Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 6343 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2   Num. 6343  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/01/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME NOME a CONDOFURI il DATA_NASCITA COGNOME NOME NOME a CONDOFURI il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 06/12/2022 della CORTE di APPELLO di TORINO
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME AVV_NOTAIO che ha concluso chiedendo il rigetto di entrambi i ricorsi. udito il difensore AVV_NOTAIO, anche in sostituzione dell’AVV_NOTAIO, che ha insistito nei motivi.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di Appello di Torino, con sentenza in data 6 dicembre 2022, in riforma della pronuncia del Tribunale di Aosta dell’11-2-2020, dichiarava COGNOME NOME colpevole del reato di cui all’art. 611 cod.pen. così riqualificata l’ipotesi di cui all’art. 377 cod.pen. allo stesso con limitatamente alla condotta in danno di COGNOME NOME e dichiarava non doversi procedere nei confronti di COGNOME NOME quanto al fatto di estorsione in danno di COGNOME NOME contestato al capo n. 3 per intervenuta prescrizione, confermando nel resto la pronuncia di assoluzione in primo grado.
 Avverso detta sentenza proponevano ricorso i difensori degli imputati; l’AVV_NOTAIO, nell’interesse di COGNOME, deduceva, con distinti motivi qui riassunti ex art. 17 disp.att. cod.proc.pen.:
inosservanza di norme processuali previste a pena di nullità.ex art. 606 lett. c) cod.proc.pen. in relazione agli artt. 521, 522, 111 Cost. e 6 CEDU per avere il giudice di appello condanNOME l’imputato per un fatto diverso da quello contestato e per una qualificazione giuridica rispe alla quale non vi era stata possibile difesa con lesione del diritto al contraddittorio;
violazione dell’art. 606 lett. e) cod.proc.pen. per mancanza, contraddittorietà e manifes illogicità della motivazione emergente dal testo del provvedimento impugNOME e da atti del processo specificamente indicati; in particolare si deduceva che non sussisteva alcuna condotta illecita in quanto le dichiarazioni rese dal testimone COGNOME in sede di rinnovazione dell’istruz dibattimentale in appello dovevano ritenersi del tutto sovrapponibili a quelle rese in sede incidente probatorio; doveva pertanto affermarsi che l’alterco intercorso tra l’imputato ed testimone, svoltosi il 31 ottobre del 2018, non aveva in concreto prodotto alcun effetto sul deposizione il cui contenuto era stato travisato dalla Corte di appello quanto alla suppost estorsione commessa da NOME COGNOME; non sussistendo la possibilità di desumere alcuna condotta estorsiva dalle dichiarazioni del testimone COGNOME conseguentemente anche l’ipotesi ritenuta a carico di COGNOME NOME doveva essere esclusa;
-violazione di legge e difetto di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza a li oggettivo e soggettivo del reato fine costituito da una supposta falsa testimonianza; la Cort aveva errato nel ritenere che la condotta posta in essere dal ricorrente fosse finalizzata ad indur il testimone a rendere falsa testimonianza, non essendo stato spiegato se la ritrattazione avesse ad oggetto dichiarazioni precedenti vere ovvero false stante che il ricorrente aveva agito nell consapevolezza dell’innocenza del fratello NOME; cosicché la violenza e la minaccia non erano finalizzate ad indurre il soggetto passivo alla commissione del reato di falsa testimonianza e condotta poteva al più integrare le ipotesi di cui agli articoli 610 o 612 codice penale per le q mancava la querela, circostanza questa già esposta dal giudice di primo grado; inoltre l’esistenza di buoni rapporti tra le parti e tra i rispettivi nuclei familiari doveva escludere la sussist ipotesi estorsive circostanza questa che dimostrava come il ricorrente avesse agito nella convinzione della falsità delle accuse rivolte al fratello poiché il fatto di estorsione in ogn sarebbe avvenuto 10 anni prima l’inizio del procedimento e l’applicazione della misura cautelare; – vizio di motivazione quanto alla determinazione della pena ed alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche;
 violazione di legge in relazione alla omessa riduzione della pena per il rito abbreviato.
Gli AVV_NOTAIOti AVV_NOTAIO e COGNOME nell’interesse di NOME COGNOME deducevano con distinti motiv qui riassunti ex art. 173 disp.att. cod.proc.pen.:
mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione per travisamento della prova; in particolare si deduceva che le dichiarazioni rese dal testimone COGNOME in sede di indagini, nel corso dell’incidente probatorio ed infine in sede di rinnovazione dell’istruzi dibattimentale in appello non avevano il portato dichiarativo loro attribuito dalla Corte di secon grado avendo il testimone sempre escluso di avere subito minacce anche indirette da parte del ricorrente; invero, il teste COGNOME, aveva soltanto riferito di atteggiamenti del ricorrente t
indurlo all’acquisto del capannone negando però qualsiasi condotta illecita nonché pressioni di natura estorsiva; inoltre, le dichiarazioni in sede di rinnovazione dell’istruzione in appello, del tutto conformi a quelle già rese in sede di incidente probatorio e dalle stesse non potev ricavarsi la sussistenza degli elementi costitutivi del reato affermata dal giudice di appello; – mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in quanto la sentenza d appello aveva omesso di fornire una motivazione rafforzata rispetto alle conclusioni del giudizio di primo grado quanto a rilevanti aspetti della ricostruzione dei fatti inconciliabili contestazione, costituiti dalla esistenza di rapporti di amicizia tra i nuclei familiari del nonché dall’evidente interesse di natura economica in capo al testimone COGNOME che doveva fare dubitare della attendibilità del medesimo. 
CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso nell’interesse di NOME COGNOME è proposto per motivi manifestamente infondati e deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile. Innanzi tutto va ricordato come sia stato affermato che in tema di impugnazioni, l’imputato che, senza aver rinunciato alla prescrizione, proponga ricorso per cassazione avverso sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione, è tenuto, a pena di inammissibilità, a dedurre specifici motivi a sostegno della ravvisabilità in atti, in modo evidente e non contestabi di elementi idonei ad escludere la sussistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte sua e la configurabilità dell’elemento soggettivo del reato, affinché possa immediatamente pronunciarsi sentenza di assoluzione a norma dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen., ponendosi così rimedio all’errore circa il mancato riconoscimento di tale ipotesi in cui sia incorso il gi della sentenza impugnata (Sez. 4, n. 8135 del 31/01/2019, Rv. 275219 – 01); sullo stesso tema si è anche ritenuto che è inammissibile, per genericità dei motivi, il ricorso per cassazio avverso la sentenza dichiarativa della prescrizione del reato, con cui sia dedotta la sussistenz dei presupposti per l’assoluzione dell’imputato ex art. 129, comma 1, cod. proc. pen. senza prospettare l’evidenza della causa di non punibilità specificamente invocata, in conformità all previsione dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen. (Sez. 3, n. 18069 del 20/01/2022, Rv. 283131 – 01). L’applicazione dei sopra esposti principi al caso in esame comporta affermare l’inammissibilità per genericità e manifesta infondatezza delle doglianze avanzate da COGNOME posto che, nessuno degli elementi addotti, appare idoneo a fornire prova dell’evidenza dell’insussistenza dei fatti e ciò anche alla luce della precisa ricostruzione contenuta ne sentenza di appello della condotta del COGNOME al momento dell’acquisto del capannone, effettuato mettendo a disposizione l’intera provvista pur a fronte di una intestazione in capo anche a ricorrente. Corte di Cassazione – copia non ufficiale 
1.1  GLYPH Manifestamente infondato è anche il secondo motivo posto che il giudice di appello con gli argomenti specificamente esposti alle pagine 11-13 dell’impugnata pronuncia ha proprio confutato le conclusioni cui era pervenuto il primo giudice ed a tale conclusione perveniva in forza della rinnovata istruzione mediante l’escussione nel contraddittorio del teste principa COGNOME.
In conclusione, l’impugnazione di COGNOME deve ritenersi inammissibile a norma dell’art. 606 comma terzo cod.proc.pen.; alla relativa declaratoria consegue, per il dispost dell’art. 616 cod.proc.pen., la condanna del predetto ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento in favore della cassa delle ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativannent 3.000,00.
2. Infondati appaiono tutti motivi del ricorso di COGNOME NOME in ordine alla sussistenza dell fattispecie ritenuta all’esito del giudizio di appello; ed invero, quanto al primo motivo, sussiste la violazione del principio di correlazione tra fatto contestato e delitto ritenuto doven richiamare quell’orientamento secondo cui non viola il principio di correlazione tra accusa sentenza, la decisione di condanna per il reato di violenza privata (art. 610 cod. pen.) a fro della contestazione del delitto di intralcio alla giustizia (art. 377, comma terzo, cod. p trattandosi di figure criminose che hanno in comune l’elemento della minaccia o della violenza, funzionali al conseguimento dello scopo avuto di mira dall’agente, vale a dire l’induzione dell vittima a determinati comportamenti (Sez. 5, n. 34939 del 10/06/2016, Rv. 267746 – 01); e tale conclusione deve essere adottata anche quando, a fronte della iniziale contestazione di cui all’art. 377 cod.pen., l’imputato sia stato ritenuto colpevole della fattispecie di cui all’a cod.pen. sussistendo una precisa analogia tra le diverse fattispecie, in cui la condotta violenta minacciosa mira nel primo caso ad ottenere la falsa testimonianza e nel secondo a commettere un reato.
Peraltro, deve ancora essere ricordato sul punto che per la sussistenza del delitto previsto dall’art. 611 cod. pen. è sufficiente che la violenza o la minaccia sia idonea, nel momento in c viene esercitata, a determinare altri a commettere un fatto costituente reato, non essendo necessario che il reato-fine sia consumato o tentato (Sez. 1, n. 33703 del 17/03/2021 Rv. 281790 – 01), così che l’elemento di diversità segnalato dal primo motivo di ricorso non costituisce neppure elemento costitutivo dell’ipotesi di cui all’art. 611 cod.pen..
2.1 Il secondo ed il terzo motivo propongono tutta una inammissibile rilettura delle emergenze probatorie non consentita nella presente sede di legittimità; il giudice di appello ricostruiti i fatti avvenuti tra NOME COGNOME e COGNOME NOME, attribuiva agli stessi carat contenuto sostanzialmente estorsivo evidenziando e sottolineando l’anomalia dell’operazione di acquisto di un bene intestato in comproprietà ai due a fronte di un pagamento a carico del solo COGNOME e tale conclusione appare certamente priva di qualsiasi illogicità. Così che a fronte di ta rapporto sottostante, la chiara intimidazione posta in essere dal ricorrente NOME COGNOME ai danni del COGNOME COGNOME occasione dell’incidente probatorio del 31 ottobre 2018, veniva intesa quale chiaramente mirata ad ottenere una pur parziale ritrattazione in favore del fratello, c valutazione che in quanto ancorata ad una precisa ricostruzione dei fatti appare del tutto esente dalle lamentate censure.
Né rilievo alcuno rivestono quegli ulteriori elementi dedotti nella seconda parte del ter motivo e relativi ai rapporti di amicizia tra i nuclei familiari ovvero alla data di concl
dell’operazione immobiliar.e che al più possono attenere al movente dell’azione del NOME COGNOME ed appaiono del tutto estranei all’oggetto del dolo.
2.2 La determinazione della pena e la negazione delle attenuanti generiche trovano poi fondamento nelle analitiche osservazioni svolte dalla corte di appello a pagina 15 della motivazione del tutto prive dei vizi dedotti.
Fondato è invece l’ultimo motivo poiché la corte di appello nello stabilire la pena finale anni 1 di reclusione non ha operato la diminuzione per il rito abbreviato; conseguentemente l’impugnata sentenza deve essere annullata senza rinvio limitatamente alla determinazione della pena da stabilirsi a carico di COGNOME NOME in mesi 8 di reclusione.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME limitatamente al trattamento sanzioNOMErio e ridetermina la pena in mesi 8 di reclusione. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Dichiara inammissibile il ricorso di COGNOME che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Roma, 10 gennaio 2024