Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 33184 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME
Penale Sent. Sez. 2 Num. 33184 Anno 2025
Presidente: NOME
Data Udienza: 16/09/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
Sul ricorso proposto nell’interesse di
XXXXXXXXXXXXXXXXXX, nata a XXXXX il XXXXXXXXXX
avverso la sentenza del 04/12/2024 della Corte di appello di Lecce visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME
sentite le richieste del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME COGNOME che ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile;
sentite le conclusioni del difensore della ricorrente, avv. NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Lecce ha integralmente confermato la pronuncia di condanna emessa in data 15 novembre 2023 dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Lecce nei confronti dell’odierna ricorrente, per i reati di cui agli artt. 628 e 610 cod. pen.
Ha proposto ricorso per cassazione la suddetta imputata, a mezzo del proprio difensore, formulando tre motivi di impugnazione, che qui si riassumono nei termini di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione e omessa valutazione di una prova decisiva, in relazione all’apprezzamento della credibilità della persona offesa, ritenuta complessivamente inattendibile (in particolare, per quel che concerne le ulteriori contestazioni, per cui vi Ł stata assoluzione in primo grado e che costituiscono l’antecedente dei fatti per cui qui si procede), e, ciononostante, reputata affidabile per quanto attiene alla rapina e alla violenza privata. Sarebbero state così violate le indicazioni giurisprudenziali in tema di ammissibilità della valutazione frazionata delle propalazioni, vieppiø in assenza di un piø rigoroso scrutinio, attesa la sua costituzione di parte civile.
2.2. Violazione di legge in relazione agli artt. 628 e 392 cod. pen., dal momento che, una volta accertata l’intenzione di riottenere, nel suo esatto importo, il denaro precedentemente prestato, la rapina oggetto di imputazione avrebbe dovuto piø correttamente qualificarsi come esercizio arbitrario delle proprie ragioni.
2.3. Violazione di legge in relazione agli artt. 56 e 610 cod. pen., poichØ, in difetto di effettiva coercizione, la violenza privata non potrebbe ritenersi aver superato il mero stadio
del tentativo, in entrambi gli episodi contestati.
All’odierna udienza pubblica, le parti presenti hanno concluso come riportato in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł inammissibile.
Il primo motivo risulta insuperabilmente generico, avuto riguardo al mancato effettivo confronto con il concreto apparato motivazionale, e, comunque, meramente fattuale.
Lungi dall’obliterare il necessario scrutinio della credibilità oggettiva e soggettiva della dichiarante, i giudici di appello hanno offerto una congrua ricostruzione dei singoli elementi istruttori, con particolare riguardo alla narrazione della persona offesa (cfr. pp. 3-8, ove si sottolinea, in primo luogo, come alcuni elementi costitutivi del fatto tipico – la richiesta di denaro, la violenza alla persona, l’irruzione nell’altrui domicilio – sono stati oggetto di diretta percezione da parte degli operanti, precisando altresì come ulteriori elementi di riscontro (come lo stato dei luoghi nel domicilio della suddetta testimone) confortassero le sue dichiarazioni eteroaccusatorie. Le discrasie rispetto ad ulteriori particolari, come la percezione di reddito di cittadinanza, apparivano, pertanto, marginali e non decisive; d’altronde, l’assoluzione per altre imputazioni, al contrario delle prospettazioni difensive, non discendeva da una inattendibilità della teste, che nulla anzi aveva riferito sul punto.
Il Collegio condivide la consolidata giurisprudenza secondo cui la valutazione della attendibilità della persona offesa dal reato rappresenta una questione di fatto che ha una propria chiave di lettura nel compendio motivazionale fornito dal giudice e non può essere rivalutata in sede di legittimità, salvo che il giudice – ciò che non si riscontra nel caso di specie – non sia incorso in manifeste contraddizioni ( ex plurimis , Sez. 6, n. 27322 del 14/04/2008, De Ritis, Rv. 240524-01).
Fermo restando che la giurisprudenza citata dalla difesa non Ł in termini, riguardando la distinzione tra il delitto di ragion fattasi e quello di estorsione e non la rapina, connotati dalla condotta di sottrazione/impossessamento (cfr. Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, COGNOME, Rv. 280027-02), le censure in tema di qualificazione giuridica del fatto che postulano, come accennato, una previa valutazione schiettamente di merito in ordine all’effettivo svolgimento della vicenda storica – sono state articolate per la prima volta nel giudizio di legittimità.
Il secondo motivo non Ł, dunque consentito, ai sensi dell’art. 606, comma 3, cod. proc. pen.
Il terzo motivo Ł manifestamente infondato.
¨ configurabile il delitto tentato e non quello consumato di violenza privata solo quando, pur sussistendo l’idoneità dell’azione a limitare la libertà del soggetto passivo, quest’ultimo non adotti la condotta che la violenza e la minaccia esercitate nei suoi confronti erano preordinate a ottenere e, pertanto, l’evento non si verifichi (Sez. 5, n. 11393 del 09/12/2020, dep. 2021, D., non mass.; Sez. 3, n. 29742 del 11/06/2013, M., Rv. 256680-01; Sez. 5, n. 15989 del 04/03/2005, Capria, Rv. 232132-01).
Nel caso di specie, ferma restando la ricostruzione del fatto ad opera dei giudici di merito (intangibile in questa sede e, peraltro, non specificamente censurata dalla ricorrente), emerge che la persona offesa fu costretta, con la violenza, a seguire l’imputata fuori dalla propria abitazione per recarsi in un esercizio commerciale (trascinata per i capelli, dopo essere stata percossa), nonchØ, a interrompere una prima telefonata diretta ad invocare soccorso presso le Forze dell’Ordine (essendole il cellulare strappato dalle mani, mentre era in linea con l’operatore del 113).
Non possono che ritenersi, quindi, consumati i due delitti di cui all’art. 610 contestati in continuazione, attesa la coartata attuazione da parte della persona offesa di un contegno che costei non avrebbe assunto, senza che incida su tali conclusioni la successiva possibilità di effettuare una nuova chiamata alla Polizia di Stato.
Il ricorso, concludendo, deve essere dichiarato inammissibile.
5.1. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la ricorrente deve essere condannata al pagamento delle spese processuali e, a titolo di sanzione pecuniaria, di una somma in favore della Cassa delle ammende, da liquidarsi equitativamente, valutati i profili di colpa emergenti dall’impugnazione (Corte cost., 13 giugno 2000, n. 186), nella misura indicata in dispositivo.
5.2. La ricorrente, tuttavia, non deve essere condannata al pagamento delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente grado di giudizio dalla parte civile, richiesto mediante conclusioni scritte, senza partecipazione all’odierna udienza.
Nel giudizio di cassazione con trattazione orale, invero, non va disposta la condanna dell’imputato al rimborso delle spese processuali in favore della parte civile che non sia intervenuta nella discussione in pubblica udienza, ma si sia limitata a formulare le proprie richieste mediante il deposito di una memoria in cancelleria con l’allegazione di nota spese (Sez. U, n. 27727 del 14/12/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 286581-03).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Rigetta la richiesta di spese avanzata dalla parte civile. IN CASO DI DIFFUSIONE DEL PRESENTE PROVVEDIMENTO OMETTERE LE GENERALITA’ E GLI ALTRI DATI IDENTIFICATIVI A NORMA DELL’ART. 52 D.LGS. 196/03 E SS.MM.
Così Ł deciso, 16/09/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME