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Violenza domestica: no al ricorso se c’è pericolo

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un uomo indagato per violenza domestica contro la moglie e la figlia minorenne. La Corte ha confermato la misura del divieto di avvicinamento, stabilendo che la separazione e il diritto di visita possono aggravare il rischio, rendendo prioritaria la tutela del minore rispetto agli interessi del genitore violento.

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Pubblicato il 16 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Violenza domestica: la tutela del minore prevale sul diritto di visita del genitore

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 20004/2024) ha riaffermato un principio cruciale in materia di violenza domestica: la protezione dei minori ha la priorità assoluta, anche quando ciò comporta una limitazione del diritto di visita del genitore. Il caso analizzato riguarda un uomo indagato per maltrattamenti contro la moglie e la figlia minore, il cui ricorso contro un’ordinanza di divieto di avvicinamento è stato respinto. La decisione sottolinea come la separazione, lungi dal risolvere il problema, possa anzi aggravare il pericolo di reiterazione del reato.

I fatti del caso: la violenza e il ricorso

La vicenda trae origine dall’appello del Pubblico Ministero contro la decisione di un Giudice per le indagini preliminari che aveva inizialmente respinto la richiesta di una misura cautelare. Il Tribunale di Lecce, accogliendo l’appello, aveva imposto all’indagato il divieto di avvicinamento alla moglie e alla figlia minore. L’uomo, nonostante un percorso presso una comunità, aveva ripreso i comportamenti violenti dopo essere stato riaccolto in casa dalla moglie. Un episodio videoregistrato, in cui l’uomo scaraventava a terra la figlia con un forte schiaffo, ha costituito una prova schiacciante.

L’indagato ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo di avere un buon rapporto con la figlia e che il pericolo di reiterazione fosse inesistente, attribuendo alla moglie comportamenti ‘altalenanti’. Inoltre, ha evidenziato la frequentazione di un centro per uomini maltrattanti e del Sert come prova della sua volontà di cambiamento.

La decisione della Cassazione sulla violenza domestica

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo generico e confermando pienamente la valutazione del Tribunale di Lecce. I giudici hanno evidenziato che la ricostruzione dei fatti operata dal Tribunale era approfondita, logica e immune da censure.

Il pericolo aggravato dalla separazione e dal diritto di visita

Un punto centrale della sentenza riguarda la valutazione del pericolo. Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, la Cassazione ha ribadito che la separazione coniugale, in un contesto di violenza domestica, non elimina ma può aggravare le esigenze cautelari. La scelta della donna di liberarsi da una relazione violenta rappresenta un atto di autonomia che l’uomo maltrattante può percepire come una sfida, aumentando il rischio di ritorsioni. In questo specifico caso, il diritto di visita alla figlia, consentito solo in presenza della madre, diventava un’occasione di rischio sia per la donna che per la bambina, vittima diretta e testimone delle violenze.

La tutela del minore come priorità assoluta: il principio del ‘best interest of the child’

La Corte ha fondato la sua decisione sul principio del ‘best interest of the child’ (superiore interesse del fanciullo), sancito da convenzioni internazionali come la Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e la Convenzione di Istanbul. Questo principio impone che, in ogni decisione giudiziaria, l’interesse del minore sia considerato preminente. Il Tribunale ha correttamente bilanciato il diritto di visita del padre con le esigenze di tutela della minore, ritenendo queste ultime prevalenti. La violenza subita, sia diretta che assistita, e i precedenti penali dell’uomo per reati contro la stessa persona offesa, hanno reso necessaria l’imposizione della misura cautelare per garantire la sicurezza della bambina.

Le motivazioni della Corte

Le motivazioni della Cassazione si basano su una lettura costituzionalmente e convenzionalmente orientata delle norme sulla violenza domestica. La Corte ha sottolineato che, secondo l’esperienza e la giurisprudenza internazionale (inclusa quella della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo), la separazione è un momento di massimo rischio. I figli, in queste situazioni, possono diventare uno strumento per l’agente per continuare a perseguitare la vittima. La frequentazione di percorsi di recupero, se non documentata nei suoi esiti positivi, non è di per sé sufficiente a escludere la concretezza e l’attualità del pericolo di reiterazione dei reati.

Le conclusioni

La sentenza n. 20004/2024 della Corte di Cassazione consolida un orientamento fondamentale: nella lotta alla violenza domestica, la protezione delle vittime, e in particolare dei minori, deve essere la priorità assoluta del sistema giudiziario. Il diritto di un genitore a mantenere un rapporto con il figlio non può mai prevalere quando questo rapporto costituisce un pericolo per l’integrità fisica e psicologica del minore stesso e dell’altro genitore. La decisione funge da monito, ribadendo che la valutazione del rischio deve essere rigorosa e basata su elementi concreti, considerando la separazione come un potenziale fattore di aggravamento e non di attenuazione del pericolo.

La separazione tra coniugi riduce il rischio di violenza domestica?
No, secondo la Corte la separazione può, al contrario, aggravare le esigenze cautelari. La scelta della donna di liberarsi dalla relazione violenta può essere vista come un atto di affermazione della propria autonomia, negata durante la relazione, e può innescare una reazione violenta da parte dell’uomo maltrattante.

Il diritto di visita del padre prevale sulla necessità di proteggere il minore e la madre dalla violenza?
No, la sentenza stabilisce chiaramente che il principio del ‘best interest of the child’ (superiore interesse del minore) è preminente. Il diritto di visita del padre deve essere bilanciato con le esigenze di tutela della minore, e se questo diritto espone la bambina e la madre a un rischio concreto, le esigenze di protezione sono considerate prevalenti.

Frequentare un centro per uomini maltrattanti è sufficiente a escludere le esigenze cautelari?
No, la mera frequentazione di un centro per uomini autori di violenze o del Sert, senza una documentazione che ne attesti l’esito positivo, non è considerata sufficiente a eliminare il pericolo concreto e attuale di reiterazione del reato, soprattutto in presenza di una storia di violenze e precedenti specifici.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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