Vizio di Mente e Disturbi della Personalità: La Cassazione Traccia i Confini
L’ordinanza n. 1037/2024 della Corte di Cassazione offre un’importante occasione per approfondire il complesso tema del vizio di mente nel diritto penale, specialmente quando legato ai disturbi della personalità. La Suprema Corte, nel dichiarare inammissibile un ricorso, ha ribadito i rigorosi criteri necessari affinché un’anomalia psichica possa effettivamente incidere sull’imputabilità di un soggetto. Questa pronuncia chiarisce la distinzione tra un disturbo diagnosticato e una condizione di infermità penalmente rilevante.
Il Caso in Esame
Una donna veniva condannata in primo e secondo grado per il reato di lesioni personali aggravate. La difesa decideva di ricorrere in Cassazione, basando la propria strategia su due argomenti principali:
1. Il presunto vizio di mente, totale o parziale, dell’imputata al momento del fatto, che avrebbe dovuto escludere o ridurre la sua responsabilità penale.
2. La richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, ex art. 131-bis c.p., che i giudici di merito avevano negato.
L’imputata sosteneva che il suo stato psicologico rientrasse nel concetto di “infermità”, tale da compromettere la sua capacità di intendere e di volere al momento della commissione del reato.
La Valutazione del Vizio di Mente secondo la Cassazione
La Corte ha ritenuto il motivo di ricorso relativo al vizio di mente manifestamente infondato. I giudici di legittimità hanno osservato come i tribunali di merito avessero già accertato, con una motivazione solida, la piena capacità dell’imputata. Tale valutazione si fondava su due pilastri probatori:
* Le testimonianze di chi aveva assistito ai fatti.
* Una consulenza medico-legale che attestava la piena capacità di intendere e di volere della donna.
La Cassazione ha colto l’occasione per richiamare il proprio consolidato orientamento giurisprudenziale. Secondo la Corte, nel concetto di “infermità” possono rientrare anche i disturbi della personalità e altre anomalie psichiche, ma solo a condizioni molto precise. Tali disturbi devono avere una consistenza, intensità e gravità tali da incidere concretamente sulla capacità di intendere e di volere, escludendola o facendola scemare grandemente. Inoltre, è indispensabile dimostrare un nesso eziologico, ovvero un legame di causa-effetto, tra il disturbo mentale e la specifica condotta criminosa.
Il Diniego della Particolare Tenuità del Fatto
Anche la seconda censura, relativa alla mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p., è stata giudicata infondata e generica. La Suprema Corte ha ricordato che la valutazione sulla particolare tenuità del fatto richiede un’analisi complessa di tutte le peculiarità del caso concreto, come le modalità della condotta e il grado di colpevolezza. Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva correttamente rigettato l’istanza evidenziando, sulla base delle risultanze processuali, che l’imputata non era nuova a comportamenti analoghi a quello per cui era stata condannata. Questo elemento ostacolava il riconoscimento della tenuità del fatto, che presuppone un comportamento non abituale.
Le Motivazioni
La decisione della Corte si fonda su un principio cardine del diritto penale: la responsabilità personale. Per escludere l’imputabilità, non è sufficiente la mera diagnosi di un disturbo della personalità o la presenza di stati emotivi e passionali. La legge richiede che tale condizione si traduca in una vera e propria “infermità” che annulli o riduca drasticamente le facoltà cognitive e volitive del soggetto in relazione al reato commesso. La motivazione dei giudici di merito è stata considerata completa e logica, in quanto ha basato il giudizio di piena capacità su elementi concreti e non su mere congetture. La decisione di inammissibilità riflette la volontà della Cassazione di non trasformare il giudizio di legittimità in un terzo grado di merito, ma di limitarsi a verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza della motivazione della sentenza impugnata.
Conclusioni
L’ordinanza in esame conferma che la strada per ottenere il riconoscimento del vizio di mente a causa di un disturbo della personalità è stretta e rigorosamente delimitata dalla giurisprudenza. È necessario un accertamento probatorio approfondito che dimostri non solo l’esistenza del disturbo, ma anche la sua gravità e, soprattutto, il suo impatto determinante sulla specifica azione criminale. La decisione ribadisce, inoltre, che la valutazione sulla tenuità del fatto non può prescindere da un’analisi complessiva della condotta dell’imputato, includendo eventuali comportamenti precedenti che ne delineino la personalità e il grado di pericolosità sociale.
Un disturbo della personalità può sempre essere considerato un vizio di mente che esclude la punibilità?
No. Secondo la Corte, i disturbi della personalità possono rientrare nel concetto di “infermità” solo se sono di consistenza, intensità e gravità tali da incidere concretamente sulla capacità di intendere e di volere, e solo se esiste un nesso causale diretto tra il disturbo e la condotta criminosa.
Cosa valuta il giudice per decidere se applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
Il giudice compie una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità del caso, considerando le modalità della condotta, il grado di colpevolezza e l’entità del danno o del pericolo. Inoltre, viene considerato se il comportamento dell’imputato sia o meno abituale.
Quali elementi hanno utilizzato i giudici per escludere il vizio di mente in questo caso specifico?
I giudici hanno basato la loro decisione sulla piena capacità di intendere e di volere dell’imputata basandosi sulle testimonianze di chi ha assistito ai fatti e sui risultati di una consulenza medico-legale che attestava la sua piena capacità al momento del reato.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 1037 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 1037 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a NAPOLI il 20/12/1983
avverso la sentenza del 04/10/2022 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
– che NOME ricorre per cassazione, a mezzo del difensore, articolando un solo motivo a più censure, avverso la sentenza della Corte di Appello di Napoli in data 4 ottobre 2022, che ha confermato la condanna inflittale per il delitto di cui agli artt. 582 e 585, comma 2, n. 2, pen. (fatto commesso in Castel Volturno il 12 luglio 2015);
CONSIDERATO IN DIRITTO
– che il proposto motivo, con il quale la ricorrente si duole della mancata applicazione dell’ 88 cod. pen. ovvero, in subordine, della diminuente prevista dall’art. 89 cod. pen., manifestamente infondato, posto che entrambi i giudici di merito hanno ritenuto sussistere al momento del fatto la capacità di intendere e di volere dell’imputata: tanto, sia sulla base de testimonianze di chi aveva assistito ai fatti, sia sulla base della consulenza medico-lega attestante la piena capacità di intendere e di volere dell’imputata stessa (vedasi pag. 3 del sentenza impugnata); conclusione, questa, corroborata dagli approdi della giurisprudenza di legittimità, secondo cui, « In tema di imputabilità, ai fini del riconoscimento del vizio to parziale di mente, possono rientrare nel concetto di “infermità” anche i disturbi della personal o comunque tutte quelle anomalie psichiche non inquadrabili nel ristretto novero delle malattie mentali, purché siano di consistenza, intensità e gravità tali da incidere concretamente sull capacità di intendere e di volere, escludendola o facendola scemare grandemente, e sussista un nesso eziologico tra disturbo mentale e condotta criminosa, mentre nessun rilievo deve riconoscersi ad altre anomalie caratteriali o alterazioni o disarmonie della personalità prive caratteri predetti, nonché agli stati emotivi e passionali che non si inseriscano, eccezionalment in un quadro più ampio di infermità.» (Sez. 1, n. 35842 del 16/04/2019, Rv. 276616);
– che l’ulteriore censura, volta a contestare il diniego della causa di non punibilità ex art. 13 cod. pen., è manifestamente infondata oltre che generica, posto che, per il diritto vivente, ai fi configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fat sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, comma 1, cod. pen., delle modalità dell del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo (Sez. U, del 25/02/2016, Rv. 266590), anche se non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di va previsti, essendo sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti (Sez. 7, n. 10481 d Rv. 283044), come accaduto nel caso di specie (vedasi pag. 4 della sentenza impugnata, in Corte territoriale ha rigettato l’istanza di applicazione della causa di non punibilità del tenuità del fatto anche al lume delle risultanze dibattimentali, che davano conto di come non fosse affatto nuova a comportamenti come quello oggetto del presente giudizio);
– ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con cond ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favo Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento dell processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 13 dicembre 2023
Il consigliere estensore
Il Presidente