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Violenza sessuale aggravata: competenza e pena

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 42465/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un padre condannato per violenza sessuale aggravata ai danni della figlia disabile. Il caso ha offerto l’occasione per chiarire un importante principio di diritto processuale: per i reati commessi prima della legge 69/2019, che ha aumentato le pene e spostato la competenza alla Corte d’Assise, restano competenti il Tribunale e la Corte d’Appello, poiché la modifica è di natura sostanziale e non processuale.

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Pubblicato il 9 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Violenza sessuale aggravata: la Cassazione su competenza e successione di leggi

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 42465 del 22 ottobre 2024, ha affrontato un delicato caso di violenza sessuale aggravata continuata ai danni di una figlia disabile, commessa dal padre. Oltre a confermare la condanna, la Corte ha colto l’occasione per chiarire un fondamentale principio di diritto intertemporale riguardo alla competenza del giudice a seguito delle modifiche normative introdotte dalla legge n. 69/2019 (c.d. “Codice Rosso”). La decisione stabilisce che per i fatti avvenuti prima dell’entrata in vigore della nuova legge, la competenza rimane radicata presso il Tribunale ordinario, anche se l’azione penale è stata esercitata successivamente.

I fatti del caso

L’imputato è stato condannato in primo e secondo grado per aver commesso atti di violenza sessuale nei confronti della figlia disabile, in un arco temporale che andava dal gennaio 2012 al marzo 2019. Gli abusi sarebbero iniziati quando la vittima aveva meno di dieci anni e proseguiti fino al quindicesimo anno di età.

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando un vizio di motivazione riguardo all’accertamento dei fatti. In particolare, ha sostenuto che una parte del periodo in cui sarebbero avvenute le violenze coincideva con la sua detenzione in carcere. Ha inoltre contestato la valutazione di un episodio del 2019 in cui si trovava in stato di ebbrezza.

La questione di diritto: competenza del giudice e la legge “Codice Rosso”

Un punto cruciale della sentenza riguarda una questione preliminare di diritto: la competenza a giudicare il reato in appello. La legge n. 69 del 2019 ha modificato l’articolo 609-ter del codice penale, innalzando la pena massima a 24 anni di reclusione per la violenza sessuale aggravata commessa ai danni di un minore di dieci anni. Questo aumento di pena ha comportato, come effetto riflesso, lo spostamento della competenza per materia dal Tribunale alla Corte di Assise, ai sensi dell’art. 5 del codice di procedura penale.

Nel caso specifico, l’azione penale era stata esercitata dopo l’entrata in vigore della nuova legge, ma i fatti si erano in gran parte consumati prima. Si è posta quindi la questione se dovesse applicarsi la nuova regola sulla competenza (Corte d’Assise d’Appello) o quella precedente (Corte d’Appello).

Le motivazioni della Cassazione

La Corte Suprema ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e inammissibile, fornendo una dettagliata motivazione sia sui profili di fatto che su quelli di diritto.

Sulla ricostruzione dei fatti

La Corte ha rigettato le censure dell’imputato, ritenendo che i giudici di merito avessero motivato in modo esaustivo e logico l’attendibilità della vittima. Sebbene la ragazza avesse inizialmente indicato un’età (sei o sette anni) parzialmente incompatibile con la scarcerazione del padre, aveva poi precisato che gli abusi erano iniziati quando frequentava la terza o quarta elementare (otto o nove anni), un periodo compatibile con la presenza del padre in casa. Il racconto della vittima è stato inoltre riscontrato dalle testimonianze del fidanzato e del fratello, nonché dalla parziale confessione resa dall’imputato stesso, sebbene ubriaco. La Corte ha ritenuto che lo stato di alterazione alcolica non fosse sufficiente a invalidare la confessione, valorizzando anche il comportamento successivo dell’uomo, che aveva accettato di trasferirsi in cantina senza contestare le accuse.

Sulla competenza per la violenza sessuale aggravata

La Cassazione ha chiarito che la modifica introdotta dalla legge 69/2019 ha una natura essenzialmente sostanziale e non processuale. La norma ha inciso direttamente sulla sanzione edittale, e solo di riflesso sulla competenza. Di conseguenza, non si applica il principio tempus regit actum tipico delle norme processuali, ma il principio di irretroattività della legge penale più sfavorevole (art. 2, comma quarto, cod. pen.).

Ne consegue che:
1. Per i reati di violenza sessuale su minori di dieci anni commessi prima del 9 agosto 2019 (data di entrata in vigore della legge), la competenza resta del Tribunale in primo grado e della Corte d’Appello in secondo grado, applicandosi la disciplina sanzionatoria più mite precedente.
2. Per i reati commessi dopo il 9 agosto 2019, la competenza spetta alla Corte d’Assise in primo grado e alla Corte d’Assise d’Appello in secondo grado.

Poiché nel caso di specie i fatti si erano svolti prevalentemente prima della modifica normativa, la competenza della Corte d’Appello di Roma era correttamente radicata.

Le conclusioni

La sentenza consolida un importante orientamento giurisprudenziale sulla successione di leggi penali che modificano sia la pena che la competenza. Distinguendo tra modifiche sostanziali e processuali, la Corte assicura il rispetto del principio del favor rei e della legalità. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle Ammende, confermando la condanna per un reato di estrema gravità.

Come cambia la competenza del giudice se una legge aumenta la pena per un reato?
Se la modifica legislativa riguarda principalmente la pena (norma sostanziale) e solo di conseguenza la competenza, si applica il principio di irretroattività della legge più sfavorevole. Pertanto, per i fatti commessi prima della nuova legge, la competenza resta quella del giudice precedente, anche se il processo inizia dopo.

Quando è considerato attendibile il racconto di una vittima di abusi, anche se presenta piccole imprecisioni?
Secondo la Corte, il racconto di una vittima è attendibile quando è caratterizzato da precisione sostanziale, coerenza e trova riscontro in altri elementi, come testimonianze di terzi o il comportamento dell’imputato. Un deficit di memoria su dettagli temporali, come l’età esatta all’inizio degli abusi, è considerato comprensibile e non inficia la credibilità complessiva della testimonianza.

Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando il ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte non esamina il merito della questione. La sentenza impugnata diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle Ammende, come sanzione per aver adito la Corte senza validi motivi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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