Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 23478 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 23478 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato a Manduria il 24/08/1980
avverso la sentenza del 08/10/2024 della Corte di appello di Lecce, sez. dist. di Taranto visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che il ricorso sia rigettato.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Lecce, sez. dist. di Taranto, confermava la sentenza del 20 giugno 2024 del Tribunale di Taranto, che aveva condannato l’imputato NOME COGNOME per il reato di cui all’art. 75 d.lgs. n. 159 del 2011.
All’imputato era stato contestato di aver violato le prescrizioni ar lui imposte dal 19 dicembre 2018 con la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di p.s., non rientrando nella propria abitazione 1’8 dicembre 2018 entro le 20 (era stato controllato presso la sua abitazione tra le ore 1.10 e le ore 1.40).
Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, denunciando i motivi di annullamento, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Violazione di legge in relazione all’art. 75 d.lgs. n. 159 del 2011.
Difetta la prova della contestazione violazione e segnatamente della mancata presenza ,dell’imputato presso la sua abitazione, trattandosi viepiù di controllo i effettuato piena notte e non potendo pertanto essere escluso che egli stesse dormendo.
2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla richiesta, contenuta nell’appello, del riconoscimento della continuazione con altro reato già giudicato.
La Corte di appello ha omesso di pronunciarsi sul motivo di appello con cui, ricorrendone tutte le condizioni, si chiedeva il riconoscimento della continuazione del reato in esame con altro già giudicato.
Si censura anche il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, che ben avrebbero potute essere concesse.
2.3. Violazione dell’art. 131-bis cod. pen.
Si lamenta anche il mancato riconoscimento della particolare tenuità del fatto ai fin dell’art. 131-bis cod. pen., ricorrendone tutti i presupposti.
Disposta la trattazione scritta del procedimento, in mancanza di richiesta nei termini ivi previsti di discussione orale, il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile in ogni sua articolazione.
Il primo motivo è aspecifico, rispetto al ragionamento probatorio della sentenza impugnata che ha indicato quali controlli erano stati attuati dai carabinieri per verificare la presenza nella abitazione dell’imputato: avevano suonato il campanello per circa 10 minuti, il cui squillo era così forte da essere udito anche dall’esterno; avevano anche azionato il clacson dell’auto di servizio per far sentire la loro presenza.
Pertanto, la tesi difensiva aveva già trovato in sede di merito adeguata e lineare confutazione.
Quanto alla mancata risposta della Corte di appello sui punti indicati nel secondo motivo, va rilevato che entrambe le censure sollevate con l’appello erano affette tia genericità.
Va ribadito che il giudice dell’impugnazione non è obbligato a motivare in ordine al mancato accoglimento di istanze, nel caso in cui esse appaiano improponibili per genericità o per manifesta infondatezza. (Fattispecie relativa ad istanza di rinvio per concomitante impegno del difensore, fondata sull’apodittica impossibilità di nominare un sostituto in ragione della particolare complessità delle questioni da trattare, nell’ambito di procedimento avente ad oggetto la sola determinazione della pena o l’eventuale intervenuta prescrizione). (tra tante, Sez. 6, n. 20522 del 08/03/2022, Rv. 283268).
Nel caso in esame va osservato, quanto al richiesto riconoscimento della continuazione, che la sentenza di primo grado si era pronunciata negativamente sul punto in ragione della consistente distanza temporale tra i fatti (circa 10 mesi).
A fronte di tale valutazione, non manifestamente illogica né errata in diritto, con il gravame, il ricorrente si era limitato a sostenere, in modo del tutto assertivo e aspecifico, che si trattava di un arco temporale “ristrettissimo” di pochi mesi.
Anche relativamente alle attenuanti generiche, la censura di appello era generica rispetto alla sentenza di primo grado che aveva escluso il riconoscimento facendo leva sui “numerosi precedenti” per gravi reati, che avevano giustificato l’applicazione della recidiva qualificata, mentre nel gravame il ricorrente si era limitato a sostenere che non erano stati presi in considerazione i criteri ex art. 133 cod. pen. e che le condanne non potevano irrigidire il trattamento sanzionatorio.
Aspecifico è l’ultimo motivo, in quanto non si confronta con l’ostativa abitualità della condotta ritenuta dalla Corte di appello.
3/. Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
Considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000 in favore della Cassa delle
ammende.
1 L04/2025.
Così deciso il 19