME, ma all’altro collegio ove “erano tutti corrotti” e dove c’era “quel giudice”;
non aveva considerato che – sebbene alla data del 14 agosto 2009 i collegi del Tribunale del riesame non fossero ancora formati – la presenza del Giudice COGNOME era certa sin dal precedente 21 luglio 2009 per avere lo stesso cambiato il turno con la collega;
aveva omesso di valutare che il giorno della trattazione dei ricorsi dei COGNOME/COGNOME, persino durante lo svolgimento dell’udienza, i tabulati telefonici avevano registrato un numero significativo di contatti telefonici (dodici) tra il Giudice COGNOME e NOME COGNOME, cugino dei COGNOME ed amico del magistrato; – non aveva considerato che le ordinanze di scarcerazione, redatte dal COGNOME in veste di Giudice relatore, erano state annullate dalla Corte di cassazione per vizio di motivazione per illogicità manifesta ed omissione.
2.3. La Corte di appello aveva travisato il contenuto della conversazione del 5 agosto 2009 – svoltasi in carcere tra il detenuto NOME COGNOME COGNOME, il figlio NOME e il fratello NOME – nel corso della quale era stato esplicito il riferimento all’incontro avvenuto con “NOME COGNOME“, amico del giudice; non aveva preso in considerazione i contatti telefonici intercorsi tra NOME COGNOME e il Giudice COGNOME, registrati nei giorni immediatamente precedenti la indicata conversazione.
2.4. Ed ancora, i Giudici di secondo grado avevano ritenuto non significative sul piano probatorio alcune conversazioni:
quella del 14 agosto 2009, nel corso della quale NOME COGNOME aveva apertis verbis fatto riferimento al cugino “NOME COGNOME” e alla necessità di convocarlo per il tramite di altro cugino per corrispondergli somme di danaro;
quella del 28 luglio 2009 tra il detenuto NOME COGNOME e il genero NOME COGNOME durante la quale il secondo aveva riferito di avere parlato “con quello là sopra …quello di Vibo…l’avvocato di Vibo ..”, essendo chiaro il riferimento a NOME COGNOME, avvocato che viveva a Milano , originario di Vibo Valentia ed amico del magistrato COGNOME;
quelle intercorse tra NOME COGNOME e i suoi familiari, laddove veniva manifestata la preoccupazione che il ricorso venisse depositato nella Cancelleria del collegio di “quel giudice” e di attenderne il rientro dalle ferie;
quelle intrattenute tra i parenti dei COGNOME ( i.e. NOME COGNOME e la figlia NOME), durante le quali esplicito era stato il riferimento al fatto che “il Tribunale della Libertà era tutto manovrato…, che erano stati dati 40 mila euro per
ciascuno degli imputati al Giudice per il tramite dell’Avvocato del Tribunale .·.”, all’intervento di ” NOME… amico del Giudice” ( cfr colloquio del 30 ottobre del 2009) nonché alla notizia dell’accordo corruttivo appresa da NOME COGNOME, nipote di “Minimo”;
-quelle del 24 settembre e del 10 ottobre 2009 nonchè del 6 giugno 2012, quest’ultima particolarmente significativa per avere il detenuto NOME COGNOME COGNOME chiesto la restituzione del prezzo della corruzione.
2.5. Il ricorrente ha, infine, segnalato la omessa valutazione sia delle dichiarazioni rese dal teste Avv. NOME COGNOME che del comportamento tenuto dal COGNOME, a ridosso dell’avvio del procedimento disciplinare a suo carico, essendo stata apertamente esternata la preoccupazione di “finire i giorni in carcere” in ragione della gravità delle vicende occorse al Tribunale della libertà nel corso di quella “maledetta estate”.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
1.1. Secondo la prospettazione del pubblico ministero ricorrente, il dictum cui erano giunti i Giudici di appello- sarebbe in nuce viziato, perchè basato su una lettura, frammentaria e non logica, delle numerose conversazioni telefoniche e in ambientale, oggetto di captazione, e perché deficitario di valutazione di significativi elementi probatori.
I motivi di censura denunciano, sostanzialmente, il vizio di motivazione, per omissione e travisamento della prova ex art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., quest’ultimo configurabile non solo quando si introduca nella motivazione una informazione rilevante che non esiste nel processo, ma anche quando si ometta la valutazione di una prova decisiva ai fini della pronuncia (Sez. 2, n. 47035 del 03/10/2013, Giugliano, Rv. 257499).
1.2. Ed effettivamente – come emerge dal raffronto tra l’apparato argomentativo posto a fondamento del dictum di assoluzione, il corpo motivazionale che sorregge la sentenza di condanna di primo grado e le articolate ragioni di censura poste a base del presente ricorso – numerosi e rilevanti sono i deficit logici e i vulnus motivazionali che inficiano la sentenza di appello.
Al cospetto di una sentenza di condanna, nella quale il Giudice della udienza preliminare aveva meticolosamente passato in rassegna il corposo compendio probatorio, scrutinato nel dettaglio le informazioni “investigative” raccolte, collegato – in modo conseguenziale e logico- le fonti di prova e il loro contenuto, la Corte distrettuale – adducendo semplicisticamente la scarsa decifrabilità e la
frammentarietà dei colloqui oggetto di captazione – ha offerto una lettura parcellizzata dei gravi fatti in contestazione.
Nel superare le articolate valutazioni espresse dal primo Giudice, la Corte di appello ha omesso,di considerare e valutare in maniera adeguata informazioni di rilevante peso probatorio ed ha privilegiato una interpretazione atomistica del compendio “investigativo”, tralasciando elementi fattuali e dati oggettivi, pure valorizzati nella sentenza di condanna di primo grado, richiamati in ricorso ed emergenti ex actis.
Un primo significativo vulnus motivazionale si riscontra nella mancata valutazione del comportamento complessivamente assunto nel corso dell’intera vicenda per cui è processo dal defunto Giudice NOME COGNOME che – secondo l’accusa – aveva ricevuto la somma di centoventimila euro in contanti dagli attuali imputati per “pilotare” la decisione del Tribunale della libertà e procedere alla rimessione in libertà dei predetti, in vinculis a seguito del provvedimento di fermo del 20 luglio 2009.
2.1. La Corte di appello (pagg. 14 e ss) – per segnalare l’assoluta “normalità della vicenda e l’assenza di anomalie nel comportamento del Giusti nel momento in cui occorreva assegnare i ricorsi de libertate presentati nell’interesse dei COGNOME e del COGNOME – evidenziava come il magistrato avesse effettuato il cambio di turno estivo con la collega COGNOME su istanza della stessa e in tempi non sospetti (ovvero prima del provvedimento di fermo a carico dei COGNOME e del COGNOME).
2.2. Nondimeno, i Giudici di appello, nell’operare tale valutazione, non si sono confrontati – adeguatamente e congruamente – con una serie di dati oggettivi, emergenti ex actis: a) il dott. COGNOME aveva sua sponte proposto alla Presidente del collegio di essere designato “unico” giudice relatore dei ricorsi urgenti in materia penale da discutere tra il 25 e il 31 agosto (tra cui vi rientravano anche quelli relativi agli imputati); b) nel presentare la richiesta aveva riferito – contrariamente al vero – di avere già interloquito con il terzo componente del collegio ed aveva declinato l’aiuto offertogli dal giudice a latere nello studio dei fascicoli; c) il giorno della udienza, in cui erano stati trattati i ricorsi de libertate presentati dai COGNOME/COGNOME, il COGNOME aveva insistito per il deposito immediato dei dispositivi, contrariamente alla prassi adottata dal Tribunale della Libertà, benchè non fosse ancora scaduto il termine ex lege previsto e quindi il collegio potesse con maggiore ponderazione soffermarsi sulla valutazione delle questioni dedotti con i ricorsi; d) sempre il giorno della udienza, anche durante lo svolgimento della stessa, il predetto COGNOME aveva contattato, per dodici volte, l’amico NOME COGNOME, i.e. il “NOME” citato nei colloqui, cugino dei COGNOME, originario di Vibo Valentia e residente a Milano, che secondo l’accusa avrebbe fatto da tramite tra gli imputati
e il magistrato; e) ed infine, sempre il Giusti aveva disposto la rimessione in libertà degli imputati con provvedimenti annullati con rinvio dalla Corte di cassazione per vizio di motivazione per illogicità manifesta e per omissione.
Analogamente, inoltre, la Corte di appello ha interpretato, in una chiave di lettura riduttiva e, soprattutto, non logicamente compatibile con quanto emerso aliunde, il comportamento assunto dal magistrato in seguito all’annullamento dei provvedimenti di scarcerazione e all’avvio innanzi al C.S.M. del procedimento disciplinare a suo carico.
3.1 Nel corso delle numerose conversazioni telefoniche, oggetto di captazione, intercorse tra il COGNOME, i familiari dello stesso (sorella e moglie) nonché l’amico NOME COGNOME, il predetto magistrato non aveva semplicemente esternato la preoccupazione – “fisiologica” ed anche comprensibile – per la spiacevole situazione in cui si era venuto a trovare, ma aveva anche espressamente palesato forte e viva apprensione di finire i suoi giorni in carcere per quanto accaduto nel corso di quella “maledetta estate”.
Il percorso argomentativo seguito dalla Corte distrettuale non convince perché lacunoso e privo dei necessari collegamenti logici tra le numerose informazioni raccolte e versate in atti, nemmeno nella parte in cui è stato neutralizzato il peso probatorio delle conversazioni intercorse tra gli imputati e i familiari, vieppiù al cospetto dì una lettura “sinottica” offerta dalla sentenza di primo grado.
4.1. Secondo i Giudici del gravame, la conversazione del 5 agosto 2009 – tra il detenuto NOME COGNOME COGNOME, il figlio NOME e il fratello NOME – non consentiva di identificare in NOME COGNOME la persona di “NOME… coso…” “…amico del giudice..”, che aveva garantito l’incontro con il Giudice per discutere della situazione detentiva del NOME.
Nondimeno, tale conclusione non si è confrontata con i dati offerti dai tabulati telefonici da cui emergevano sia alcuni contatti telefonici tra NOME COGNOME e il magistrato COGNOME nei giorni immediatamente precedenti a tale conversazione, sia la circostanza che i due interlocutori si trovassero tra la provincia di Vibo e di Reggio Calabria, in luoghi poco distanti. Inoltre, è evidente la indebita sovrapposizione da parte dei Giudici di appello là dove – nella interpretazione della conversazione del 5 agosto 2009- ritenevano che “NOME COGNOME” e”Mímmo …coso”, pur essendo persone diverse, fossero tuttavia coinvolte nella stessa vicenda relativa alla questione del conferimento del mandato difensivo in favore dell’Avv. COGNOME subentrato nella difesa del COGNOME a seguito del rifiuto dell’Avv. COGNOME.
4.2. Sempre in relazione alla vicenda Gallo, la Corte distrettuale ha completamente omesso di valutare il colloquio del 6 giugno 2012, già ritenuto dal
primo giudice un tassello significativo nella esatta ricostruzione e comprensione della vicenda in esame. Nel corso di tale conversazione, il detenuto NOME COGNOME COGNOME nuovamente in vinculis a seguito dell’annullamento in cassazione dei provvedimenti redatti dal magistrato COGNOME aveva sollecitato con insistenza i figli affinché si rivolgessero a NOME COGNOME per ottenere dal fratello, “NOME” (le. NOME COGNOME), la restituzione della somma di quarantaduemila euro: somma che – secondo quanto emerso dalla conversazione del 30 ottobre 2009 tra NOME COGNOME e NOME COGNOME costituiva parte dell’importo della corruzione.
Analoghe carenze motivazionali investono la valutazione della conversazione del 30 ottobre 2009 (cfr pagg. 19 e ss della sentenza di appello): per i Giudici di appello la notizia – secondo cui gli imputati avevano versato per il tramite “dell’Avvocato di Vibo…”la somma di quarantamila euro pro capite al giudice COGNOME per essere scarcerati – non era attendibile non potendo risalirsi con certezza alla fonte.
5.1. Nondimeno, nel formulare la valutazione di inaffidabilità della informazione probatoria, la Corte distrettuale non si è adeguatamente confrontata con ulteriori elementi fattuali che il Giudice di primo grado aveva invece valorizzato.
Ed invero, la notizia dell’accordo corruttivo era stata appresa da NOME COGNOME nel corso del matrimonio di tale NOME COGNOME al quale aveva partecipato anche NOME COGNOME, amico del COGNOME e nipote di NOME COGNOME.
In secondo luogo, la Corte distrettuale non ha fornito alcuna spiegazione in merito alla reazione di NOME COGNOME il quale – nell’apprendere la notizia del pactum sceleris non solo non aveva manifestato stupore, ma anzi aveva identificato immediatamente “l’Avvocato del Tribunale della libertà di Vibo” in NOME COGNOME ed aveva evocato expressis verbis il rapporto di amicizia di costui con il magistrato COGNOME.
5.2. I Giudici del gravame hanno poi omesso ogni tipo di valutazione sulle gravi affermazioni della COGNOME (che per quanto si dirà infra sono sovrapponibili a quanto emerso da alcune conversazioni captate in carcere), la quale, sempre nel corso di tale colloquio, aveva riferito di avere appreso in occasione del matrimonio dell’COGNOME che “il Tribunale della libertà era tutto manovrato” e che il giudice COGNOME era all’oscuro della analoga situazione detentiva in cui si trovava la COGNOME (unica effettivamente a non essere stata scarcerata)
Non supportate da congrua motivazione, perché frutto di una visione atomistica del quadro probatorio, sono le ulteriori argomentazioni spese dalla
Corte di appello sulla impossibilità di identificare in NOME COGNOME il “NOME” e/o “l’Avvocato del Tribunale della libertà di Vibo “. Anche sotto tale profilo la Corte distrettuale non si è confrontata con il fatto che gli interlocutori avevano fatto esplicito riferimento a “NOME” cugino dei COGNOME e al fatto che NOME COGNOME era avvocato, viveva a Milano, era natio di Vibo Valentia ed era amico del magistrato COGNOME.
Detti elementi andavano necessariamente confrontati tra loro e valutati seppure al solo fine di confutare la tesi accusatoria e superare le diverse valutazioni espresse dal giudice di prime cure.
Censurabile deve ritenersi, per le medesime ragioni, anche l’ulteriore affermazione resa dai Giudici di appello, secondo cui le conversazioni – intervenute tra i COGNOME e captate tra il 25 e il 31 luglio del 2009 – lasciavano trapelare solo la preoccupazione di non depositare il ricorso al Tribunale della libertà, quando era di turno il giudice dott.ssa COGNOME magistrato irreprensibile e che avrebbe sicuramente disatteso ogni istanza di rimessione in libertà.
7.1. Anche in relazione a tale segmento della vicenda, il percorso motivazionale seguito dalla Corte distrettuale è affetto da insuperabili criticità logiche. Nel corso delle indicate conversazioni, è costante e inequivoco il riferimento: a) all’avvocato di Vibo che avrebbe dovuto interessarsi perché aveva amicizie importati con un giudice; b) alla necessità di accertare la presenza di “quel c) alla necessità di depositare (affermazione questa
giudice”, “con cui avevano probabilità di successo”; il ricorso all’altra sezione dove “erano tutti corrotti” perfettamente sovrapponibile a quella resa da NOME COGNOME).
7.2. Ed ancora, secondo i Giudici di appello la presenza del magistrato COGNOME nei collegi feriali era solo una evenienza meramente ipotetica e comunque non nota agli imputati, dal momento che il 14 agosto 2009 non erano stati ancora designati i giudici che avrebbero composto la sezione feriale.
Tale chiave di lettura, tuttavia, non è logicamente conciliabile con il resto del compendio probatorio: il provvedimento di fermo dei COGNOME/COGNOME risaliva al 22 luglio del 2009 e il COGNOME aveva cambiato il turno feriale con la collega già alla data del 21 luglio 2009. Pertanto, già dalla seconda decade del mese di luglio il magistrato era perfettamente consapevole che avrebbe composto i collegi del Tribunale del riesame a partire dalla seconda metà del mese di agosto in poi.
Le numerose criticità motivazionali segnalate / poste in relazione a tutti i dati processuali – trascurati dalla decisione impugnata – rendono necessario un nuovo esame di merito, finalizzato alla compiuta analisi del compendio probatorio in modo da eliminare i vizi rilevati, anche alla luce delle emergenze favorevoli agli
imputati messe in risalto nei rispettivi atti di appello, dei quali dovranno dunque essere esaminate le doglianze.
P. Q. M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Catanzaro
Così deciso il 24/10/2024.