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Violenza sessuale: il consenso deve esserci sempre

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un uomo condannato per violenza sessuale. La sentenza sottolinea un principio fondamentale: nei rapporti sessuali è la presenza del consenso, e non la manifestazione del dissenso, a determinare la liceità dell’atto. Un’azione repentina, che sorprende la vittima, integra la violenza richiesta dal reato. La Corte ha ritenuto irrilevanti i presunti comportamenti ambigui della vittima, confermando che il consenso deve perdurare per tutta la durata dell’interazione.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Violenza Sessuale: Quando il Consenso Manca dall’Inizio

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 857 del 2024, torna a pronunciarsi su un tema delicato e cruciale: la violenza sessuale. Il caso in esame offre lo spunto per ribadire un principio giuridico fondamentale: ciò che rende lecito un atto sessuale è la presenza costante e inequivocabile del consenso, non l’assenza di un esplicito dissenso. La Corte ha respinto il ricorso di un imputato che sosteneva l’ambiguità del comportamento della vittima, chiarendo come un’azione improvvisa e non consensuale integri di per sé la violenza.

I Fatti: Un Approccio Notturno e la Reazione della Vittima

I fatti risalgono a una notte di settembre, quando una giovane donna, uscita di casa per fumare una sigaretta, viene avvicinata da un uomo. Dopo un breve scambio di parole, l’uomo passa improvvisamente ad atti fisici: le accarezza la testa, il collo, la bacia e le infila una mano sotto la gonna, toccandole le parti intime.

Spaventata e immobilizzata dalla sorpresa, la donna cerca di allontanarsi e rientrare nel proprio appartamento, ma viene seguita dall’aggressore fin dentro l’androne del palazzo. Qui, la violenza prosegue con palpeggiamenti, baci e tentativi di costringerla a compiere atti sessuali. L’aggressione si interrompe solo quando una coinquilina, allertata dal rumore, apre la porta di casa, permettendo alla vittima di mettersi in salvo.

L’Analisi della Corte sulla Violenza Sessuale e il Consenso

La difesa dell’imputato si basava sull’idea che il comportamento della donna non fosse stato abbastanza chiaro nel manifestare il dissenso, citando presunti atteggiamenti inerti o addirittura ‘aperture’ (come il sollevare una gamba, interpretato erroneamente dall’aggressore). La Cassazione ha smontato completamente questa tesi, riaffermando principi consolidati.

L’Azione Repentina come Forma di Violenza

Uno dei punti centrali della decisione è la qualificazione dell’azione iniziale come ‘repentina’. La giurisprudenza considera violenti quegli atti sessuali compiuti in modo così rapido e insidioso da sorprendere la vittima, superando la sua contraria volontà e ponendola nell’impossibilità di difendersi. L’aggressione, avvenuta all’insaputa della persona destinataria e prima che questa potesse opporre resistenza, costituisce essa stessa la violenza richiesta dalla norma penale. Non è necessaria una sopraffazione fisica prolungata; basta l’azione improvvisa che annulla la volontà della vittima.

L’Irrilevanza del Comportamento ‘Equivoco’ della Vittima

La Corte ha chiarito che il focus non deve essere sulla ricerca di un ‘dissenso’ esplicito, ma sulla verifica della presenza di un ‘consenso’ libero e consapevole. Il consenso deve perdurare per tutta la durata dell’atto sessuale. Se viene a mancare, anche dopo un consenso iniziale, la prosecuzione del rapporto integra il reato di violenza sessuale. Di conseguenza, interpretare la paura, l’inerzia o lo shock della vittima come assenza di dissenso è un errore giuridico. La legge protegge la libertà di autodeterminazione sessuale, non impone alle vittime l’obbligo di reagire in un modo specifico per essere credute.

Le Circostanze del Reato: Gravità e Difesa

Il ricorso affrontava anche due aspetti tecnici: la richiesta di applicare l’attenuante della ‘minore gravità’ e la contestazione dell’aggravante della ‘minorata difesa’.

Il Rigetto dell’Attenuante della ‘Minore Gravità’

L’imputato chiedeva il riconoscimento di una minore gravità del fatto, sostenendo che si fosse trattato solo di ‘toccamenti’. La Corte ha respinto la richiesta, spiegando che la valutazione non può basarsi solo sulla tipologia dell’atto sessuale. Bisogna considerare il contesto globale: la reiterazione delle condotte, l’inseguimento della vittima, la particolare intensità del dolo e la compressione della libertà sessuale subita. La presenza di anche un solo elemento di conclamata gravità è sufficiente per escludere l’attenuante.

La Conferma dell’Aggravante della ‘Minorata Difesa’

È stata invece confermata l’aggravante legata al fatto che il reato è avvenuto di notte, in un luogo deserto. Queste circostanze, secondo la Corte, hanno oggettivamente ostacolato la difesa della vittima, sia privata che pubblica (la possibilità di chiedere aiuto). La presenza di telecamere di videosorveglianza, non collegate in tempo reale con le forze dell’ordine, non è stata ritenuta sufficiente a neutralizzare tale aggravante, poiché non garantiva un soccorso tempestivo.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile perché manifestamente infondato. Le argomentazioni difensive sono state ritenute una lettura alternativa e parziale delle prove, in contrasto con la ricostruzione logica e coerente operata dai giudici di merito. La decisione si fonda non solo sulle dichiarazioni della vittima, ma anche su testimonianze e sulla visione dei filmati della videosorveglianza, che nel loro complesso confermavano la dinamica dell’aggressione. La Corte ha ribadito che, in tema di reati contro la libertà sessuale, il principio cardine è quello del consenso, che deve essere un ‘sì’ continuo e non la semplice ‘mancanza di un no’.

Le Conclusioni della Sentenza

Questa sentenza rafforza un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato e di grande importanza culturale e sociale. La vittima di violenza sessuale non ha l’onere di dimostrare di essersi opposta con tutte le sue forze. Al contrario, è l’aggressore che deve assicurarsi della presenza di un consenso chiaro, esplicito e costante. Qualsiasi atto compiuto approfittando della sorpresa, dell’intimidazione o della paralisi indotta dalla paura è e rimane una grave violazione della libertà personale, punita dalla legge come violenza.

Un comportamento non esplicitamente ostile della vittima può escludere la violenza sessuale?
No. Secondo la sentenza, ciò che rende lecito un atto sessuale è la presenza del consenso, non la manifestazione del dissenso. La paura o l’inerzia della vittima, sorpresa dall’aggressione, non possono essere interpretate come assenso. Il consenso deve essere espresso o manifestato con fatti concludenti e deve perdurare per tutta la durata del rapporto.

Un atto sessuale rapido e improvviso è considerato violento ai fini del reato?
Sì. La giurisprudenza qualifica come ‘violenti’ gli atti sessuali repentini, compiuti in modo insidioso e rapido, tali da sorprendere la vittima e superare la sua volontà, ponendola nell’impossibilità di difendersi. Questa azione improvvisa integra l’elemento della violenza richiesto dall’art. 609-bis del codice penale.

Commettere un reato di notte è sempre una circostanza aggravante?
È una circostanza aggravante (cosiddetta ‘minorata difesa’) se il tempo di notte, unito ad altre condizioni come il luogo deserto, ha concretamente ostacolato la difesa pubblica o privata. La Corte ha ritenuto che, nel caso specifico, l’orario notturno e il luogo isolato avessero reso più difficile per la vittima difendersi o chiedere aiuto, integrando quindi l’aggravante.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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