Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 34487 Anno 2025
X
avverso la sentenza dell’11/11/2024 della Corte di appello di Brescia visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
letta  la  requisitoria  del  Pubblico  Ministero,  in  persona  del  AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza dell’11 novembre 2024 la Corte di appello di Roma ha rigettato l’impugnazione proposta da COGNOMECOGNOME nei confronti della sentenza del 19 marzo 2024 del Tribunale di Brescia, con la quale lo stesso imputato era stato condannato alla pena di sei anni di reclusione e al risarcimento dei danni in favore della parte civile, per aver maltrattato la compagna convivente COGNOMEXXXXXX, cagionandole lesioni personali e costringendola a subire un atto sessuale, nonchØ per aver illegalmente detenuto e portato in luogo pubblico un’arma comune da sparo.
Avverso tale sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, mediante l’AVV_NOTAIO, che lo ha affidato a otto motivi.
2.1. Con il primo motivo ha denunciato, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., un vizio della motivazione, nella parte relativa alla valutazione delle credibilità della persona offesa.
Ha sottolineato la difesa la contraddittorietà della sentenza impugnata che muove dalla falsità della versione resa dall’imputato, con particolare riferimento ai fatti del 19/07/2023, per poi far ricorso alle ulteriori risultanze istruttorie per corroborare il portato accusatorio della persona offesa, rilevando come tale necessità rivela un dubbio latente sulla credibilità della denunciante e come i riscontri abbiano natura circolare, posto che alcune delle risultanze istruttorie (messaggi) sono state fornite dalla stessa persona offesa, altre sono rappresentate dalle dichiarazioni del fratello di quest’ultima, mentre le dichiarazioni della teste COGNOME sono relative soltanto ai fatti del 19/07/2023.
Ha ancora eccepito l’illogicità della sentenza impugnata poichØ antepone i fatti denunciati e da provare, ritenendoli veri, alla valutazione della credibilità della persona
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME NOME
Penale Sent. Sez. 3   Num. 34487  Anno 2025
Presidente: COGNOME
Data Udienza: 02/10/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
R.G.N. 17865/2025
NOME COGNOME
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
COGNOMECOGNOMECOGNOMECOGNOMECOGNOMECOGNOMECOGNOMECOGNOMEXX
offesa, senza valutare le ragioni economiche ed extraprocessuali di cui la persona offesa era portatrice ancor prima di costituirsi parte civile.
2.2. Con il secondo motivo ha eccepito, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., un vizio della motivazione, in relazione al delitto di maltrattamenti in famiglia, evidenziandosi numerose contraddizioni nella deposizione della parte civile, con riferimento a) alle diverse indicazioni in merito all’inizio delle condotte di minaccia, poi sfociate in aggressioni fisiche, b) alla mancata narrazione, nella denuncia del 19/07/2023, dell’episodio di violenza fisica in India, raccontato solo in udienza, c) alle aporie nel narrato della parte civile sul ruolo della famiglia dell’imputato, d) al luogo di una delle fotografie fornita dalla persona offesa delle proprie lesioni, risultando che lo scatto era avvenuto in Brunico (BZ), località di cui non era stata fatta menzione.
2.3. Con il terzo motivo ha eccepito, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen. violazione di legge in relazione alla sussistenza della circostanza aggravante della presenza di soggetto minore al delitto di maltrattamenti in famiglia, sottolineando che la minore COGNOMEXXXXX Ł nata il DATA_NASCITA, allorquando la convivenza tra imputato e persona offesa era già interrotta da mesi, mentre con riferimento agli episodi asseritamente maltrattanti successivi la minore avrebbe assistito solo all’episodio del 19/07/2023, vale a dire ad un unico episodio, non sufficiente ad integrare la circostanza aggravante di cui all’art. 572, comma 2, cod. pen. secondo la giurisprudenza di legittimità richiamata in ricorso.
2.4. Con il quarto motivo ha lamentato, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., un vizio della motivazione, in relazione al delitto di lesioni personali del 03/05/2023, posto che, a fronte della negazione del fatto da parte dell’imputato, le dichiarazioni del fratello della persona offesa sarebbero illogiche, poichØ collocava un fatto simile nel 2022 e non nel 2023, mentre la parte civile avrebbe fornito diverse versioni sulle modalità della vicenda.
2.5. Con il quinto motivo ha eccepito, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen. violazione di legge in relazione al delitto di lesioni personali volontarie in danno della minore NOME, con riferimento alla sussistenza del dolo ai sensi dell’art. 43 cod. pen., dal momento che l’aggressione dell’imputato era diretta unicamente nei confronti della parte civile, potendo quindi ricorrere la colpa, eventualmente cosciente, non una calcolata accettazione del rischio.
2.6. Con il sesto motivo ha lamentato, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., un vizio della motivazione, in relazione al delitto di lesioni personali volontarie in danno della minore NOME, avendo la parte civile sempre ribadito la natura involontaria della condotta del ricorrente e non essendo stato accertato se l’agente abbia accettato le conseguenze lesive per la minore come possibile sviluppo della propria condotta, avuto riguardo a) alla chiamata dello stesso imputato al numero di emergenza, b) alla mancanza di precedenti aggressioni dell’imputato verso la figlia, c) alla genesi delle lesioni, cagionate, secondo la versione della stessa parte civile, dall’urto della minore verso la parete o dal contatto involontario con il ciuccio della bambina.
2.7. Con il settimo motivo ha censurato, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., un vizio della motivazione della sentenza impugnata, con riferimento alla circostanza attenuante di cui all’art. 609-bis, ultimo comma, cod. pen., essendo stati evidenziati, nel gravame di appello, la presenza di alcuni elementi per cui l’ipotesi avrebbe potuto essere ricondotta all’ipotesi di minore gravità, tra i quali la circostanza per cui la persona offesa ha proseguito la convivenza con l’imputato e declinato l’invito a farsi assistere da una struttura, senza neanche ricordare tale episodio all’imputato nei messaggi
da costei prodotti, mancando in ogni caso una valutazione globale del fatto, limitandosi il provvedimento impugnato ad evidenziare la natura del rapporto.
2.8. Con l’ottavo motivo ha censurato, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., un vizio della motivazione della sentenza impugnata, con riferimento al delitto di detenzione illegale d’arma, in relazione alla scriminante putativa ex artt. 54 e 59, comma 2, cod. pen., in merito alla quale la sentenza impugnata non si sarebbe confrontata con il motivo di appello.
E’ pervenuta memoria dell’AVV_NOTAIO, difensore del ricorrente, con la quale si insiste per l’accoglimento del ricorso, evidenziando che, con riferimento ai motivi 1, 2, 4 e 7, dalla lettura delle sentenze emergono le lacune indicate, mentre, con riferimento al motivo n. 3, trattandosi di qualificazione giuridica del fatto può essere dedotta per la prima volta in sede di giudizio di legittimità, infine con riferimento ai motivi 5 e 6 richiama il tema della natura colposa dell’evento, una volta ritenuta credibile la persona offesa.
E’ pervenuta altresì memoria dell’AVV_NOTAIO, difensore della parte civile costituita,  con  la  quale  si  chiede  dichiararsi  inammissibile  il  ricorso  e,  in  subordine, confermarsi la sentenza impugnata, con condanna alle spese del giudizio di legittimità che dovranno essere liquidate dalla Corte di appello di Brescia.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł manifestamente infondato.
Il primo e il secondo motivo, congiuntamente esaminati perchØ incentrati su un vizio della motivazione che sarebbe insufficiente e illogica nella parte relativa alla valutazione di credibilità della persona offesa, sono manifestamente infondati perchØ proposti fuori dai casi consentiti dallo scrutinio di legittimità.
2.1 La costante giurisprudenza di questa Corte ha sempre affermato che le censure che, a dispetto del formale riferimento alla mancanza, contraddittorietà e illogicità della motivazione, si risolvano in confutazioni della valutazione, operata dai giudici di merito, del compendio probatorio acquisito in giudizio, anche sulla base di possibili letture alternative dello stesso, fuoriescono con nettezza dai limiti cognitivi assegnati per legge al giudice di legittimità, finendo per attribuire allo stesso l’improprio e non consentito ruolo di un sindacato di merito. In tal senso concorrono infatti, tra le altre, le costanti affermazioni secondo cui, anche dopo la modifica dell’art. 606 lett. e) cod. proc. pen., introdotta dalla I. n. 46 del 2006, il sindacato della Corte di cassazione continua a restare quello di sola legittimità sì che seguita ad esulare dai poteri della stessa quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione anche laddove venga prospettata dal ricorrente una diversa e piø adeguata valutazione delle risultanze processuali, rimanendo esclusa la possibilità che la verifica sulla correttezza e completezza della motivazione si tramuti in una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito (tra le altre, Sez. 5, n. 23419 del 23/05/2007, COGNOME, Rv. 236893; Sez. 4, n. 35683 del 10/07/2007, COGNOME, Rv. 237652), così come quelle secondo cui sono inammissibili tutte le doglianze che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, e dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (da ultimo, Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747).
Deve aggiungersi che l’obbligo di motivazione del giudice dell’impugnazione non richiede necessariamente che egli fornisca specifica ed espressa risposta a ciascuna delle singole argomentazioni, osservazioni o rilievi contenuti nell’atto d’impugnazione, ove il suo discorso giustificativo indichi le ragioni poste a fondamento della decisione e dimostri di aver
tenuto presenti i fatti decisivi ai fini del giudizio, sicchØ, quando ricorre tale condizione, le argomentazioni addotte a sostegno dell’appello, ed incompatibili con le motivazioni contenute nella sentenza, devono ritenersi, anche implicitamente, esaminate e disattese dal giudice, con conseguente esclusione della configurabilità del vizio di mancanza di motivazione di cui all’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. (tra le altre, Sez. 1, n. 37588 del 18/06/2014, Amaniera, Rv. 260841; nello stesso senso, Sez. 2, n. 46261 del 18/09/2019, Cammi, Rv. 277593).
2.2  Ciò  posto,  le  censure  svolte  dal  primo  motivo  di  ricorso  ricadono  nelle inammissibilità ricordate, laddove si dolgono della mancata considerazione di elementi che, ove adeguatamente considerati, avrebbe dovuto condurre la Corte di merito a ritenere la parte civile non credibile, avendo la Corte territoriale anteposto la valutazione dei fatti denunciati, ritenendoli veri, alla valutazione della credibilità della parte civile.
Contrariamente a quanto dedotto in ricorso, la Corte territoriale, nel disattendere le censure riportate nel primo motivo di appello, ha illustrato, senza vizi logici, alle pagine 23 ss. della sentenza impugnata, la credibilità delle dichiarazioni della parte civile, condividendo il giudizio formulato dai giudici di primo grado, in particolare richiamando l’episodio del 19/07/2023, nel quale la persona offesa era stata fisicamente aggredita, inseguita e minacciata con arma dall’imputato (che aveva anche commesso il reato di evasione dagli arresti domiciliari cui era sottoposto), sottolineando come le dichiarazioni della donna messe in discussione dalla opposta versione dell’aggressore, secondo cui le lesioni della persona offesa erano state involontariamente provocate e l’arma si trovava in una scatola, senza il caricatore inserito- erano riscontrate da quanto riferito da una teste oculare
(COGNOMECOGNOMEX) e dalla perquisizione operata dai militari intervenuti che avevano proceduto al sequestro dell’arma da sparo, rinvenendola, con il caricatore inserito, sotto il sedile dell’auto guidata dal ricorrente. La Corte di merito ha poi sottolineato lo stato di costante ansia e paura in cui viveva la persona offesa a causa delle vessazioni dell’uomo, richiamando le dichiarazioni della teste che aveva assistito all’episodio del 19/07/2023, ma anche le dichiarazioni del fratello della persona offesa che, oltre a riportare quanto appreso dalla sorella, aveva riferito anche di un incontro tra le due famiglie avente ad oggetto proprio le vessazioni subite dalla sorella e conclusosi con minacce rivolte dall’imputato a tutti i familiari della donna. La Corte di appello ha logicamente risposto ai rilievi finalizzati ad inquadrare i rapporti tra i coniugi in un ambito di conflittualità di coppia, sottolineando la asimmetria delle opposte forze ed evidenziando, senza vizi logici, come non possa parlarsi di conflittualità in presenza di violenza fisica e verbale persistente ai danni della donna che ne usciva sempre e solo soccombente, tanto che la sensazione di paura per l’incolumità aveva sempre riguardato la donna ed il rischio era sempre proveniente dall’imputato. I giudici di merito hanno, senza vizi logici, ritenuto sussistente anche la fattispecie di violenza sessuale contestata al capo 4 della rubrica, avendo la donna offerto una spiegazione della condotta del marito, che intendeva punirla per aver lei ammesso di aver ella avuto in precedenza una relazione con un conoscente di entrambi, e riferito di una sua chiara manifestazione di volontà contraria ad avere un rapporto sessuale, precisando in udienza di non aver riferito l’episodio nella denuncia sporta il 19/07/2023, essendo sconvolta dalle percosse e dalle minacce subite dall’imputato, nonchØ dalla contusione riportata dalla figlia di sette mesi.
Rileva, pertanto, il Collegio che i vizi dedotti in ricorso, circa il metodo di valutazione della credibilità della persona offesa, sono smentiti dalla lettura della pronuncia impugnata, che consente di rilevare la sussistenza di un apparato motivazionale connotato da lineare e
coerente logicità in punto di colpevolezza dell’imputato, escludendo motivi di natura economica a fondamento delle denuncia sporta dalla persona offesa e sottolineando come detta denuncia si era rivelata necessitata al fine di tutelare, a fronte della crescente aggressività dell’uomo, la vita della denunciante e quella della figlia.
I giudici di primo grado hanno, inoltre, richiamato le dichiarazioni dello stesso imputato, che aveva confermato gran parte degli episodi riferiti dalla persona offesa, nonchØ le fotografie ritraenti il volto della donna con lividi e l’imputato con in mano armi, ed ancora il verbale di pronto soccorso relativo all’episodio di lesioni del 19/07/2023 e il contenuto delle chat prodotte dalla parte civile, dovendosi ricordare come nel caso di specie ricorre l’ipotesi di “doppia conforme”, rilevante ai fini del controllo di legittimità sulla motivazione, in quanto la sentenza di appello, nella sua struttura argomentativa, si salda con quella di primo grado sia attraverso ripetuti richiami a quest’ultima, sia adottando gli stessi criteri utilizzati nella valutazione delle prove, con la conseguenza che le due pronunce possono essere lette congiuntamente costituendo un unico complessivo corpo decisionale (Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218).
2.3. Quanto alle lacune motivazionali evidenziate nel secondo motivo di ricorso, le censure mosse sono espresse in termini di mero dissenso valutativo, non consentito nel giudizio di legittimità, e riportate peraltro in modo del tutto generico e non autosufficiente, non riportando il testo integrale dei riferimenti effettuati in ricorso (verbale di denuncia del 19/07/2023 e dichiarazioni rese dalla persona offesa). In proposito, deve essere ricordato l’insegnamento di questa Corte secondo cui non basta prospettare una valutazione della prova diversa rispetto a quella del giudice di merito ovvero asserire l’eventuale erronea lettura di un dato fattuale per denunciare il vizio di illogicità manifesta, essendo altresì necessario spiegare perchØ venga a configurarsi una illogicità manifesta, ovverosia di immediata e lampante evidenza, tale da scardinare e destrutturare l’intero impianto motivazionale di riferimento (Sez. 2, n. 38818 del 07/06/2019, M., Rv. 277091). Ai fini della validità del ricorso per cassazione non Ł, perciò, sufficiente che il ricorso consenta di individuare le statuizioni concretamente impugnate e i limiti dell’impugnazione, ma Ł altresì necessario che le ragioni sulle quali esso si fonda siano esposte con sufficiente grado di specificità e che siano correlate con la motivazione della sentenza impugnata; con la conseguenza che se, da un lato, il grado di specificità dei motivi non può essere stabilito in via AVV_NOTAIO ed assoluta, dall’altro, esso esige pur sempre – a pena di inammissibilità del ricorso – che alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata vengano contrapposte quelle del ricorrente, volte ad incrinare il fondamento logico-giuridico delle prime. ¨ quindi onere del ricorrente, nel chiedere l’annullamento del provvedimento impugnato, prendere in considerazione gli argomenti svolti dal giudice di merito e sottoporli a critica, nei limiti s’intende – delle censure di legittimità (così, in motivazione, Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014).
Il terzo motivo Ł inammissibile perchØ nuovo.
Il motivo Ł nuovo laddove contesta la sussistenza della circostanza aggravante della presenza di minori nel reato di maltrattamenti di cui all’art. 572, comma 2, cod. pen. perchØ, essendo la minore stata presente nel solo episodio del 19/07/2023, il fatto non era costituito da quel numero minimo di episodi idoneo a rivelare la maggiore pericolosità e offensività della condotta criminosa.
Non risulta, infatti, che la censura sia stata proposta con il gravame di appello, tanto che la Corte di merito, nella sentenza impugnata, non ne ha fatto menzione nella parte dedicata al riepilogo dei motivi di appello prospettati dal ricorrente; nØ il riepilogo Ł stato contestato nei motivi di ricorso per cassazione (Sez. 2, n. 9028 del 05/11/2013, dep. 2014,
Carrieri, Rv. NUMERO_DOCUMENTO).
Non sono, infatti, deducibili con il ricorso per cassazione questioni che non abbiano costituito oggetto di motivi di gravame, dovendosi evitare il rischio che, in sede di legittimità, sia annullato il provvedimento impugnato con riferimento ad un punto della decisione rispetto al quale si configura a priori un inevitabile difetto di motivazione per essere stato intenzionalmente sottratto alla cognizione del giudice di appello (Sez. 2, n. 34044 del 20/11/2020, Tocco, Rv. 280306; Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, COGNOME, Rv. 270316), tranne che non si tratti di questioni rilevabili di ufficio o che non sarebbe stato possibile dedurre in precedenza, situazioni che non vengono in rilievo nel caso di specie.
Il quarto, il quinto e il sesto motivo, meritevoli di trattazione congiunta perchØ aventi ad oggetto doglianze relative al delitto di lesioni personali in danno della persona offesa, con riferimento all’episodio del 03/05/2023, e della figlia minore, sono manifestamente infondati.
4.1. Le censure difensive mirano ad offrire una lettura alternativa delle risultanze istruttorie e sono del tutto congetturali, a fronte delle evidenze probatorie messe in risalto nella sentenza impugnata che ricostruiscono, senza vizi di manifesta illogicità, l’episodio di lesioni personali del 3 maggio 2023 contestato al capo 2, dovendosi solo precisare come i giudici di merito abbiano ritenuto inverosimile e mendace la spiegazione fornita sul punto dall’imputato, secondo cui la lesione al volto sarebbe stata causata alla donna accidentalmente dall’alzata improvvisa della rete di un letto contenitore ribaltabile, sottolineando come tale tipologia di letti fosse stata progettata in modo da evitare infortuni, poichØ il sollevamento richiede l’azione dell’operatore che opera la manovra, mentre il tipo di livido all’occhio che la donna presentava, come descritto alla pagina 21 della sentenza di primo grado, non era compatibile con le modalità di infortunio descritte dal ricorrente.
4.2. Allo stesso modo, i giudici di merito escludono, senza vizi logici, la accidentalità della lesione alla figlia minore contestata al capo 3, sottolineando come detta lesione potesse essere stata provocata solo con le modalità descritte dalla parte offesa, vale a dire allorchŁ la donna, che aveva in braccio la figlia piccola e che si trovava a ridosso della parete, veniva attinta dall’imputato, con pugni e spintoni, sicchŁ – concludono concordemente i giudici di merito – non poteva l’agente non rappresentarsi il rischio di colpire o di far cadere la figlia di sette mesi di età che la donna ripetutamente colpita teneva in braccio.
L’affermazione Ł in linea con i principi piø volte affermati da questa Corte, secondo cui sussiste dolo eventuale – e non colpa cosciente – quando l’agente si sia rappresentato chiaramente la significativa possibilità di verificazione dell’evento concreto e ciò nonostante, dopo aver considerato il fine perseguito e l’eventuale prezzo da pagare, si sia determinato ad agire comunque, anche a costo di causare l’evento lesivo, aderendo ad esso per il caso in cui si verifichi (Sez. 6, n. 47152 del 18/10/2022, COGNOME NOME Marco, Rv. 284330; cfr., in particolare, Sez. 7, n. 21384 del 12/04/2024, COGNOME, non mass., laddove Ł stato ritenuto esistente l’elemento soggettivo, quantomeno nella sua connotazione di dolo eventuale, nella ipotesi di lesioni patite dalla donna e dal figlio minorenne che era in braccio alla prima al momento della aggressione fisica).
Non Ł dunque compito di questa Corte riesaminare le singole prove e i singoli indizi, nŁ valutare se la loro interpretazione alternativa, prospettata dal ricorrente, sia preferibile a quella seguita dai giudici di merito: il provvedimento impugnato contiene una motivazione congrua e completa, avendo la Corte territoriale esaminato tali elementi alla luce delle osservazioni e delle contestazioni mosse dalla difesa, ed avendo raggiunto, all’esito di tale valutazione, una conclusione non manifestamente illogica. Ne consegue, in definitiva, la
manifesta infondatezza dei rilievi sollevati con i motivi di ricorso esaminati.
Il settimo motivo, relativo al diniego della circostanza attenuante speciale del fatto di minore gravità, Ł manifestamente infondato.
La giurisprudenza di questa Corte (cfr., Sez. 3, n. 35695 del 18/09/2020, L., Rv. 280445; Sez. 3, n. 50336 del 10/10/2019, Rv. 277615 e Sez. 3, n. 23913 del 14/05/2014, Rv. 259196) ha, ormai da tempo, affermato la regola interpretativa – pienamente condivisa da questo Collegio – secondo la quale, in tema di violenza sessuale, ai fini della configurabilità della circostanza attenuante per i casi di minore gravità, onde verificare se la libertà sessuale della vittima – che Ł l’interesse tutelato dalla fattispecie – sia stata compressa in maniera lieve, deve farsi riferimento a una valutazione globale del fatto, in cui assumono rilievo i mezzi, le modalità esecutive, il grado di coartazione esercitato sulla vittima, le condizioni fisiche e mentali di questa, le sue caratteristiche psicologiche in relazione all’età, l’occasionalità o la reiterazione delle condotte, nonchØ la consistenza del danno arrecato, anche in termini psichici, sempre che tutti i menzionati parametri si assestino su soglie di gravità lievi, mentre, ai fini del diniego della stessa attenuante, Ł sufficiente la presenza anche di un solo elemento di conclamata gravità (Sez. 3, n. 8735 del 24/11/2022, dep. 2023, B., Rv. 284203; Sez. 3, n. 21623 del 15/04/2015, K., Rv. 263821).
Ora, la tipologia dell’atto posto in essere va valutata come uno solo degli elementi indicativi dei predetti parametri, non certo come l’elemento dirimente ai fini della decisione in ordine alla sussistenza o meno della invocata attenuante (Sez. 3, n. 39445 del 01/07/2014, S., Rv. 260501), dal momento che, così come l’assenza di un rapporto sessuale ‘completo’ non può, per ciò solo, consentire di ritenere sussistente l’attenuante (Sez. 3, n. 10085 del 05/02/2009, R., Rv. 243123), simmetricamente la presenza del rapporto sessuale completo non può, per ciò solo, escludere che l’attenuante sia concedibile, dovendo effettuarsi una valutazione del fatto nella sua complessità.
Tanto premesso, la Corte distrettuale ha escluso la circostanza attenuante della minore gravità di cui all’art. 609-bis, ultimo comma, cod. pen., affermando che, nella fattispecie, l’episodio contestato si fosse concretato in un rapporto sessuale completo, ma ponendo anche in rilievo, nel complesso motivazionale (v., in particolare, pagine 27 e 28 della sentenza impugnata), la gravità del fatto, posto in essere in un contesto di sopraffazioni e maltrattamenti in danno della persona offesa, nel quale la violenza sessuale costituiva una delle condotte maltrattanti descritte in imputazione, estrinsecatesi anche in offese, minacce e violenze fisiche, con conseguente umiliazione della libertà personale e della possibilità di esprimere un proprio autonomo punto di vista della persona offesa ed in cui gli allontanamenti dalla casa familiare con la figlia alla ricerca di un sicuro rifugio nella casa della madre e del fratello fornivano evidente testimonianza del fatto che la convivenza era divenuta intollerabile per la donna (cfr., in tema di violenza sessuale quale modalità esecutiva del delitto di maltrattamenti in famiglia, Sez. 3, n. 46879 del 22/06/2023, M, non mass.; nello stesso senso, Sez. 3, n. 21032 del 05/05/2022, A., non mass.).
Trattasi dunque di un apparato argomentativo nel suo complesso fondato su specifiche risultanze processuali, idoneo a illustrare l’itinerario concettuale esperito dal giudice di merito e dunque esente da vizi logico-giuridici, rispetto al quale le obiezioni difensive, concentrate sulla tipologia dell’atto posto in essere, sono del tutto generiche.
L’ottavo motivo Ł manifestamente infondato perchØ aspecifico e non consentito in sede di legittimità,in quanto costituito da mere doglianze di fatto e riproduttivo di censure già adeguatamente valutate e disattese con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito.
La Corte territoriale ha precisato che l’esigenza di detenere armi, temendo aggressioni
da gruppi criminali contrapposti, legittimerebbe qualunque criminale a detenere armi e che, nel caso di specie, la predetta esigenza era stata meramente allegata; ed ove realmente esistita,  avrebbe  legittimato  il  ricorrente  ad  attivarsi  per  ottenere  una  licenza  per  la detenzione legittima dell’arma.
In tal modo, i giudici di secondo grado hanno escluso che l’esigenza di detenere armi, versando in uno stato di necessità, fosse stata provata; nØ a diversa conclusione può giungersi in applicazione del principio di cui all’art. 59 cod. pen., evocato nel ricorso, che permette di applicare le cause di esclusione della punibilità anche in caso di erronea convinzione della loro ricorrenza, poichØ tale possibilità richiede comunque che si profili nel concreto una situazione che possa astrattamente ricondursi alla situazione descritta dall’art. 54 cod. pen. che non può fondarsi esclusivamente sullo stato d’animo dell’agente, ma su dati concreti, tali da giustificare l’erroneo convincimento in capo all’imputato di trovarsi in tale stato, dati che nella fattispecie sono insussistenti.
Nel caso di specie, infatti, lo stato di necessità deriverebbe dai contatti avuti con un gruppo criminale che oggi non Ł piø esistente (v. pagina 11 dell’atto di appello), tanto che il riferimento documentale richiamato in ricorso era risalente all’anno 2017: e, dunque, non risulta che il ricorrente abbia indicato il momento in cui ha conseguito la disponibilità dell’arma, nØ che abbia dimostrato che in tale momento ricorressero i presupposti dello stato di necessità, nØ – soprattutto – se detti presupposti si siano protratti per tutto il periodo di detenzione della stessa, presupposto quest’ultimo logicamente escluso dai giudici di merito.
Del resto, Ł stato anche affermato che, in tema di cause di giustificazione, lo stato di necessità non Ł configurabile nel caso in cui il soggetto che lo invochi possa sottrarsi alla minaccia ricorrendo alla protezione dell’Autorità, ove tale soluzione alternativa si prospetti come realmente praticabile ed efficace a neutralizzare la situazione di pericolo attuale in cui l’agente o il terzo destinatario della minaccia versa (Sez. 1, n. 47712 del 29/09/2022, Termine, Rv. 283785; nello stesso senso, Sez. 1, n. 30643 del 04/07/2025, COGNOME, non mass.).
 In  conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile a cagione della manifesta infondatezza di tutti i motivi ai quali Ł stato affidato.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento, nonchØ del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si determina equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro 3.000,00.
Non può essere accolta la richiesta della parte civile di condanna dell’imputato alla rifusione delle spese processuali in suo favore, in quanto la stessa non ha fornito alcun utile contributo ai fini della decisione per essersi limitata, nelle conclusioni scritte, a chiedere la mera inammissibilità ovvero il mero rigetto del ricorso, ritenendo che le censure dedotte non fossero consentite in sede di legittimità, senza contrastare specificamente i motivi di impugnazione proposti.
In questi casi, allorquando si proceda, come nella specie, con la trattazione scritta, va chiarito che, qualora il ricorso dell’imputato venga rigettato o dichiarato, per qualsiasi causa, inammissibile, la parte civile ha diritto di ottenere la liquidazione delle spese processuali, purchØ abbia effettivamente esplicato, attraverso memorie scritte, un’attività diretta a contrastare l’avversa pretesa a tutela dei propri interessi di natura civile risarcitoria, fornendo un utile contributo alla decisione (Sez. U., n. 877 del 14/7/2022, dep. 2023, Sacchettino, Rv. 28388; nello stesso senso, Sez. 4, n. 10022 del 06/02/2025, COGNOME, Rv. 287766; Sez. 4 n. 7214 del 24/01/2024, COGNOME, non mass.), il che, come sopra precisato, non Ł avvenuto. 
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così Ł deciso, 02/10/2025
Il AVV_NOTAIO estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME
IN CASO DI DIFFUSIONE DEL PRESENTE PROVVEDIMENTO OMETTERE LE GENERALITA’ E GLI ALTRI DATI IDENTIFICATIVI A NORMA DELL’ART. 52 D.LGS. 196/03 E SS.MM.