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Violazione sorveglianza speciale: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un soggetto condannato per la violazione della sorveglianza speciale. L’uomo non era stato trovato in casa durante un controllo notturno. La Corte ha ribadito che il ricorso in Cassazione non può consistere in una semplice richiesta di riesame dei fatti e ha confermato la condanna, inclusa la mancata concessione delle attenuanti generiche e il pagamento delle spese processuali e di una somma alla Cassa delle ammende.

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Pubblicato il 6 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Violazione Sorveglianza Speciale: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha affrontato un caso di violazione sorveglianza speciale, ribadendo principi fondamentali sui limiti del giudizio di legittimità. La decisione sottolinea come il ricorso in Cassazione non possa trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito, ma debba limitarsi al controllo della corretta applicazione della legge e della logicità della motivazione. Analizziamo insieme i dettagli di questa pronuncia.

I Fatti del Caso

Un soggetto, già sottoposto alla misura della sorveglianza speciale, veniva condannato in primo e secondo grado alla pena di tre mesi di arresto. La condanna scaturiva dalla violazione delle prescrizioni imposte dalla misura: durante un controllo notturno effettuato dal personale della Questura, l’uomo non veniva trovato all’interno della sua abitazione. Contro la sentenza della Corte di Appello, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, chiedendo un riesame della vicenda processuale.

Il ricorso e la violazione sorveglianza speciale

Il ricorso presentato dall’imputato si articolava in due doglianze correlate, che essenzialmente richiedevano una nuova valutazione nel merito dei fatti. L’appellante contestava la ricostruzione operata dalla Corte territoriale, sperando in un diverso esito processuale basato su una differente interpretazione delle prove. Tuttavia, questo tipo di istanza si scontra con la natura stessa del giudizio di Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando il ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. La decisione si fonda su argomentazioni chiare e consolidate in giurisprudenza.

L’Impossibilità di un Riesame nel Merito

Il punto centrale della decisione è che il ricorso in Cassazione non può avere ad oggetto una rivalutazione dei fatti. La Corte ha evidenziato che la Corte d’Appello aveva già vagliato la vicenda processuale nel pieno rispetto delle regole della logica e in conformità con le risultanze processuali. Le verifiche investigative, che attestavano l’assenza dell’uomo dalla sua abitazione in orario notturno, erano state ritenute univocamente orientate a dimostrare la sua colpevolezza. Chiedere alla Cassazione di rivedere tale valutazione equivale a sollecitare un giudizio di merito, precluso in sede di legittimità.

La Mancata Concessione delle Attenuanti Generiche

Un altro aspetto toccato dalla Corte riguarda il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche. I giudici hanno spiegato che tali attenuanti hanno la funzione di adeguare la pena alla specificità del caso concreto. Per poterle concedere, è necessario che emergano situazioni fattuali positive, non riscontrate nel caso di specie. Il “disvalore della condotta illecita” del soggetto, che ha violato una misura di prevenzione, non consentiva il riconoscimento di alcuna attenuante.

Le motivazioni della Sentenza

Le motivazioni dell’ordinanza si basano su principi consolidati. In primo luogo, la Corte ribadisce che il suo ruolo è quello di giudice della legge, non dei fatti. Il ricorso è stato giudicato come un tentativo di ottenere un terzo grado di giudizio, il che non è consentito dall’ordinamento. La valutazione delle prove e la ricostruzione dei fatti sono di competenza esclusiva dei giudici di primo e secondo grado, a meno che la loro motivazione non sia palesemente illogica o contraddittoria, cosa che in questo caso è stata esclusa.
In secondo luogo, la motivazione sul diniego delle attenuanti generiche è altrettanto netta: esse non costituiscono un diritto dell’imputato, ma una facoltà discrezionale del giudice, che deve essere esercitata solo in presenza di elementi concreti che giustifichino una mitigazione della pena. L’assenza di tali elementi ha reso corretta la decisione dei giudici di merito di non concederle.

Le conclusioni e le Implicazioni Pratiche

Questa pronuncia conferma che la violazione sorveglianza speciale è un reato che viene sanzionato con rigore. Le conclusioni pratiche sono importanti: chi intende presentare un ricorso in Cassazione deve formulare censure che riguardino errori di diritto o vizi logici della motivazione, non una semplice rilettura delle prove. In caso contrario, il ricorso sarà dichiarato inammissibile, con conseguente condanna al pagamento di spese e sanzioni pecuniarie, oltre alla definitività della condanna stessa.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare i fatti di un processo?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che il ricorso non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non rivalutare le prove.

Perché non sono state concesse le attenuanti generiche in questo caso di violazione sorveglianza speciale?
Le attenuanti generiche non sono state concesse perché la loro funzione è adeguare la pena al caso concreto in presenza di situazioni fattuali favorevoli all’imputato, che in questa vicenda non sono state riscontrate. Il disvalore della condotta non permetteva tale riconoscimento.

Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma, in questo caso 3.000 euro, alla Cassa delle ammende, oltre a rendere definitiva la condanna impugnata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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