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Violenza sulle cose: quando il ricorso è inammissibile

La Cassazione dichiara inammissibile il ricorso contro una condanna per furto aggravato da violenza sulle cose. Il motivo: la contestazione dell’aggravante, basata sul danneggiamento di una finestra per entrare, rappresenta una richiesta di riesame del merito, non consentita in sede di legittimità.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Violenza sulle cose nel furto: quando la Cassazione non riesamina i fatti

L’ordinanza in esame offre un importante chiarimento sui limiti del giudizio di Cassazione, in particolare riguardo alla contestazione dell’aggravante di violenza sulle cose nel reato di furto. Quando un imputato viene condannato per aver forzato una finestra per entrare in un’abitazione, può chiedere alla Suprema Corte di rivalutare se tale azione costituisca effettivamente l’aggravante? La risposta, come vedremo, è negativa se il ricorso si limita a proporre una diversa interpretazione dei fatti già accertati dai giudici di merito.

Il Caso in Analisi

Un individuo veniva condannato in primo grado e in appello per il reato di furto in abitazione, aggravato ai sensi dell’art. 625, comma 1, n. 2 del codice penale. L’aggravante contestata era, appunto, la violenza sulle cose, concretizzatasi nel danneggiamento delle cerniere di una finestra dell’abitazione della persona offesa. L’imputato aveva forzato la finestra per potersi introdurre all’interno e commettere il furto.

Contro la sentenza della Corte d’Appello, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, affidandosi a un unico motivo: la contestazione dell’applicazione della suddetta circostanza aggravante. Secondo la difesa, non sussistevano gli estremi per qualificare la sua azione come violenza sulle cose.

La Decisione della Corte e la natura della violenza sulle cose

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio cardine del nostro sistema processuale: la Suprema Corte è un giudice di legittimità, non di merito. Questo significa che il suo compito non è quello di ricostruire nuovamente i fatti, ma di verificare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente la legge e abbiano motivato la loro decisione in modo logico e coerente.

Nel caso specifico, la contestazione mossa dal ricorrente non denunciava un errore di diritto o un vizio logico manifesto nella motivazione della sentenza impugnata. Al contrario, mirava a sollecitare una rivalutazione della ricostruzione del fatto, un’operazione che esula dalle competenze della Cassazione.

Le Motivazioni

I giudici di legittimità hanno sottolineato che entrambi i giudici di merito avevano concordemente stabilito, sulla base delle prove, che le cerniere della finestra erano state danneggiate per consentire l’introduzione nell’immobile. Questa ricostruzione fattuale, ben argomentata nella sentenza d’appello (a pagina 6, come specificato nell’ordinanza), è sufficiente a integrare l’aggravante di violenza sulle cose.

Per scardinare tale impianto motivazionale, il ricorrente avrebbe dovuto allegare ‘individuati, inopinabili e decisivi fraintendimenti delle prove’, capaci ‘ictu oculi’ (a colpo d’occhio) di dimostrare l’erroneità della decisione. In assenza di tali elementi, il ricorso si risolve in una mera richiesta di riesame del merito, inammissibile in questa sede. La Corte ha quindi ritenuto il motivo proposto non consentito.

Le Conclusioni

La pronuncia ribadisce che la distinzione tra valutazione di fatto e di diritto è fondamentale nel processo penale. L’aggravante della violenza sulle cose sussiste ogni qualvolta vi sia un danneggiamento, una trasformazione o un’alterazione di un bene per commettere il reato. L’accertamento di tale danneggiamento è compito esclusivo dei giudici di merito. Il ricorso in Cassazione può avere successo solo se dimostra un’errata interpretazione della norma giuridica o un vizio logico macroscopico nella motivazione, non se si limita a proporre una lettura alternativa delle prove. La conseguenza dell’inammissibilità è stata la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro.

Quando forzare una finestra per entrare in una casa costituisce l’aggravante di violenza sulle cose?
Secondo l’ordinanza, forzare una finestra al punto da danneggiarne le cerniere per potersi introdurre in un’abitazione integra pienamente gli estremi costitutivi dell’aggravante di violenza sulle cose prevista dall’art. 625, comma 1, n. 2 c.p.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di rivalutare se un fatto costituisce o meno l’aggravante di violenza sulle cose?
No, non è possibile. La Corte di Cassazione ha stabilito che contestare l’applicazione dell’aggravante tramite argomentazioni che richiedono una nuova valutazione della ricostruzione del fatto è un’operazione riservata ai giudici di merito. Tale richiesta è inammissibile in sede di legittimità, a meno che non si dimostrino palesi e decisivi fraintendimenti delle prove.

Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando il ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte non esamina il merito della questione. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie con la condanna al pagamento di 3.000,00 Euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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