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Vizio di motivazione: annullata condanna per droga

La Corte di Cassazione ha annullato una condanna per detenzione di stupefacenti a causa di un grave vizio di motivazione da parte della Corte d’Appello. La sentenza impugnata non aveva adeguatamente considerato che la cantina, luogo del ritrovamento della droga, era accessibile a terzi. La Corte ha ritenuto il ragionamento del giudice di secondo grado illogico e contraddittorio. Parallelamente, è stata annullata senza rinvio la condanna per un reato di furto, estinto per remissione di querela.

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Pubblicato il 26 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Vizio di motivazione: la Cassazione annulla la condanna

Una recente sentenza della Corte di Cassazione Penale (n. 37249/2025) offre un chiaro esempio di come un vizio di motivazione possa portare all’annullamento di una condanna. Il caso riguarda un imputato condannato in appello per detenzione di stupefacenti e furto. La Suprema Corte ha ribaltato la decisione, evidenziando le lacune logiche nel ragionamento dei giudici di merito.

I fatti del processo

L’imputato era stato condannato dalla Corte d’Appello di Bologna per due distinti reati:

1. Capo C): L’illecita detenzione di 9,1 grammi di marijuana, rinvenuti nella cantina di pertinenza della sua abitazione.
2. Capo D): Un reato di furto.

In appello, l’imputato era già stato assolto da un’altra accusa (capo B) per insussistenza del fatto. Tuttavia, la sua condanna per i capi C) e D) era stata confermata. L’imputato ha quindi proposto ricorso per Cassazione, lamentando diversi punti.

I motivi del ricorso e il vizio di motivazione

Il ricorso si concentrava principalmente su due aspetti. Per quanto riguarda il reato di furto (capo D), la difesa ha evidenziato l’intervenuta remissione di querela da parte della persona offesa, un atto che, per i reati divenuti nel frattempo procedibili a querela, estingue il reato.

Per il reato di detenzione di stupefacenti (capo C), la difesa ha sollevato un punto cruciale: la mancanza di prove certe che attribuissero la sostanza all’imputato. Dalle testimonianze era emerso che la cantina, dove la droga era stata trovata, era facilmente accessibile a chiunque, non era chiusa a chiave e in passato era stata teatro di altri furti. Mancava, quindi, la prova della sicura attribuibilità della marijuana all’imputato.

Le motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, sebbene con esiti diversi per i due reati.

Per il reato di furto (capo D), la Corte ha semplicemente preso atto della remissione di querela, debitamente accettata dall’imputato. Di conseguenza, ha annullato la sentenza senza rinvio, dichiarando il reato estinto.

La parte più interessante riguarda la detenzione di stupefacenti. La Cassazione ha ravvisato un grave vizio di motivazione nella sentenza della Corte d’Appello. I giudici di secondo grado, per superare il problema dell’accessibilità della cantina a terzi, avevano argomentato in modo ritenuto dalla Suprema Corte ‘apodittico’ e ‘contraddittorio’. Avevano infatti affermato che non era emerso che i familiari dell’imputato avessero contatti con il mondo dello spaccio, ‘come invece risulta per l’imputato’.

Questa motivazione è stata giudicata illogica per due ragioni:

1. Era contraddittoria: La stessa Corte d’Appello aveva assolto l’imputato dall’accusa di spaccio (capo B). Affermare quindi che egli avesse contatti con quel mondo, usandolo come elemento per condannarlo per la detenzione, creava una palese contraddizione interna alla sentenza.
2. Era carente: Non affrontava il vero punto sollevato dalla difesa, ovvero che chiunque, e non solo i familiari, poteva accedere alla cantina e avervi lasciato la sostanza.

Questo difetto nel percorso logico-giuridico ha reso la motivazione della condanna insufficiente e viziata, imponendone l’annullamento.

Conclusioni

La sentenza in esame ribadisce un principio fondamentale del nostro ordinamento processuale: ogni condanna deve essere supportata da una motivazione logica, coerente e completa. Non basta l’esistenza di un sospetto, ma è necessaria la prova certa della responsabilità penale dell’imputato, al di là di ogni ragionevole dubbio. Un vizio di motivazione, come quello riscontrato in questo caso, mina le fondamenta stesse della decisione del giudice e impone alla Corte di Cassazione di annullarla, rinviando gli atti a un nuovo giudice per una più corretta e approfondita valutazione dei fatti.

Cosa significa ‘vizio di motivazione’ in una sentenza?
Significa che il ragionamento logico-giuridico del giudice è difettoso. La motivazione può essere mancante, palesemente illogica o contraddittoria, rendendo la decisione invalida e soggetta ad annullamento da parte della Corte di Cassazione.

Perché la condanna per detenzione di droga è stata annullata in questo caso?
La condanna è stata annullata a causa di un vizio di motivazione. La Corte d’Appello non ha adeguatamente considerato che la cantina era accessibile a chiunque e ha basato la colpevolezza su un’argomentazione contraddittoria rispetto a un’altra decisione presa nella stessa sentenza (l’assoluzione per spaccio).

Cosa accade se la vittima di un furto ritira la querela?
Se il reato è procedibile a querela di parte (come il furto in molte sue forme), la remissione (ritiro) della querela, se accettata dall’imputato, comporta l’estinzione del reato. Di conseguenza, il processo si conclude con un annullamento della condanna e la chiusura del caso per quel reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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