Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 14423 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 14423 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 27/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME nato ad Asti il DATA_NASCITA;
avverso la sentenza del 16 maggio 2023 dalla Corte d’appello di Torino;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; letta la memoria depositata dall’AVV_NOTAIO, il 21 febbraio 2024, nell’interesse del ricorrente, con la quale si insiste per l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Oggetto dell’impugnazione è la sentenza con la quale la Corte d’appello di Torino, confermando sostanzialmente la condanna pronunciata in primo grado (riformata solo in termini di trattamento sanzionatorio), ha ritenuto NOME COGNOME responsabile del reato di violenza privata continuata commessa ai danni di alcuni tifosi nel corso di due diverse manifestazioni calcistiche.
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Propone ricorso per cassazione l’imputato articolando sei motivi d’impugnazione.
2.1. Il primo, formulato sotto i profili della violazione di legge (in relazion all’art. 610 cod. pen.) e del connesso vizio di motivazione, attiene alla ritenuta sussistenza del reato di violenza privata.
La difesa premette che il tifo sportivo, al pari di altre forme di manifestazione, ha bisogno di un’attività organizzativa interna tale da regolare non solo il comportamento dei propri associati, ma, più in AVV_NOTAIO, anche di tutti coloro che si uniscono alla manifestazione stessa. Ebbene, l’attività di delimitazione del settore con il nastro adesivo (alla quale era preposto il COGNOME), rientrando nella normale e ordinaria attività organizzativa connessa al libero esercizio del tifo sportivo, non solo non potrebbe ontologicamente sussumersi all’interno della fattispecie contestata, ma rappresenterebbe essa stessa esercizio di un diritto, posto in essere, peraltro, nel pieno rispetto delle prerogative altru D’altronde, le stesse persone offese avrebbero dato atto dell’assenza di qualsivoglia tono intimidatorio, nonostante il particolare contesto ove le condotte sarebbero state poste in essere e la particolare forma di manifestazione del linguaggio utilizzata all’interno degli stadi.
2.2. Il secondo e il quarto, anch’essi formulati sotto il profilo della violazione di legge (in relazione agli artt. 51, 55 e 59 cod. pen.) e, il secondo, anche sotto quello del connesso vizio di motivazione, attengono ugualmente al profilo della ritenuta responsabilità, seppur valutata sotto il profilo della sussistenza della scriminante dell’esercizio di un diritto o dell’adempimento di un dovere. La difesa, infatti, sostiene che le condotte contestate, in quanto svolte nell’ambito del tifo organizzato, troverebbero copertura costituzionale nella libertà di riunione in luogo aperto al pubblico o nella libertà di associazione (artt. 17 e 18 Cost). Il NOME, infatti, null’altro avrebbe compiuto se non contribuire alla gestione dell’attività posizionamento degli striscioni senza impedire ad alcuno di sedersi in curva, ma solo indicando di sedersi in un altro posto all’interno del medesimo settore. Tanto renderebbe configurabile, ad avviso della difesa, le scriminanti invocate, quantomeno sotto il profilo putativo o dell’eccesso colposo. Cosicché nulla sarebbe imputabile al ricorrente, quantomeno sotto il profilo soggettivo, essendo convinzione di quest’ultimo che la delimitazione della curva fosse legittima attività di organizzazione del tifo sportivo.
2.3. Il terzo deduce, invece, la manifesta illogicità della motivazione nella parte in cui il NOME sarebbe stato condannato nonostante altri soggetti, che hanno concorso nei medesimi fatti, siano stati prosciolti; e ciò in presenza degli stessi elementi oggettivi e soggettivi in forza dei quali è stata ritenuta la responsabilit
del ricorrente. Illogicità ancor più manifesta alla luce del principio della pa responsabilità cristallizzato nell’art. 110 del codice penale.
2.4. Il quinto, formulato sotto i profili della violazione di legg dell’inosservanza di norma processuale e del connesso vizio di motivazione (in relazione agli artt. 189, 192, 213 e 214 cod. proc. pen.) deduce che la Corte d’appello avrebbe fondato la responsabilità del ricorrente sulle sole dichiarazioni degli agenti di polizia giudiziaria che, nelle loro annotazioni, asseriscono di aver riconosciuto il COGNOME in alcuni fotogrammi estrapolati dalle videoregistrazioni effettuate. Così attribuendo a tali riconoscimenti la natura di prova assoluta e inconfutabile, in violazione dei principi normativi e giurisprudenziali che regolano la valutazione degli elementi probatori.
2.5. Il sesto, in ultimo, formulato sotto i profili della violazione di legge del vizio di motivazione (in relazione agli artt. 163 e 164 cod. pen.), attiene al mancato riconoscimento della sospensione condizionale, esclusa alla luce di una motivazione meramente assertiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è, complessivamente, inammissibile.
Va premesso che, nella ricostruzione offerta dai giudici di merito, le condotte contestate si inseriscono in un più ampio quadro caratterizzato da una pluralità di azioni volte, per quel che rileva in questa sede, ad interdire alcune parti della curva ai tifosi non appartenenti alla RAGIONE_SOCIALE organizzata (anche mediante la delimitazione degli spazi interdetti a mezzo di nastri) e al materiale allontanamento dei tifosi “ordinari”, dotati di regolare biglietto, dai posti d riservare agli appartenenti ai gruppi “RAGIONE_SOCIALE“.
Le condotte contestate sono state attribuite al ricorrente alla luce delle immagini estrapolate dai filmati delle videoregistrazioni effettuate dalla polizia giudiziaria, successivamente riversate nelle relative annotazioni.
Ebbene, in linea di principio, il riconoscimento dell’imputato nel soggetto ritratto nei fotogrammi estratti dalla registrazione effettuata dalle telecamere di sicurezza presenti sul luogo di consumazione del delitto, operato da parte del personale di polizia giudiziaria che vanti pregressa personale conoscenza dello stesso, ha valore di indizio grave e preciso a suo carico, la cui valutazione, tuttavia, è rimessa al giudice di merito (Sez. 2, n. 45655 del 16/10/2014, Bennato, Rv. 260791).
Parallelamente, gli atti formati unilateralmente dalla polizia giudiziaria riproducono, seppur nella dimensione cartolare, una prova dichiarativa e devono essere valutati liberamente, in base ai parametri che regolano l’apprezzamento di
queste ultime, ove compatibili, in conformità ai criteri generali di valuta (Sez. 3, n. 16977 del 22/03/2022, Casanova, Rv. 283069).
Ebbene, la Corte territoriale, facendo corretta applicazione di tali princi dato atto della precisa identificazione del COGNOME da parte degli agenti della D della piena attendibilità di tale identificazione, effettuata da operanti che d seguivano con regolarità le iniziative e le attività della RAGIONE_SOCIALE, e ben conoscevano le effigie degli appartenenti ai gruppi RAGIONE_SOCIALE; della disponib da parte della difesa dei filmati m4desimi, versati agli atti per consen verifica processuale di tale riconoscimento.
A fronte ciò, la difesa si è limitata a contestare genericamente la valuta offerta dai giudici di merito, senza allegare, neanche in questa sede, concreto elemento di inattendibilità dell’individuazione medesima.
La censura (sollevata con il quinto motivo di ricorso), quindi, non sol manifestamente infondata (quanto all’asserita erroneità della valutazione), anche generica nella sua formulazione (omettendo di enunciare le ragioni di un pur prospettata inattendibilità). E, in quanto tale, indeducibile.
Ciò considerato, le condotte per le quali il COGNOME è stato ritenuto respons sono riconducibili a due diverse manifestazioni sportive: la partita hventus del 24 novembre 2018 (durante la quale il COGNOME veniva individuato mentre delimitava il settore con il nastro adesivo e, con atteggiamento intimidat imponeva a diversi tifosi di spostarsi e di andare a sedere dove lui indicava partita Juventus-Inter del 7 dicembre 2018 (durante la quale il COGNOME, coadiuva da tale NOME COGNOME, dopo aver appeso gli striscioni e delimitato l’access alcune aree, imponeva a numerosi tifosi di spostarsi e di prendere posto altr facendo allontanare, in particolare, in malo modo, tale NOME COGNOME avvicinandogli il capo fino ad appoggiare la sua fronte a quella del giovane fare di sfida e indicandogli col braccio di tornare sugli spalti).
Il ricorrente deduce (secondo e quarto motivo), per come si è detto, l’attività di delimitazione del settore con il nastro adesivo (alla quale era il NOME) rientrerebbe nella normale e ordinaria attività organizzativa conness libero esercizio del tifo sportivo, per cui non solo non potrebbe ontologicam sussumersi all’interno della fattispecie contestata, ma rappresenterebbe stessa esercizio di un diritto costituzionalmente rilevante (la libertà di riu di associazione: artt. 17 e 18 Cost.), posto in essere, peraltro, nel pieno delle prerogative altrui.
Le censure sono tutte manifestamente infondate.
Al ricorrente, per come si è detto, è contestato il reato di violenza privat aver imposto a diversi tifosi di spostarsi e di andare a sedere dove lui ind
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delimitando lo spazio “riservato” ed assumendo atteggiamento violento e minaccioso.
La relativa previsione normativa (art. 610 cod. pen.) tutela la libertà morale di ciascuno (quale essenziale forma di manifestazione della più ampia libertà individuale), sotto il profilo della libertà di ciascuno di autodeterminars spontaneamente, orientando i propri comportamenti in conformità alle decisioni liberamente prese (Sez. 5, n. 11522 del 03/03/2009, Fabro, Rv. 244199).
La condotta si identifica nell’uso della violenza (anche impropria, realizzata attraverso condotte ostruzionistiche: Sez. 5, n. 40482 del 18/05/2018, COGNOME) o nella minaccia (non necessariamente verbale) e, in AVV_NOTAIO in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente la persona offesa della libertà di azione e di determinazione (Sez. 5, n. 3991 del 14/12/2022, dep. 2023, C., Rv. 283961) o anche solo a rendere disagevole una lecita modalità di esplicazione del diritto nella titolarità della persona offesa (Sez. 5, n. 1053 del 06/10/2021, dep. 2022, Cinefra, Rv. 282467); in tal modo realizzando l’evento naturalistico del reato, rappresentato dalla condotta posta in essere dal soggetto coartato (fare, tollerare o omettere qualcosa).
Tale condotta, tuttavia, ancorché violenta o minacciosa, può, in linea di principio, essere legittimamente posta in essere, ove imposta da altra specifica norma giuridica (come nell’ipotesi del dovere di soccorso, prescritto dall’art. 593 cod. pen., che giustifica l’eventuale condotta violenta, astrattamente rientrante nel perimetro normativo dell’art. 610 cod. pen., utilizzata, ad esempio, per impedire un suicidio: Sez. 5, n. 1770 del 09/02/1984, Troncon, Rv. 162866), ma non può mai trovare la sua giustificazione nell’esercizio di paralleli diritti, ancorch questi ultimi manifestazione di libertà fondamentali (quali lo sciopero, la riunione o la manifestazione del pensiero), perché, all’evidenza, l’esercizio del diritto non può trasmodare nella parallela lesione di interessi altrui. In questi casi, la condotta violenta non è più esercizio di libertà (concetto che, ontologicamente, presuppone il rispetto di quella altrui e solo in tali limiti può essere riconosciuta), ma lesione di diritti, condotta (violenta o minacciosa) rispetto alla quale non può mai ritenersi applicabile la scriminante di cui all’art. 51 cod. pen. (Sez. 5, n. 7084 de 16/10/2015, dep. 2016, P., Rv. 266063).
Ciò considerato, in concreto, la concorde ricostruzione offerta dai giudici di merito dà atto che il NOME ha concretamente impedito a terze persone di utilizzare parte della balconata dello stadio, utilizzando atteggiamenti evidentemente minacciosi (analiticamente descritti nella sentenza impugnata, per entrambi gli episodi), attraverso i quali ha consapevolmente imposto alle persone offese la propria volontà, coartando la loro. Ebbene, anche a voler aderire alla ricostruzione prospettata dalla difesa (secondo cui il COGNOME era “incaricato” di fissare gli striscion
nel corso della manifestazione sportiva), tanto, alla luce di quanto sintetica osservato, non può legittimare una prevaricazione della volontà altrui.
Alla luce di quanto evidenziato dalla Corte territoriale, quindi, ris integrati gli estremi del reato contestato, in tutti i suoi elementi, e p conseguente responsabilità del ricorrente.
Il terzo è inammissibile in quanto deduce circostanze irrilevanti ai fini valutazione di responsabilità del ricorrente. Così come, in caso di sen di assoluzione di due coimputati per il medesimo reato, contestato nell’ambito medesimo procedimento, la scelta insindacabile del pubblico ministero di no proporre impugnazione contro il proscioglimento nel merito di uno degli stes non determina alcun effetto preclusivo ai fini dell’impugnazione della sente assolutoria nei confronti dell’altro coimputato (Sez. 2, n. 32033 del 21/03/ Berni, Rv. 277512), anche la relativa assoluzione (nei confronti del coimputato medesimo reato), in sé, non determina alcuna illogicità della motivazione condanna a carico dell’altro imputato condannato.
Il sesto, in ultimo, è, anch’esso manifestamente infondato. Com’è not infatti, il giudice ha, sì, l’onere di indicare le emergenze processuali dete per la formazione del proprio convincimento, così da consentire l’individuazi dell’iter logico-giuridico che ha condotto alla soluzione adottata, ma il sile una specifica deduzione prospettata con il gravame diviene irrilevante ove e sia disattesa dalla motivazione complessivamente considerata (Sez. 3, n. 3239 04/10/2022, dep. 2023, T., Rv. 284061).
Ebbene, in concreto, la Corte ha esplicitamente evidenziato come i numeros procedimenti penali (anche gravi) emersi a carico dell’imputato abbiano preclu la formulazione di una prognosi positiva in ordine al futuro comportamen dell’imputato.
La motivazione è dettata con specifico riferimento all’invocata possibilit una sostituzione della pena detentiva, ma, all’evidenza, essendo fondata medesimi elementi rilevanti anche ai fini del riconoscimento della sospensi condizionale (anch’essa fondata sulla medesima valutazione prognostica), idonea a giustificarne l’esclusione.
D’altronde, il ricorrente nulla argomenta in ordine alle ragioni per precedenti valutati dalla Corte territoriale non siano impeditivi rispet formulazione di un positivo giudizio prognostico. Tanto più che a carico ricorrente risultano plurime condanne definitive anche per reati gravi: le personali colpose in concorso, omicidio colposo in concorso (condanna per la qua era stata riconosciuta la sospensione condizionale della pena, poi revocata),
ricettazione (per la quale la pena è stata sostituita con la libertà contr plurimi fatti di detenzione e cessione di sostanze stupefacenti (in relazione al era stata concesso l’affidamento in prova ai servizi sociali, poi revoc estorsione. Elementi tutti ostativi al riconoscimento del beneficio invocato.
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricor condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento de spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa de ammende.
Così deciso il 27 febbraio 2024 Il Presidente