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Violenza sulle cose: quando tagliare un filo non è reato

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di condanna per il reato di violenza sulle cose, stabilendo un principio importante. Il caso riguardava un uomo accusato di aver danneggiato una pianta di edera. La Corte ha chiarito che la semplice recisione del filo metallico che sosteneva la pianta, senza danneggiarla o trasformarla, non è sufficiente per configurare il reato di violenza sulle cose, poiché non altera la cosa stessa né ne muta la destinazione. Di conseguenza, l’imputato è stato assolto perché il fatto non sussiste.

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Pubblicato il 29 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Violenza sulle cose: recidere il sostegno di una pianta è reato?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 20251 del 2025, offre un importante chiarimento sui confini del reato di violenza sulle cose, previsto dall’articolo 392 del codice penale. In un contesto di dissidi di vicinato, la Corte ha stabilito che la semplice recisione di un filo di sostegno di una pianta rampicante, senza che la pianta stessa venga danneggiata o trasformata, non integra tale fattispecie criminosa. Questa pronuncia è fondamentale per comprendere quando un’azione su un bene altrui assume rilevanza penale.

I fatti di causa

Il caso trae origine da una controversia tra vicini. Un uomo veniva accusato di aver reciso i rami di un pino mediterraneo e sradicato una pianta di edera. Il Tribunale di primo grado lo assolveva per la prima condotta per non aver commesso il fatto, e per la seconda riconoscendo la non punibilità per particolare tenuità del fatto. Tuttavia, lo condannava al risarcimento dei danni in sede civile.
L’imputato, non soddisfatto della formula assolutoria, proponeva appello, sostenendo di essersi limitato a tagliare una porzione di filo che sosteneva l’edera e che sporgeva nella sua proprietà, senza arrecare alcun danno alla pianta. La Corte d’Appello, rilevando che la sentenza impugnata era appellabile solo con ricorso per cassazione, convertiva l’appello. La questione giungeva così all’esame della Suprema Corte.

L’analisi della Corte sulla violenza sulle cose

La Corte di Cassazione ha colto l’occasione per delineare con precisione i presupposti del reato di violenza sulle cose. Il nodo centrale della questione era stabilire se l’azione dell’imputato potesse essere qualificata come tale.

La definizione del reato

L’articolo 392 del codice penale stabilisce che si ha ‘violenza sulle cose’ quando la cosa viene danneggiata, trasformata, o ne è mutata la destinazione. La giurisprudenza ha specificato che il ‘mutamento di destinazione’ deve consistere in un intervento che impedisca l’uso del bene per un periodo apprezzabile o che incida concretamente sull’interesse del proprietario a mantenere inalterato lo stato dei luoghi.

L’applicazione al caso specifico

Dall’istruttoria era emerso che l’unica condotta provata a carico dell’imputato era la recisione del filo che sosteneva la pianta di edera. Le testimonianze, seppur imprecise, convergevano su questo punto, collimando con la versione dell’imputato stesso. Non vi era alcuna prova dello sradicamento della pianta.

Le motivazioni della decisione

Sulla base di queste premesse, la Corte ha concluso che il fatto non sussiste. La motivazione si fonda su un’interpretazione rigorosa del concetto di violenza sulle cose. Secondo i giudici, la mera recisione di un filo di sostegno non può essere considerata una forma di violenza penalmente rilevante. Tale azione, infatti, non ha né danneggiato né trasformato la pianta di edera. Inoltre, non ha comportato una modificazione delle condizioni della pianta tale da impedirne l’uso o la funzione. La pianta è stata semplicemente privata di un punto di appoggio, una condizione facilmente ripristinabile e che non ne ha alterato l’essenza o la destinazione.

Le conclusioni

La sentenza annulla senza rinvio la decisione impugnata, assolvendo l’imputato perché il fatto non sussiste. Questa pronuncia ha importanti implicazioni pratiche: non ogni minima alterazione dello stato dei luoghi può essere considerata reato. Per configurare la violenza sulle cose, è necessario un intervento che incida in modo significativo e non facilmente reversibile sul bene, danneggiandolo, trasformandolo o mutandone la destinazione d’uso in modo apprezzabile. Un semplice gesto, come tagliare un filo, privo di conseguenze dannose permanenti sulla cosa principale, non è sufficiente a far scattare la tutela penale.

Tagliare il filo di sostegno di una pianta costituisce reato di violenza sulle cose?
No, secondo questa sentenza, la semplice recisione del filo che sostiene una pianta non costituisce reato di violenza sulle cose se tale azione non danneggia, non trasforma e non modifica in modo apprezzabile le condizioni della pianta stessa.

Cosa si intende per ‘violenza sulle cose’ secondo la legge penale?
Ai sensi dell’art. 392 del codice penale, si ha ‘violenza sulle cose’ quando una cosa viene danneggiata, trasformata o quando ne viene mutata la destinazione, ovvero quando si impedisce il suo uso per un periodo di tempo apprezzabile o si ostacola l’esercizio di un diritto.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza precedente?
La Corte ha annullato la sentenza perché, dall’esame dei fatti, è emerso che l’unica condotta attribuibile all’imputato era la recisione di un filo di sostegno. Questa azione non integra gli elementi del reato di violenza sulle cose, in quanto non ha causato un danno, una trasformazione o un mutamento di destinazione della pianta. Pertanto, il fatto non sussiste.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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