Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 42866 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 42866 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/10/2024
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: COGNOME NOME, nato a Roma il DATA_NASCITA, avverso l’ordinanza del 16/04/2024 del Tribunale di Messina, visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione della causa svolta dal consigliere NOME COGNOME; sentito il Pubblico ministero, nella persona del AVV_NOTAIO COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; sentiti i difensori, AVV_NOTAIO e AVV_NOTAIO, che hanno concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Messina, in sede di riesame di provvedimenti impositivi di misure cautelari personali, in parziale accoglimento dell’istanza difensiva avverso l’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale il 20 marzo 2024, ha sostituito la misura degli arresti domiciliari con quella interdittiva del divieto di esercitare la professione commercialista per un anno.
La misura cautelare nei confronti del ricorrente è stata applicata in relazione al reato di partecipazione ad una associazione per delinquere finalizzata alla commissione di una serie indeterminata di truffe aggravate ai danni dello Stato, falsi, accessi abusivi a sistemi informatici, indebite compensazioni di debiti fiscal e autoriciclaggio (capo 1) e per circa 150 reati-fine; delitti commessi sfruttando illecitamente la normativa sul cosiddetto superbonus al 110% di cui al decreto legge n. 34 del 19 maggio 2020, convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2020 n. 77.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME, deducendo:
violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza di gravi indizi di colpevolezza.
Secondo il ricorrente, non vi sarebbe prova della sua partecipazione alla complessa attività fraudolenta imbastita dal di lui cugino e coindagato COGNOME NOME, né della partecipazione ai singoli reati-fine ed, in particolare, a quelli di sostituzi di persona e di accesso abusivo ad un sistema informatico.
Senza negare l’esistenza oggettiva dei fatti, si sostiene che l’indagato – che si sarebbe limitato, quale dottore commercialista, alla apposizione del visto di conformità previsto dalla normativa prima richiamata per accedere alle detrazioni fiscali – non avrebbe avuto consapevolezza della irregolarità della documentazione inerente alle singole pratiche sulle quali aveva apposto il visto, essendosi fidato del cugino COGNOME.
Da tale esclusiva attività formale il Tribunale non avrebbe potuto ricavare elementi indiziari inerenti alla sussistenza del dolo di partecipazione al reato associativo neanche attraverso l’esame delle conversazioni intercorse tra il ricorrente ed il COGNOME, dimostrative, al contrario, del fatto che l’indagato aveva gestito soltanto una pratica lecita di tale NOME COGNOME e che i suoi rapporti con COGNOME fossero stati per il ricorrente solo una lecita opportunità di guadagno;
violazione di legge e vizio della motivazione quanto alla sussistenza di un pericolo di reiterazione dei reati concreto ed attuale.
Il Tribunale, sul punto, avrebbe reso una motivazione apodittica, non tenendo conto del lasso di tempo intercorso dall’ultima condotta criminosa dell’aprile 2022,
dello svolgimento da parte del ricorrente della sua attività professionale in periodo successivo senza incorrere in violazioni di alcun tipo e, pertanto, della occasionalità della condotta illecita contestata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato.
Quanto al primo motivo, deve rilevarsi che il Tribunale ha offerto una motivazione non manifestamente illogica circa la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato di partecipazione alla associazione per delinquere ed ai reati fine, partendo con l’individuare il costante e indispensabile apporto del ricorrente nell’iter inerente alle singole, numerose pratiche per l’ottenimento fraudolento delle detrazioni fiscali inerenti al cosiddetto superbonus al 110%.
L’ordinanza impugnata ha ricostruito il contesto nel quale è maturata la condotta illecita, di tipo para-familiare, che vedeva convolto COGNOME NOME – medico di base – ed una serie di suoi familiari.
Nonostante la professione esercitata dal COGNOME, a costui faceva capo un reticolo societario attraverso il quale è stato possibile ottenere illecitamente un numero considerevole di detrazioni fiscali per un profitto di oltre 37 milioni di eu attraverso la predisposizione di pratiche intestate a soggetti terzi e ignari che non avevano effettuato alcun lavoro in materia di efficientamento energetico o di miglioramento sismico meritevole del beneficio fiscale.
Ebbene, come il Tribunale ha specificato a fg. 4 del provvedimento impugnato, il ricorrente, quale commercialista, aveva apposto il visto di conformità previsto dalla normativa, senza prendersi cura di verificare l’esistenza fisica della documentazione necessaria per ottenere la detrazione e senza mai curarsi di intrattenere alcun personale quanto necessario rapporto con i soggetti beneficiari che avrebbero dovuto conferirgli l’incarico professionale, interfacciandosi solo con iI COGNOME quale intermediario, come risulta provato dalle intercettazioni, dimostrative del fatto che i rapporti tra i due coindagati non erano transitori ma rappresentavano, per bocca dello stesso ricorrente, un’opportunità di guadagno.
Ciò, per un numero considerevole di pratiche che avevano coinvolto ben 42 soggetti inconsapevoli (fg. 6 dell’ordinanza).
Alla ricostruzione logica e coerente del Tribunale – intesa a ritenere il COGNOME coinvolto nella associazione per delinquere e per essa, nella perpetrazione anche dei singoli reati fine corrispondenti alle singole pratiche nelle quali aveva apposto indebitamente il visto di conformità – il ricorrente non oppone che la sua presunta buona fede, finendo per proporre una alternativa ricostruzione dei dati di fatto e del contesto AVV_NOTAIO senza, tuttavia, alcun supporto a sostegno della sua tesi.
2. Del pari, quanto al secondo motivo, nel ricorso si sostiene, contro ogni ragione, che la condotta illecita fosse stata occasionale, sorvolando su tutta la ricostruzione operata dal Tribunale e sulle specificazioni contenute ai fgg. 7 e 9 del provvedimento, laddove è stato evidenziato il contrario, essendosi la condotta snodata per oltre due anni, con sistematicità, ingenti profitti e ulteriore attivismo anche dopo i sequestri, del promotore del gruppo criminoso nel quale il COGNOME era inserito.
Peraltro, le deduzioni a favore del ricorrente sono state già prese in considerazione dal Tribunale, che ha sostituito la misura in origine disposta con altra assai meno grave.
Tanto supera ed assorbe ogni ulteriore rilievo difensivo sul tema del pericolo di reiterazione del reato e sulla concretezza ed attualità di esso.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila alla RAGIONE_SOCIALE delle Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa dello stesso ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deliberato in Roma, udienza in camera di consiglio del 17.10.2024.
GLYPH
Il Consigliere estensore
Il Presidente