Violazione Sorveglianza Speciale: Quando il Dolo Generico è Sufficiente
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha fornito importanti chiarimenti in materia di violazione sorveglianza speciale, un reato che sanziona la trasgressione degli obblighi imposti a soggetti ritenuti socialmente pericolosi. La pronuncia sottolinea come, per integrare tale delitto, sia sufficiente il cosiddetto ‘dolo generico’, confermando un orientamento consolidato. Questa decisione offre spunti cruciali per comprendere la logica del sistema delle misure di prevenzione e i limiti delle impugnazioni in sede di legittimità.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo condannato dalla Corte d’Appello per aver violato le prescrizioni della sorveglianza speciale. Il ricorrente aveva basato la sua impugnazione su tre motivi principali: contestava l’elemento soggettivo del reato, lamentava il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e criticava l’applicazione della recidiva, chiedendone l’esclusione.
L’Analisi della Corte sulla Violazione Sorveglianza Speciale
La Suprema Corte ha esaminato i tre motivi di ricorso, dichiarandoli tutti inammissibili per la loro genericità e manifesta infondatezza. L’analisi dei giudici si è concentrata sui principi cardine che regolano la materia.
Il Dolo nella Violazione degli Obblighi
Il primo motivo, relativo all’elemento psicologico, è stato respinto in modo netto. La Corte ha ribadito che per il reato di violazione sorveglianza speciale è sufficiente il dolo generico. Questo significa che la condotta è punibile quando il soggetto, pur essendo consapevole degli obblighi derivanti dalla misura di prevenzione, decide volontariamente di violarli. Non è necessario, quindi, dimostrare che l’agente avesse un fine specifico, come quello di ostacolare i controlli delle forze dell’ordine. Nel caso di specie, era stato accertato che l’imputato possedeva tale consapevolezza, rendendo irrilevante qualsiasi altra finalità della sua condotta.
Il Diniego delle Attenuanti Generiche
Anche il secondo motivo è stato giudicato inammissibile. I giudici di legittimità hanno osservato come la Corte d’Appello avesse correttamente motivato il diniego delle attenuanti generiche. La decisione si fondava su una valutazione negativa della personalità dell’imputato, supportata da numerosi precedenti penali. Questi elementi, uniti all’assenza di una condotta processuale positiva, sono stati ritenuti sufficienti a giustificare la mancata concessione del beneficio.
La Conferma della Recidiva
Infine, il terzo motivo, che censurava la mancata esclusione della recidiva, è stato considerato manifestamente infondato. La Corte ha avallato il ragionamento del giudice di merito, che aveva basato la valutazione di maggiore pericolosità sociale su dati concreti: l’imputato vantava ben otto precedenti penali per reati di notevole allarme sociale e aveva commesso plurime violazioni di norme penali in un arco temporale ristretto. Tale quadro, secondo la Cassazione, giustificava pienamente l’applicazione della recidiva.
Le Motivazioni della Decisione
La decisione della Corte di Cassazione si fonda su un principio processuale fondamentale: l’inammissibilità dei ricorsi generici. I motivi di impugnazione non possono limitarsi a una mera riproposizione delle argomentazioni già respinte nei gradi di merito, ma devono confrontarsi specificamente con la motivazione della sentenza impugnata, evidenziandone vizi logici o giuridici. Nel caso in esame, i motivi del ricorrente sono stati giudicati come un tentativo sterile di ottenere una nuova valutazione dei fatti, preclusa in sede di legittimità.
Nel merito, la Corte ha rafforzato tre principi consolidati: la sufficienza del dolo generico per il reato in questione, la discrezionalità del giudice di merito nella concessione delle attenuanti generiche basata su elementi concreti come i precedenti penali, e la legittimità della valutazione di pericolosità ai fini della recidiva fondata sulla carriera criminale del soggetto.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
L’ordinanza in commento rappresenta un’importante conferma dei capisaldi giurisprudenziali in materia di violazione sorveglianza speciale. Per gli operatori del diritto, essa ribadisce che le strategie difensive devono essere fondate su censure specifiche e puntuali, evitando doglianze generiche. Per i cittadini, la decisione chiarisce che la sottoposizione a una misura di prevenzione comporta obblighi stringenti, la cui violazione è sanzionata sulla base della semplice consapevolezza di trasgredire, e che il passato criminale di un individuo ha un peso determinante nelle valutazioni del giudice sia sulle attenuanti che sulla recidiva.
Qual è l’elemento psicologico necessario per il reato di violazione della sorveglianza speciale?
Per integrare il reato è sufficiente il dolo generico, che consiste nella consapevolezza di essere sottoposti alla misura di prevenzione e nella volontà cosciente di violarne le prescrizioni, a prescindere dalle finalità che hanno ispirato la condotta.
Su quali basi il giudice può negare le circostanze attenuanti generiche?
Il giudice può negare le attenuanti generiche basandosi su una valutazione complessiva della personalità dell’imputato, desunta da elementi concreti come i numerosi precedenti penali e l’assenza di una condotta processuale positiva.
Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando i motivi presentati sono generici, non si confrontano in modo specifico con le argomentazioni della sentenza impugnata, oppure sono manifestamente infondati, limitandosi a richiedere una nuova valutazione dei fatti non consentita in sede di legittimità.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34596 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34596 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a ROSARNO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 18/12/2023 della CORTE APPELLO di CATANZARO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso proposto da NOME COGNOME e la sentenza impugnata.
Rilevato che i tre motivi dedotti non superano il vaglio di ammissibilità.
1.1. Il primo motivo, oltre ad essere generico, non si confronta in alcun modo con l’ineccepibile argomentazione, utilizzata dalla Corte distrettuale per superare il pedissequo motivo di appello, secondo cui per integrare il delitto di violazione degli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale, a norma dell’art. 75 d.lgs. n. 159 del 2011, è sufficiente il dolo generico, e cioè la consapevolezza degli obblighi di adempiere per effetto della condizione di sorvegliato speciale e la cosciente volontà di violare le prescrizioni del provvedimento applicativo della misura di prevenzione personale, a nulla rilevando le finalità che abbiano ispirato la condotta del sorvegliato speciale (così, nella vigente disciplina, Sez. 1, n. 11929 del 02/02/2024, COGNOME, Rv. 286010 – 01Sez. 1, n. 21284 del 19/07/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 270262, nonché, in relazione a quella precedente, Sez. 1, n. 3303 del 23/10/1987, dep. 1988, COGNOME, Rv. 177860/01). Non è, infatti, richiesto che l’agente abbia agito al fine di frustrare o compromettere le esigenze di controllo. Nel caso in verifica, come evidenziato dalla Corte territoriale l’imputato aveva acquisto tale consapevolezza.
1.2. Il secondo motivo, oltre ad essere anch’esso generico, trascura del tutto il reale contenuto della motivazione che la sentenza impugnata ha posto a fondamento della denegazione delle circostanze attenuanti generiche ovvero l’assenza di elementi valorizzabili a tal fine a fronte della personalità negativ dell’imputato, desunta dai numerosissimi precedenti penali, così rilevanti da avere giustificato l’applicazione della recidiva, e dall’assenza di una positiva condotta processuale.
1.3. Il terzo motivo che censura l’illogicità dell’apparato giustificativo sostegno della mancata esclusione della recidiva è manifestamente infondato posto che la Corte di appello ha fondato il giudizio di maggiore pericolosità, con argomentazioni, lineari e coerenti, sull’accertata consumazione da parte dell’imputato, già gravato da ben otto precedenti penali per reati di rilevante allarme sociale, di più violazioni di norme incriminatrice lesivi di beni giuridi omogenei in un ristretto arco temporale
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento de spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa de ammende.
Così deciso, in Roma 1 luglio 2024.