Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 37170 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME NOME
Penale Ord. Sez. 7 Num. 37170 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/10/2025
SETTIMA SEZIONE PENALE
NOME DI COGNOME
– Relatore – ha pronunciato la seguente
Sul ricorso proposto da:
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
avverso la sentenza della Corte di appello di Torino del 16/01/2025, visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi del ricorso; dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Con sentenza del 16/01/2025, la Corte di appello di Torino confermava la sentenza del Tribunale di Torino del 13/07/2023, che aveva condannato XXXXXXXXXXin ordine al reato di cui agli articoli 609bis /609ter , primo comma, nn. 1), 4) e 5) cod. pen. alla pena di anni 4 di reclusione oltre alle pene accessorie come per legge.
Avverso tale sentenza l’imputato propone ricorso per cassazione.
2.1. con il primo motivo lamenta vizio di motivazione in punto di attendibilità della persona offesa.
2.2. con il secondo motivo lamenta omessa rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale mediante nuova escussione della persona offesa sui punti della deposizione rimasti oscuri.
2.3. con il terzo motivo lamenta insufficienza di motivazione in relazione all’esclusione del dolo, per essere egli incorso in errore giustificabile circa l’esistenza del consenso della persona offesa.
Il ricorso Ł inammissibile.
3.1. Il primo motivo Ł inammissibile
Esso infatti, a fronte di duplice concorde valutazione in riferimento sia al quadro probatorio che all’attendibilità della persona offesa e del motivato giudizio di infondatezza delle doglianze difensive (v. pagg. 6-11 della sentenza di appello), reitera le stesse e sollecita a questa Corte una rilettura delle risultanze istruttorie favorevole alla sua personale rivalutazione del compendio istruttorio, evidentemente preclusa in sede di legittimità; propone, in ogni caso, censure motivazionali che parimenti non possono trovare ingresso in questa sede, consistendo nella differente comparazione delle risultanze istruttorie effettuate concordemente dai due giudici del merito.
Ed infatti, il giudice di legittimità non può rivalutare le fonti di prova, in quanto tale attività Ł rimessa esclusivamente alla competenza dei giudici di merito.
Il sindacato di legittimità va infatti sollecitato sul «prodotto dell’ingegno» e non sul puro
Ord. n. sez. 15180/2025
CC – 31/10/2025
R.G.N. 16491/2025
e semplice «materiale probatorio» (e men che meno su singoli «frammenti» di esso) e, pertanto, una volta indicati gli elementi probatori, il giudice di legittimità deve chiarire la ragione e sulla base di quali elementi sia stata elaborata una determinata ipotesi costruttiva e per quale ragione ne siano state scartate altre (Sez. 5, n. 34149 del 11/06/2019, E., Rv. 276566 – 01; Sez. 5, n. 35816 del 18/06/2018, COGNOME, n.m.; Sez. 5, n. 44992 del 09/10/2012, Aprovitola, Rv. 253774 – 01).
Nel caso in esame, a pagina 9 ss. la Corte territoriale, nel richiamare i contenuti della prima sentenza, esprime un giudizio di attendibilità della persona offesa evidenziando come la censura difensiva si appunti sulla discordanza tra il comportamento tenuto dalla persona offesa e il ‘comportamento-tipo’ di una vittima modello del reato in parola, ritenendo poi verosimile la deposizione della p.o., che narra di essere rimasta ‘impietrita’ di fronte all’azione dell’imputato.
A pagina 11, poi, dà conto di una imprecisione nella verbalizzazione da parte dei Carabinieri, e quindi disattende le doglianze difensive sulla ‘genesi’ della rivelazione e la dinamica della violenza.
La doglianza Ł pertanto inammissibile in quanto fattuale e reiterativa.
3.2. La seconda censura Ł inammissibile in quanto la Corte di appello, a pagina 12 della sentenza gravata, ha chiarito che la nuova escussione della teste, che aveva risposto in sede di incidente probatorio in modo libero lineare, non era affatto necessaria.
Tale motivazione appare in linea con l’indirizzo di questa Corte, secondo cui la rinnovazione del dibattimento Ł subordinata, da una parte, alla condizione di una sua «necessità», che il legislatore qualifica come «assoluta» per sottolinearne l’oggettività e l’insuperabilità col ricorso agli ordinari espedienti processuali e, dall’altra, alla condizione che il giudice, cui demanda ogni valutazione in proposito, la percepisca e la valuti come tale, vale a dire come un ostacolo all’accertamento della verità del caso concreto, insormontabile senza il ricorso alla rinnovazione totale o parziale del dibattimento.
La discrezionalità dell’apprezzamento, dalla legge rimesso al giudice di merito, determina, pertanto, l’incensurabilità in sede di legittimità di una valutazione – come nel caso in esame – correttamente motivata (Sez. 4, n. 11571 del 20/12/2023, dep. 2024, COGNOME, n.m.; Sez. 6, n. 48093 del 10/10/2018, G, Rv. 274230; Sez. 6, Sentenza n. 8936 del 13/01/2015, COGNOME, Rv. 262620 – 01; Sez. 6, n. 4089 del 03/03/1998 Rv. 210217 Masone e altri).
3.3. Il terzo motivo Ł inammissibilmente reiterativo di analoga doglianza, motivatamente respinta a pagina 14 della sentenza impugnata, ove si chiarisce che il dissenso era stato espressamente e inequivocamente verbalizzato.
Va peraltro rammentato che, secondo la giurisprudenza assolutamente prevalente della Corte, la mancanza del consenso costituisce requisito esplicito della fattispecie e l’errore sul dissenso si sostanzia, pertanto, in un errore inescusabile sulla legge penale (v., ex plurimis , Sez. 3, n. 7873 del 19/01/2022, COGNOME Souza, Rv. 282834 – 02; Sez. 3, n. 2400 del 05/10/2017, Rv. 272074 – 01; Sez. 3, n. 17210 del 10/03/2011, Rv. 250141 – 01). Ai fini della consumazione del reato di violenza sessuale, Ł infatti richiesta la mera mancanza del consenso, non la manifestazione del dissenso, ben potendo il reato essere consumato ai danni di persona dormiente (Sez. 3, n. 7873 del 19/01/2022, COGNOME Souza, Rv. 282834 – 02, cit.; Sez. 3, n. 22127 del 23/06/2016, Rv. 270500 – 01).
Il motivo Ł quindi doppiamente inammissibile, essendo, oltre che reiterativo, anche manifestamente infondato sulla necessità del consenso.
Non può quindi che concludersi per la manifesta infondatezza della doglianza, che
non si confronta con il consolidato orientamento di legittimità, cui consegue l’inammissibilità del ricorso.
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonchØ quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così Ł deciso, 31/10/2025
TABLE
IN CASO DI DIFFUSIONE DEL PRESENTE PROVVEDIMENTO OMETTERE LE GENERALITA’ E GLI ALTRI DATI IDENTIFICATIVI A NORMA DELL’ART. 52 D.LGS. 196/03 E SS.MM.