Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 20638 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 20638 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 09/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME NOME a AUGUSTA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 22/09/2023 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Catania ha confermato la sentenza del Tribunale della medesima città del 02/03/2023, che aveva ritenuto NOME COGNOME colpevole del reato di cui all’art. 75 d.lgs. 06 settembre 2011 e – applicata la contestata recidiva, nonché computata la diminuente del rito abbreviato – lo aveva condanNOME alla pena di anni due di reclusione, oltre che al pagamento delle spese processuali e di custodia cautelare.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME, per il tramite del difensore AVV_NOTAIO, denunciando violazione e falsa applicazione di legge ex art. 606, comma 1, lett. b) e lett. e) cod. proc. pen., in relazione al delitto contestato e all’art. 54 cod. pen., per non esser stata considerata la non configurabilità, nel caso di specie, della violazione degli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale, stante il difetto dell’elemento soggettivo.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in ragione della manifesta infondatezza dei motivi, tesi – peraltro – ad ottenere una rivalutazione di aspetti attinenti al fatto, operazione non consentita nella presente sede di legittimità. Ed invero, le critiche esposte dal ricorrente riguardano profili di merito, coerentemente scrutinati nel corpo della decisione impugnata e la cui riproposizione è volta – con tutta evidenza – ad una rivalutazione del peso dimostrativo degli elementi di prova. In tal senso, il ricorso finisce con il proporre argomenti la cui rivalutazione è preclusa in sede di legittimità. E’ costante, infatti, l’insegnamento di questa Corte, secondo la quale il sindacato in ordine alla motivazione del provvedimento impugNOME va compiuto attraverso l’analisi dello sviluppo motivazionale espresso nell’atto, oltre che della sua interna coerenza logico-giuridica, non essendo possibile compiere – nel giudizio di legittimità «nuove» attribuzioni di significato, ovvero realizzare una diversa lettura, in ordine ai medesimi dati dimostrativi e ciò anche nei casi in cui si ritenga preferibile una diversa lettura, maggiormente esplicativa (si veda, fra tante, Sez. 6, n. 11194 del 8.3.2012, Lupo, Rv 252178). A fronte di tali dati – del tutto inequivoci – l’ipotes alternativa introdotta dalla difesa appare del tutto irragionevole, come esposto in sentenza e non assume alcuna forza logica antagonista. Il dubbio, infatti, per determinare l’ingresso di una reale ipotesi alternativa di ricostruzione dei fatti, tale da determinare una valutazione di inconsistenza dimostrativa della decisione, è solo quello «ragionevole» e cioè quello che trova conforto nella buona logica, non certo quello che la logica stessa consente di escludere o di superare (Sez. 1, n. 31546 del 21/05/2008, COGNOME, rv 240763).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue ex lege la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, 9 maggio 2024.