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Violenza assistita: quando scatta l’aggravante?

Un individuo è stato condannato per maltrattamenti contro i genitori anziani e il fratello. La pena è stata aumentata per la presenza dei nipoti minorenni durante le violenze (violenza assistita) e per la vulnerabilità delle vittime. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, specificando che per l’aggravante della violenza assistita non è sufficiente un singolo episodio, ma è necessario che il minore assista a condotte reiterate che possano comprometterne il sano sviluppo psicofisico. La Corte ha inoltre confermato che l’età avanzata e l’invalidità possono integrare l’aggravante della minorata difesa se creano una concreta situazione di vulnerabilità.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Violenza assistita: la Cassazione stabilisce i criteri per l’aggravante

Con la sentenza n. 29475/2025, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi su un tema delicato e di grande attualità: la violenza assistita. Questo termine si riferisce a tutte le forme di maltrattamento che un minore subisce assistendo a scene di violenza domestica. La Corte chiarisce quali sono i presupposti necessari affinché questa condotta integri la specifica circostanza aggravante prevista dall’art. 572 del codice penale, sottolineando come non sia sufficiente un singolo episodio ma sia richiesta una reiterazione tale da compromettere il sano sviluppo psicofisico del minore.

I fatti di causa

Il caso esaminato riguarda un uomo condannato in primo e secondo grado per il reato di maltrattamenti aggravati e lesioni ai danni dei propri genitori anziani (di 78 e 71 anni) e del fratello. La pena era stata aggravata da due circostanze specifiche: la commissione dei fatti in presenza dei figli minori del fratello (appunto, la violenza assistita) e l’aver approfittato della particolare vulnerabilità delle vittime, data l’età avanzata e la condizione di invalidità totale del padre (la cosiddetta minorata difesa).

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione contestando entrambi i profili. Sosteneva che i nipoti non avessero mai assistito direttamente agli episodi di violenza e che la condotta di maltrattamento era iniziata decenni prima dell’introduzione della specifica aggravante nel 2019, sollevando una questione di irretroattività della legge penale. Contestava inoltre che l’aggravante della minorata difesa fosse stata applicata in modo automatico, solo sulla base dell’età e dell’invalidità, senza una prova concreta del suo approfittamento.

La decisione della Corte sulla violenza assistita

La Sesta Sezione Penale della Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la condanna. Il punto centrale della sentenza riguarda i criteri di configurabilità dell’aggravante della violenza assistita.

La Corte aderisce all’orientamento più recente, secondo cui, per integrare l’aggravante, non è sufficiente che il minore assista a un’unica e isolata condotta violenta. È invece necessario che il minore sia testimone di un numero di episodi che, per gravità e ricorrenza, possano concretamente compromettere il suo sano sviluppo psico-fisico. Si tratta di un’interpretazione che valuta l’offensività della condotta in concreto, andando oltre la semplice presenza del minore.

Nel caso specifico, i giudici hanno ritenuto correttamente applicata l’aggravante perché era emerso che i minori avevano assistito all’inizio di numerose discussioni, avevano sentito lo zio urlare e inveire, subendo veri e propri shock psicologici. Questa reiterata esposizione alla violenza verbale e alla tensione familiare è stata considerata sufficiente a integrare il requisito richiesto dalla norma.

Inoltre, la Corte ha respinto l’eccezione sull’irretroattività della legge. Poiché il reato di maltrattamenti è un reato permanente, la cui condotta si protrae nel tempo, è sufficiente che una parte di essa si sia verificata dopo l’entrata in vigore della nuova legge (L. 69/2019) perché la nuova aggravante sia applicabile. Spettava alla difesa, secondo la Corte, dimostrare che gli episodi di violenza assistita si fossero verificati esclusivamente prima di tale data, prova che non è stata fornita.

L’aggravante della minorata difesa

Anche la seconda doglianza è stata respinta. La Cassazione ha chiarito che l’aggravante della minorata difesa non è stata applicata astrattamente. Al contrario, i giudici di merito hanno correttamente motivato, desumendo la particolare vulnerabilità non solo dall’età avanzata dei genitori, ma soprattutto dalla condizione di invalidità al 100% del padre. Questa circostanza, secondo la Corte, ha creato una situazione di palese debolezza di cui l’imputato si è approfittato per commettere i reati.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su un’interpretazione della legge penale orientata alla tutela effettiva delle vittime più vulnerabili, in particolare i minori. La sentenza bilancia la necessità di non dilatare eccessivamente l’applicazione delle aggravanti con l’esigenza di punire severamente condotte che hanno un impatto devastante sullo sviluppo dei bambini. Si afferma il principio che la violenza assistita non è un concetto astratto, ma richiede una valutazione concreta del danno o del pericolo di danno per il minore. Allo stesso tempo, si ribadisce che la vulnerabilità derivante da età e malattia, quando sfruttata dall’aggressore, giustifica un aumento di pena. La decisione sottolinea anche la natura del reato di maltrattamenti come condotta continuativa, il che rende applicabili le modifiche normative peggiorative intervenute durante la sua consumazione.

Le conclusioni

Questa sentenza offre importanti chiarimenti pratici. Innanzitutto, conferma che per l’aggravante di violenza assistita non basta la mera presenza del minore a un singolo atto, ma è necessaria una continuità di episodi dannosi per il suo equilibrio psicologico. In secondo luogo, solidifica il principio di applicabilità delle nuove norme incriminatrici ai reati permanenti, anche se la condotta è iniziata prima della loro entrata in vigore. Infine, ribadisce che l’aggravante della minorata difesa deve essere ancorata a una situazione concreta di vulnerabilità di cui l’agente abbia approfittato, come nel caso di persone anziane e gravemente invalide.

Quando si configura l’aggravante della violenza assistita nel reato di maltrattamenti?
L’aggravante si configura quando il minore assiste a un numero di episodi di violenza che, per la loro gravità e ricorrenza, possono compromettere il suo sano sviluppo psico-fisico. Secondo la sentenza, non è sufficiente che il minore assista a una sola condotta.

L’aggravante della violenza assistita si applica se i maltrattamenti sono iniziati prima della legge che l’ha introdotta?
Sì. Poiché i maltrattamenti sono un reato permanente (la condotta illecita si protrae nel tempo), se una parte della condotta si verifica dopo l’entrata in vigore della nuova legge (in questo caso, la L. 69/2019), la nuova aggravante è applicabile all’intero reato.

L’età avanzata o l’invalidità della vittima sono sufficienti per applicare l’aggravante della minorata difesa?
Non automaticamente. È necessario che queste condizioni si traducano, in concreto, in una particolare situazione di vulnerabilità del soggetto passivo e che l’autore del reato ne abbia approfittato consapevolmente per commettere il reato. Nel caso di specie, l’invalidità al 100% del padre, unita all’età, è stata ritenuta sufficiente a integrare tale situazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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