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Vizio di mente: quando un disturbo è infermità?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 1037/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’imputata condannata per lesioni aggravate. La Corte ha chiarito che un disturbo della personalità non integra automaticamente un vizio di mente. Per escludere o diminuire l’imputabilità, è necessario che il disturbo sia grave e incida concretamente sulla capacità di intendere e di volere, con un nesso diretto con il reato commesso, condizioni non riscontrate nel caso di specie.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Vizio di Mente e Disturbi della Personalità: La Cassazione Traccia i Confini

L’ordinanza n. 1037/2024 della Corte di Cassazione offre un’importante occasione per approfondire il complesso tema del vizio di mente nel diritto penale, specialmente quando legato ai disturbi della personalità. La Suprema Corte, nel dichiarare inammissibile un ricorso, ha ribadito i rigorosi criteri necessari affinché un’anomalia psichica possa effettivamente incidere sull’imputabilità di un soggetto. Questa pronuncia chiarisce la distinzione tra un disturbo diagnosticato e una condizione di infermità penalmente rilevante.

Il Caso in Esame

Una donna veniva condannata in primo e secondo grado per il reato di lesioni personali aggravate. La difesa decideva di ricorrere in Cassazione, basando la propria strategia su due argomenti principali:

1. Il presunto vizio di mente, totale o parziale, dell’imputata al momento del fatto, che avrebbe dovuto escludere o ridurre la sua responsabilità penale.
2. La richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, ex art. 131-bis c.p., che i giudici di merito avevano negato.

L’imputata sosteneva che il suo stato psicologico rientrasse nel concetto di “infermità”, tale da compromettere la sua capacità di intendere e di volere al momento della commissione del reato.

La Valutazione del Vizio di Mente secondo la Cassazione

La Corte ha ritenuto il motivo di ricorso relativo al vizio di mente manifestamente infondato. I giudici di legittimità hanno osservato come i tribunali di merito avessero già accertato, con una motivazione solida, la piena capacità dell’imputata. Tale valutazione si fondava su due pilastri probatori:

* Le testimonianze di chi aveva assistito ai fatti.
* Una consulenza medico-legale che attestava la piena capacità di intendere e di volere della donna.

La Cassazione ha colto l’occasione per richiamare il proprio consolidato orientamento giurisprudenziale. Secondo la Corte, nel concetto di “infermità” possono rientrare anche i disturbi della personalità e altre anomalie psichiche, ma solo a condizioni molto precise. Tali disturbi devono avere una consistenza, intensità e gravità tali da incidere concretamente sulla capacità di intendere e di volere, escludendola o facendola scemare grandemente. Inoltre, è indispensabile dimostrare un nesso eziologico, ovvero un legame di causa-effetto, tra il disturbo mentale e la specifica condotta criminosa.

Il Diniego della Particolare Tenuità del Fatto

Anche la seconda censura, relativa alla mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p., è stata giudicata infondata e generica. La Suprema Corte ha ricordato che la valutazione sulla particolare tenuità del fatto richiede un’analisi complessa di tutte le peculiarità del caso concreto, come le modalità della condotta e il grado di colpevolezza. Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva correttamente rigettato l’istanza evidenziando, sulla base delle risultanze processuali, che l’imputata non era nuova a comportamenti analoghi a quello per cui era stata condannata. Questo elemento ostacolava il riconoscimento della tenuità del fatto, che presuppone un comportamento non abituale.

Le Motivazioni

La decisione della Corte si fonda su un principio cardine del diritto penale: la responsabilità personale. Per escludere l’imputabilità, non è sufficiente la mera diagnosi di un disturbo della personalità o la presenza di stati emotivi e passionali. La legge richiede che tale condizione si traduca in una vera e propria “infermità” che annulli o riduca drasticamente le facoltà cognitive e volitive del soggetto in relazione al reato commesso. La motivazione dei giudici di merito è stata considerata completa e logica, in quanto ha basato il giudizio di piena capacità su elementi concreti e non su mere congetture. La decisione di inammissibilità riflette la volontà della Cassazione di non trasformare il giudizio di legittimità in un terzo grado di merito, ma di limitarsi a verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza della motivazione della sentenza impugnata.

Conclusioni

L’ordinanza in esame conferma che la strada per ottenere il riconoscimento del vizio di mente a causa di un disturbo della personalità è stretta e rigorosamente delimitata dalla giurisprudenza. È necessario un accertamento probatorio approfondito che dimostri non solo l’esistenza del disturbo, ma anche la sua gravità e, soprattutto, il suo impatto determinante sulla specifica azione criminale. La decisione ribadisce, inoltre, che la valutazione sulla tenuità del fatto non può prescindere da un’analisi complessiva della condotta dell’imputato, includendo eventuali comportamenti precedenti che ne delineino la personalità e il grado di pericolosità sociale.

Un disturbo della personalità può sempre essere considerato un vizio di mente che esclude la punibilità?
No. Secondo la Corte, i disturbi della personalità possono rientrare nel concetto di “infermità” solo se sono di consistenza, intensità e gravità tali da incidere concretamente sulla capacità di intendere e di volere, e solo se esiste un nesso causale diretto tra il disturbo e la condotta criminosa.

Cosa valuta il giudice per decidere se applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
Il giudice compie una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità del caso, considerando le modalità della condotta, il grado di colpevolezza e l’entità del danno o del pericolo. Inoltre, viene considerato se il comportamento dell’imputato sia o meno abituale.

Quali elementi hanno utilizzato i giudici per escludere il vizio di mente in questo caso specifico?
I giudici hanno basato la loro decisione sulla piena capacità di intendere e di volere dell’imputata basandosi sulle testimonianze di chi ha assistito ai fatti e sui risultati di una consulenza medico-legale che attestava la sua piena capacità al momento del reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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