Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 32939 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 32939 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 23/01/2024 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore NOME AVV_NOTAIO, il quale ha chiesto dichiararsi la inammissibilità del ricorso.
Letta la memoria difensiva del ricorrente COGNOME, in persona dell’AVV_NOTAIO, la quale ha chiesto l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.COGNOME ricorre avverso la sentenza in epigrafe che ha confermato la decisione del Tribunale d Teramo che lo aveva riconosciuto responsabile del reato di cessione continuata di sostanza stupefacente in favore di COGNOME NOME NOME Martinsicuro in epoca antecedente al 26 gennaio 2021 e lo aveva condannato alla pena di giustizia.
L’affermazione di responsabilità era fondata sugli accertamenti eseguiti dalla polizia giudiziaria presso l’abitazione nella quale l’imputato, unitamente ad altri soggetti di nazionalità tunisina, procedevano al confezionamento e alla cessione di stupefacenti di diversa tipologia, nonché dall’esame della utenza telefonica di cui si assumeva la disponibilità in capo a COGNOME da cui emergevano i contatti con i clienti e dalle sommarie informazioni rese da COGNOME NOME in relazione ai contatti con l’imputato e alla frequenza degli acquisti di stupefacente da questi effettuati per circa tre quattro mesi presso la suddetta abitazione.
Nel confermare il giudizio di responsabilità del prevenuto, a fronte di impugnazione concernente soltanto il trattamento sanzionatorio, il giudice distrettuale dava atto che erano stati presentati motivi aggiunti mediante memoria difensiva tardivamente depositata, di talchè gli stessi non potevano essere esaminati.
La difesa di NOME COGNOME ha proposto tre motivi di ricorso.
2.1 Con il primo deduce violazione di legge in relazione agli art.191, 62 e 63 cod.proc.pen. per essere stata utilizzata ai fini della decisione una prova illegittimamente acquisita, in quanto la riconducibilità dell’utenza telefonica all’imputato, come emergeva dal verbale di perquisizione, era stata desunta dalle dichiarazioni assunte dallo stesso imputato in violazione delle regole di cui agli art.62 e 63 cod.proc.pen.
2.2 Con una seconda articolazione assume violazione di legge, anche processuale, in quanto l’accertamento urgente sulla utenza telefonica relativa alla estrapolazione dei dati e dei messaggi whatsapp ivi contenuti era intervenuta in violazione delle disposizioni di cui agli artt.354, 356 cod.proc.pen. e 114 disp.att. cod.proc.pen., negando all’indagato il diritto di farsi assistere da un difensore di fiducia.
2.3 Con il terzo motivo di ricorso deduce violazione di legge processuale in quanto l’accertamento sullo stupefacente in sequestro era intervenuto in violazione degli artt. 360 e 178 cod.proc.pen. in relazione al rispetto delle forme per
l’esecuzione di accertamenti tecnici non ripetibili e cioè in assenza degli avvisi alla parte e al suo difensore dell’ora e del luogo dell’accertamento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 thema decidendum introdotto nei motivi nuovi proposti nel giudizio di appello afferisce alla asserita deducibilità delle relative questioni processuali in qualunque stato e grado del procedimento e pertanto anche nel presente giudizio di legittimità, trattandosi di nullità o di inutilizzabilità patologiche rilevabili di u e assolutamente insanabili.
La prospettazione difensiva è manifestamente infondata in quanto in contrasto con la costante giurisprudenza di legittimità sul punto e le relative deduzioni devono essere dichiarate inammissibili. 3. In relazione alla estrapolazione dei dati dalla utenza telefonica in uso al BEN ALI la circostanza che sia stato l’indagato a riferire alla PG di essere titolare della utenza telefonica non integra nella specie alcuna ipotesi di inutilizzabilità patologica che violi il divieto di cui all’art.191 comma 2 cod.proc.pen. in presenza di prove illegittimamente acquisite, atteso che nel giudizio abbreviato sono utilizzabili a fini di prova le dichiarazioni spontanee rese dalla persona sottoposta alle indagini alla polizia giudiziaria, perchè l’art. 350, comma 7, cod. proc. pen. ne limita l’inutilizzabilità esclusivamente al dibattimento (sez.5, n.32015 del 15/03/2018, COGNOME, Rv.273642; sez.3, n.20466 del 3/04/2019, S., Rv.275752; sez.1, n.15197 del 8/11/2019, COGNOME, Rv.279125). Va inoltre considerato come la riconducibilità della utenza telefonica al BEN ALI, alla stregua di quanto indicato nella sentenza di primo grado, venne accertata sulla base di una serie di elementi indiziari rappresentati dal fatto che il telefono e lo stupefacente si trovavano all’interno della stanza in uso al BEN ALI unitamente al portafoglio di questi e che dalle sommarie informazioni rese da COGNOME NOME, che si riforniva da un tunisino presso l’abitazione in cui venne operato l’arresto del prevenuto, il contatto con la utenza telefonica rinvenuta nell’appartamento era salvato sotto il nome NOME che era appunto il nome del prevenuto e aveva altresì fornito la descrizione dell’imputato, di talchè le eventuali ammissioni rese dall’indagato alle forze dell’ordine in sede di perquisizione domiciliari, non risultavano affatto decisive per risalire alla disponibilità i capo al prevenuto dall’utenza predetta. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
3.1 Manifestamente infondato è altresì il secondo motivo di ricorso con cui si assume la inutilizzabilità degli accertamenti urgenti eseguiti dalla PG, ai sensi degli artt.354 e 356 cod.proc.pen., sull’utenza telefonica del BEN ALI in ragione del mancato assolvimento dell’obbligo dell’avviso di cui all’art.114 disp.att. cod.proc.pen. Trattasi invero di vizio che determina una ipotesi di nullità a regime
intermedio la quale andava dedotta, a pena di decadenza, ai sensi degli artt. 180 e 182 comma 2 cod.proc.pen. non oltre la data della pronuncia della sentenza di primo grado, trattandosi di violazione intervenuta nel corso delle indagini preliminari, la quale risulta altresì sanata a seguito della richiesta di definizione del procedimento con il rito abbreviato (sez.4, n.44962 del 4/11/2021, COGNOME, Rv.282245; n.40550 del 3/11/2021, COGNOME, Rv.282062).
Il terzo motivo di ricorso risulta del tutto privo di autosufficienza nella parte in cui assume la mancata notifica al difensore dell’indagato dell’avviso dell’accertamento tecnico irripetibile sulla sostanza stupefacente in sequestro. In ogni caso anche tale deduzione risulta tardivamente proposta nei motivi (aggiunti) di appello, tenuto conto che si verte nuovamente in ipotesi di nullità a regime intermedio, che avrebbe dovuta essere eccepita entro la pronuncia della sentenza di primo grado, ma che risulta comunque sanata a seguito dell’opzione esercitata dall’imputato di procedere con le forme del rito abbreviato (sez.1, n.28459 del 23/04/2013, COGNOME, Rv. Rv.256106; n.12400 del 5/02/2021, C., Rv.280980).
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 28 maggio 2024
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