Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 37158 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 37158 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 10/09/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 22/11/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, COGNOME, che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi;
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di Appello di Palermo riformava parzialmente la pronuncia di primo grado, condannando i ricorrenti per i soli fatti di cui al capo B) dell’imputazione, afferenti il delitto di violenza privat
Avverso la richiamata sentenza della Corte d’Appello di Palermo, ha proposto ricorso, in primo luogo, NOME COGNOME, con il difensore di fiducia AVV_NOTAIO, per carente motivazione della decisione in ordine agli elementi costitutivi del delitto di violenza privata, sia rispetto alle risultanz istruttorie puntualmente richiamate nell’atto di appello (come le dichiarazioni rese dalla persona offesa e dal teste di polizia giudiziaria COGNOME), sia alle le dichiarazioni rese ex art. 391-bis cod. proc. pen. da COGNOME NOME.
Contro la stessa sentenza ha proposto ricorso per cassazione anche NOME COGNOME, mediante il difensore di fiducia AVV_NOTAIO, affidandosi a cinque motivi, di seguito ripercorsi entro i limiti di cui all’art. 17 disp. att. cod. proc. pen.
3.1. Con il primo motivo l’imputato lamenta violazione degli artt. 110 e 610, secondo comma, cod. pen. e correlato vizio di motivazione poiché non sarebbe emersa alcuna prova del proprio concorso nel delitto, dato che non aveva minacciato né percosso la vittima.
3.2. Mediante il secondo motivo il COGNOME deduce inosservanza o erronea applicazione della legge penale e mancanza di motivazione in relazione alla sussistenza dei presupposti della connivenza non punibile, non avendo egli partecipato in alcun modo all’azione posta in essere dagli altri coimputati.
3.3. Con il terzo motivo il medesimo ricorrente assume violazione dell’art. 99 cod. pen. per carenza di motivazione della decisione impugnata sullo specifico motivo di appello in ordine alla contestata e ritenuta recidiva specifica i nfraq u inquenna le.
3.4. Il COGNOME, con il quarto motivo, lamenta violazione degli artt. 62bis e 69 cod. pen. nonché manifesta illegittimità della motivazione sull’omessa concessione delle circostanze attenuanti generiche che avrebbe consentito una mitigazione in concreto del trattamento sanzionatorio.
3.5. Con il quinto motivo il ricorrente deduce vizio di motivazione sulla determinazione del trattamento sanzionatorio, rispetto tanto agli indici di cui all’art. 133 cod. pen., quanto al calcolo della pena a seguito della parziale
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riforma della sentenza di condanna di primo grado per effetto della declaratoria di improcedibilità dei delitti di cui ai capi a) e c) dell’imputazione.
Ha proposto infine ricorso per cassazione NOME COGNOME, con il difensore di fiducia AVV_NOTAIO, affidandosi a due motivi di impugnazione, di seguito ripercorsi ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
4.1. Mediante il primo motivo il ricorrente denuncia violazione degli artt. 15, 81, comma primo, 605 e 610 cod. pen. e vizio di motivazione assumendo che i delitti di sequestro di persona e violenza privata non avrebbero potuto concorrere nella fattispecie concreta, venendo in rilievo un’unica condotta inscindibile naturalisticamente perché le minacce e violenze avevano quale obiettivo la limitazione della libertà di movimento e non già dell’autodeterminazione psichica della persona offesa, come evidenziato dalla decisione di primo grado.
4.2. Con il secondo motivo il COGNOME contesta l’entità della pena comminatagli, in relazione agli indici commisurativi di cui all’art. 133 cod. pen. e alla carente motivazione della sentenza impugnata sulla gravità del fatto nonostante la sua condotta trasparente e collaborativa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.In via preliminare, per la rilevanza assorbente della stessa, deve essere esaminata la doglianza, specificamente oggetto del primo motivo di ricorso del COGNOME, ritraibile, peraltro, anche dai motivi degli altri ricorrenti laddove gli stessi contestano le argomentazioni addotte dalla Corte territoriale per affermare la loro responsabilità per il delitto di violenza privata.
La questione giuridica che si pone all’attenzione del collegio è se, alla luce della vicenda fattuale per come accertata nei gradi di merito, il delitto di violenza privata possa concorrere con quello di sequestro di persona ovvero essere assorbito da quest’ultimo, nell’ambito di quella progressione criminosa che, non di rado, comporta che la vittima venga conculcata ad un’azione funzionale alla realizzazione del reato più grave di sequestro di persona, che limita la libertà di movimento.
A riguardo, nella giurisprudenza di legittimità è stato più volte affermato che il delitto di violenza privata, preordinato a reprimere fatti di coercizione non espressamente contemplati da specifiche disposizioni di legge, ha in comune con il delitto di sequestro di persona l’elemento materiale della costrizione, ma se ne differenzia perché in esso viene lesa la libertà psichica di autodeterminazione del
soggetto passivo, mentre nel sequestro di persona viene lesa la libertà di movimento. Con la conseguenza che, per il principio di specialità di cui all’art.15 cod. pen., non è configurabile il delitto di violenza privata qualora la violenza, fisica o morale, sia stata usata direttamente ed esclusivamente per privare la persona offesa della libertà di movimento (ex multis, Sez. 5, n. 6208 del 14/12/2020, dep. 2021, Rv. 280507 – 01; Sez. 5, n. 10132 del 05/02/2018, Rv. 272796 – 01; Sez. 5, n. 44548 del 08/05/2015, Rv. NUMERO_DOCUMENTO).
Nella fattispecie in esame, dalla ricostruzione dei fatti compiuta dalle decisioni di merito, è emerso che gli imputati avevano “accerchiato” il CACCAMO per indurlo a salire su una vettura, al fine di chiarire una questione (ossia un furto che egli avrebbe posto in essere in danno di uno di loro, cui era legato da rapporti di risalente conoscenza), anche con persone (tra cui il suocero), che si trovavano in un altro luogo dove volevano condurlo. Di qui, una volta salito a bordo, il CACCAMO era stato trattenuto sul veicolo contro la sua volontà e per questo era stata formulata nei confronti dei ricorrenti anche l’imputazione per il delitto di sequestro di persona, per il quale gli stessi erano stati condannati nel giudizio di primo grado.
La violenza è stata quindi utilizzata al solo fine ultimo di privare la vittima della libertà di movimento, con conseguente assorbimento del delitto di violenza privata, in omaggio ai superiori principi, in quello di sequestro di persona, dichiarato, tuttavia, in appello, a seguito delle innovazioni di cui al d.lgs. n. 150 del 2022, improcedibile per mancanza di querela.
La sentenza impugnata deve dunque essere annullata senza rinvio limitatamente al reato di cui all’art. 610 cod. pen. perché il fatto non sussiste.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui all’art. 610 cod. pen. perché il fatto non sussiste.
Così deciso in Roma il 10 settembre 2024
Il Consigliere Estensore
Il Presidente