Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 28120 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 28120 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 02/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 18/12/2023 del TRIB. LIBERTA’ di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
FATTO E DIRITTO
Con l’ordinanza di cui in epigrafe il tribunale di Roma, adito ex art. 309, c.p.p., confermava l’ordinanza con cui il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Velletri, in data 30.11.2023, aveva applicato la misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di NOME, ritenuto gravemente indiziato del delitto ex artt. 610, 61, n. 2), c.p., di cui al capo n. 1) dell’imputazione provvisoria.
Avverso l’ordinanza del tribunale del riesame, di cui chiede l’annullamento, ha proposto tempestivo ricorso per cassazione l’indagato, lamentando vizio di motivazione in punto di ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, desunti da quanto riferito dalla persona offesa COGNOME NOME.
Al ricorrente si contesta di avere costretto, con una serie di manovre pericolose e intenzionali, COGNOMEg 7 NOME ad arrestare la marcia dell’autoveicolo da lui condotto, dove viaggiava come passeggera la COGNOME, per poi minacciarla di un male ingiusto, ove la stessa non avesse ritrattato la denuncia e le dichiarazioni accusatorie rese contro NOME, padre del COGNOME, arrestato in flagranza di reato il giorno prima per i reati di usura e di estorsione, denunciati proprio dalla COGNOME (cfr. p. 1 del provvedimento oggetto di ricorso).
Ad avviso del ricorrente il tribunale del riesame ha reso una motivazione contraddittoria e illogica, laddove ha omesso di valutare adeguatamente il contenuto delle dichiarazioni rese dallo COGNOME, il quale, in sede di sommarie informazioni testimoniali, ha riferito che il guidatore del veicolo che lo aveva affiancato “ci invitava a fermarci sul lato destro della strada”, senza fare riferimento a manovre pericolose poste in essere dal suddetto guidatore, confermando nel resto quanto dichiarato dalla COGNOME e dallo stesso COGNOME – il quale ha ammesso di avere chiesto spiegazioni a quest’ultima sulla denuncia sporta nei confronti del padre, negando, tuttavia, di avere posto in essere manovre pericolose per costringere lo COGNOME a fermarsi – circa il contenuto della conversazione intercorsa tra i due.
Con requisitoria scritta il sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di cassazione, AVV_NOTAIO, chiede che il ricorso venga dichiarato inammissibile.
Con note scritte pervenute a mezzo di posta elettronica certificata il difensore di fiducia del COGNOME, AVV_NOTAIO, nel replicare alla requisitoria scritta del pubblico ministero insiste per l’accoglimento del ricorso, evidenziando, da un lato, come nel corso dell’escussione dibattimentale (di cui la difesa produce il relativo verbale) lo COGNOME abbia ribadito le dichiarazioni rese in sede di sommarie informazioni testimoniali; dall’altro come la persona offesa fosse collocata all’interno dell’autovettura in una posizione che non le consentiva di poter assistere a eventuali manovre pericolose del COGNOME.
Il ricorso va dichiarato inammissibile per le seguenti ragioni.
Vanno, innanzitutto, ribaditi i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità, che da tempo ha evidenziato come, in materia di provvedimenti de libertate, la Corte di Cassazione non ha alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, né di rivalutazione delle condizioni soggettive dell’indagato, in relazione alle esigenze cautelari e all’adeguatezza delle misure, trattandosi di apprezzamenti di merito rientranti nel compito esclusivo e insindacabile del giudice che ha applicato la misura e del tribunale del riesame.
Il controllo di legittimità è quindi circoscritto all’esame del contenuto dell’atto impugnato per verificare, da un lato, le ragioni giuridiche che lo hanno determinato e, dall’altro, l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (cfr. Sez. II, 2.2.2017, n. 9212, rv. 269438; Sez. IV, 3.2.2011, n. 14726; Sez. III, 21.10.2010, n. 40873, rv. 248698; Sez. IV, 17.8.1996, n. 2050, rv. 206104 / (), essendo sufficiente ai fini cautelari un giudizio di qualificata probabilità in ordine alla responsabilità dell’imputato” (cfr. Sez. II, 10.1.2003, n. 18103, rv. 224395; Sez. III, 23.2.1998, n. 742).
Pertanto quando, come nel caso, in esame, vengono denunciati vizi del provvedimento di conferma emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte di Cassazione spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie, con gli adattamenti resi necessari dal particolare contenuto della pronuncia cautelare, non fondata su prove, ma su indizi e tendente all’accertamento non della responsabilità, ma di una qualificata probabilità di colpevolezza, oltre che all’esigenza di completezza espositiva” (cfr. Sez. V, 20.10.2011, n. NUMERO_DOCUMENTO, 0.M.M.).
4.1 Orbene, non appare revocabile in dubbio che il Tribunale del riesame di Roma abbia fatto buon uso di tali principi, in quanto, con motivazione approfondita ed immune da vizi, in cui sono stati presi in debita considerazione i rilievi difensivi, che, in realtà, vengono acriticamente reiterati in questa sede, con una prospettazione di natura meramente fattuale, imperniata su di un’inammissibile lettura alternativa dei risultati acquisiti nella fase delle indagini, ha ritenuto sussistente il requisito dei gravi indizi di colpevolezza a carico del COGNOME, in ordine al reato ex artt. 610, 61) n. 2, c.p., in precedenza indicato, attraverso un’esaustiva ed articolata ricostruzione degli elementi di fatto, raccolti dagli organi investigativi.
Alla luce della quale il giudice dell’impugnazione cautelare ha ritenuto che i gravi indizi di colpevolezza fossero configurabili alla luce delle dichiarazioni rese dalla persona offesa, che sono state sottoposte a un penetrante esame critico da parte del tribunale del riesame (cfr. pp. 2-3 dell’ordinanza impugnata), secondo un percorso motivazionale assolutamente conforme ai consolidati principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui, come dovrebbe essere ormai
noto da tempo, le regole dettate dall’art. 192, comma 3, c.p.p. non si applicano alle dichiarazioni della persona offesa, le quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo racconto, che peraltro deve in tal caso essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone (cfr. Sez. U. 19/07/2012, n. 41461, Rv. 253214).
Il giudice dell’impugnazione cautelare, per altro verso, ha operato una valutazione manifestamente illogica o contraddittoria, sia delle dichiarazioni del ricorrente, ritenendole, con logico argomentare, poco credibili, inserendosi esse in un contesto di azioni, alcune dalla evidente portata intimidatoria, poste in essere nei confronti della COGNOME e del suo compagno NOME dai parenti del COGNOME, tra cui la moglie di quest’ultimo e la moglie del COGNOME, tutte volte a ottenere la ritrattazione della denuncia sporta dalla persona offesa (cfr. p. 2 dell’ordinanza impugnata), circostanze narrate dalla stessa COGNOME, che non hanno formato oggetto di specifiche contestazioni da parte del ricorrente; sia di quanto riferito dallo COGNOME, evidenziando, ancora una volta con logico argomentare, come le dichiarazioni rese da quest’ultimo in sede di sommarie informazioni testimoniali non siano di portata tale da porsi in contrasto con quelle della COGNOME, apparendo solo più generiche e meno dettagliate di queste ultime, che, anzi, trovano conferma nel particolare riferito dallo COGNOME della presenza a bordo dell’autovettura condotta dal COGNOME di due donne, indicate dalla COGNOME come le stesse che la sera prima dei fatti le avevano chiesto di ritrattare le accuse contro il COGNOME, descritte dalla persona informata sui fatti come “molto insistenti” nel pretendere il ritiro della denuncia da parte della RAGIONE_SOCIALE
Appare pertanto evidente l’inammissibilità del ricorso dell’indagato, divenuto nel frattempo imputato, essendo precluso, in questa sede di legittimità, il percorso argomentativo seguito dal ricorrente, che si
risolve in una mera e del tutto generica lettura alternativa o rivalutazione del compendio probatorio, posto che, in tal caso, si demanderebbe alla Cassazione il compimento di una operazione estranea al giudizio di legittimità, quale è quella di reinterpretazione degli elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini della decisione (cfr. ex plurimis, Cass., sez. VI, 22/01/2014, n. 10289; Cass., Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, Rv. 273217; Cass., Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, Rv. 253099; Cass., Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019, Rv. 277758).
Per mera completezza espositiva va solo aggiunto che appare configurabile nel caso in esame l’ipotizzato delitto di violenza privata, posto che la violenza, elemento costitutivo di tale fattispecie, è configurabile nell’utilizzo consapevole di qualsiasi mezzo idoneo a comprimere coattivamente la libertà di autodeterminazione e di azione della persona offesa (cfr. Sez. 5, n. 40291 del 06/06/2017, Rv. 271212), risultando pacificamente integrata dalla condotta di chi, alla guida del proprio veicolo, compie deliberatamente manovre tali da interferire significativamente nella guida di altro utente della strada, costringendolo ad una condotta diversa da quella programmata (cfr., ex plurimis, Sez. 5, n. 5211 del 11/12/2020, Rv. 280334), senza tacere che anche la minaccia implicita di cui ha riferito la COGNOME, secondo la quale il COGNOME le aveva rappresentato che, se avesse ritirato la denuncia, il COGNOME l’avrebbe perdonata e non le sarebbe successo nulla, “lasciandole quindi intendere che, invece, in caso contrario, sarebbe stata in pericolo”, come rileva il tribunale del riesame con motivazione dotata di intrinseca coerenza logica, integra il reato di violenza privata, che può essere commesso, sia con violenza che con minaccia, anche implicita (sulla minaccia implicita, cfr. Sez. 5, n. 29261 del 24/02/2017, Rv. 270869).
5. Alla dichiarazione di inammissibilità, segue la condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616, c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 3000,00 a favore della cassa delle ammende, tenuto conto della circostanza che l’evidente inammissibilità dei motivi di impugnazione, non consente di ritenere quest’ultimo immune da colpa
nella determinazione delle evidenziate ragioni di inammissibilità (cfr. Corte Costituzionale, n. 186 del 13.6.2000).
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 2.4.2024.