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Violenza domestica: Cassazione annulla revoca misura

La Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza del Tribunale del Riesame che aveva revocato la misura cautelare dell’allontanamento dalla casa familiare per un uomo accusato di lesioni aggravate contro la consorte. Il Tribunale aveva minimizzato il pericolo di recidiva, riconducendo l’episodio a una generica conflittualità di coppia. La Cassazione ha censurato questa valutazione, affermando che la violenza domestica richiede un’analisi del rischio rigorosa e non può essere giustificata o sminuita dal contesto conflittuale, in linea con la Convenzione di Istanbul e il Codice Rosso.

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Pubblicato il 9 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Violenza Domestica: La Cassazione Sottolinea la Necessità di Valutare Correttamente il Pericolo

Con la sentenza n. 42353 del 2024, la Corte di Cassazione riafferma un principio cruciale nella lotta alla violenza domestica: la conflittualità all’interno della coppia non può mai diventare una scusante per minimizzare il rischio di future aggressioni. La Suprema Corte ha annullato la decisione di un Tribunale del Riesame che aveva revocato una misura cautelare, offrendo una lezione fondamentale sulla corretta valutazione delle esigenze di tutela delle vittime.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da un episodio di aggressione fisica commesso da un uomo ai danni della consorte, che le aveva causato un trauma cranico e lesioni al collo con una prognosi di sette giorni. In seguito a ciò, il Giudice per le Indagini Preliminari aveva disposto la misura cautelare dell’allontanamento dalla casa familiare a carico dell’uomo.

Tuttavia, il Tribunale del Riesame, adito dalla difesa dell’indagato, aveva annullato tale misura. La motivazione del Tribunale si basava su una serie di considerazioni: l’episodio era ritenuto frutto di una lite tra coniugi che già vivevano da mesi come separati in casa; la vittima stessa, pur avendo menzionato minacce, aveva dichiarato di non temere per la propria incolumità in presenza dei figli; infine, un provvedimento del giudice civile, nel contesto della causa di separazione, aveva già assegnato la casa alla donna, obbligando di fatto il marito ad andarsene.

La Valutazione Incompleta sulla violenza domestica

Il Pubblico Ministero ha presentato ricorso in Cassazione, denunciando l’illogicità della motivazione del Tribunale del Riesame. Secondo l’accusa, la radicata conflittualità tra i coniugi, lungi dall’essere un fattore attenuante, rappresentava proprio il terreno fertile per la reiterazione di condotte violente. La Corte di Cassazione ha accolto pienamente questa prospettiva, censurando duramente l’operato del giudice del riesame.

L’Errore di Minimizzare il Contesto

La Suprema Corte ha evidenziato come il Tribunale abbia commesso un grave errore nel declassare l’aggressione a un semplice episodio all’interno di un quadro di ‘radicata conflittualità familiare’. La violenza, infatti, non è un normale sviluppo di un conflitto, ma una sua degenerazione patologica che impone allo Stato un preciso dovere di protezione. Invece di riconoscere nel conflitto un fattore di rischio, il Tribunale lo ha usato in modo contraddittorio per escludere il pericolo.

Inoltre, la Corte ha smontato l’implicita giustificazione basata sul comportamento della vittima (che si era allontanata da casa in passato per una relazione con un altro uomo), ribadendo che la condotta violenta non può mai trovare giustificazione nelle scelte sentimentali altrui.

Le Motivazioni della Cassazione

La sentenza si fonda su principi solidi derivanti sia dalla normativa nazionale (come il ‘Codice Rosso’) sia dalle convenzioni internazionali, in particolare la Convenzione di Istanbul.

1. Priorità alla Sicurezza della Vittima: La giurisprudenza, anche sovranazionale, impone alle autorità di garantire una tutela prioritaria alle vittime di violenza domestica. Questa protezione non può dipendere dalla percezione del pericolo da parte della vittima stessa, che potrebbe essere portata a ‘sdrammatizzare’ per paura o altri meccanismi psicologici. Il dovere di protezione dello Stato è oggettivo.

2. Irrilevanza della Separazione di Fatto: La volontà di separarsi o il fatto che i coniugi vivano da ‘separati in casa’ non elimina il pericolo. Anzi, la fase della separazione è spesso uno dei momenti di maggior rischio. La relazione criminale non si estingue con la fine del legame affettivo.

3. Insufficienza del Provvedimento Civile: La Cassazione ha chiarito che l’assegnazione della casa familiare alla moglie nel giudizio di separazione non è di per sé una misura sufficiente a scongiurare il pericolo. Nel caso specifico, l’uomo, un imprenditore edile, manteneva un deposito di attrezzature in un fabbricato accessorio all’immobile, garantendogli una prossimità fisica che non permetteva di considerare il suo allontanamento come ‘definitivo e spontaneo’.

Le Conclusioni

La Corte di Cassazione, annullando con rinvio l’ordinanza, ha stabilito che la revoca di una misura cautelare in un contesto di violenza domestica deve essere supportata da una motivazione ‘penetrante e persuasiva’. Non ci si può limitare a neutralizzare il pericolo con argomentazioni alternative o superficiali, ma è necessario un approfondimento scrupoloso che dimostri l’effettiva insussistenza dei rischi per la vittima.

Questa sentenza rappresenta un monito fondamentale per i giudici di merito: la lotta alla violenza di genere e domestica richiede un approccio rigoroso, che riconosca la specificità di questi reati e applichi con coerenza gli strumenti di tutela previsti dall’ordinamento, senza cedere a interpretazioni che, di fatto, indeboliscono la protezione delle persone offese.

Una lite familiare può giustificare la minimizzazione di un atto di violenza domestica?
No. La Corte di Cassazione chiarisce che la conflittualità familiare è il contesto in cui la violenza matura e non può essere usata come un fattore per sminuire la gravità dell’atto o per escludere il pericolo di recidiva. Al contrario, un’elevata conflittualità può essere un indice di rischio.

L’assegnazione della casa coniugale alla vittima in una causa di separazione è sufficiente a eliminare il pericolo di nuove aggressioni?
No, non necessariamente. La sentenza afferma che tale provvedimento non è di per sé risolutivo, specialmente se l’aggressore mantiene una prossimità fisica con l’abitazione per altri motivi (in questo caso, lavorativi), il che non garantisce un distacco definitivo e spontaneo dall’ambiente domestico.

Come deve essere valutata la dichiarazione della vittima che afferma di non temere l’aggressore in determinate circostanze (es. in presenza dei figli)?
La protezione della vittima è un dovere prioritario dello Stato e non può essere affidata esclusivamente all’iniziativa o alla percezione soggettiva della stessa. La giurisprudenza, anche europea, impone alle autorità di valutare il rischio oggettivamente, a prescindere dalla tendenza della vittima a minimizzare o ‘sdrammatizzare’ la situazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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