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Violazione sorveglianza speciale: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso contro una condanna per ripetuta violazione sorveglianza speciale. La Corte ha confermato che non era necessaria una nuova valutazione della pericolosità sociale del soggetto e che le sue ripetute infrazioni dimostravano un chiaro intento di eludere la legge, giustificando la condanna e l’applicazione della recidiva.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Violazione Sorveglianza Speciale: Quando il Ricorso è Inammissibile

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, si è pronunciata su un caso di violazione sorveglianza speciale, confermando la condanna di un individuo e dichiarando il suo ricorso inammissibile. Questa decisione offre importanti chiarimenti sulla valutazione della pericolosità sociale e sulla prova dell’intento criminale in questo tipo di reato.

Il caso: la violazione ripetuta degli obblighi

I fatti al centro della vicenda riguardano un soggetto sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza. Tra gli obblighi imposti, vi erano quello di non allontanarsi dal comune di residenza e di presentarsi quotidianamente presso la locale caserma dei Carabinieri. Nonostante ciò, l’interessato ha violato tali prescrizioni per ben quindici volte in un arco temporale ristretto, tra settembre e ottobre 2018. A seguito di ciò, è stato processato e condannato sia in primo grado che in appello.

La decisione della Corte di Cassazione

L’individuo ha presentato ricorso per cassazione, lamentando principalmente che la Corte di Appello non avesse verificato l’attualità della sua pericolosità sociale. La Suprema Corte ha rigettato completamente questa tesi, dichiarando il ricorso inammissibile. Di conseguenza, la condanna è diventata definitiva e il ricorrente è stato obbligato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

Le motivazioni: perché la violazione sorveglianza speciale è confermata

La Corte ha basato la sua decisione su tre pilastri argomentativi solidi, che smontano le doglianze del ricorrente.

L’irrilevanza della verifica sull’attualità della pericolosità

Il primo punto affrontato riguarda la necessità di una nuova valutazione della pericolosità sociale. I giudici hanno chiarito che tale verifica non era necessaria nel caso specifico. La ragione è duplice: in primo luogo, l’esecuzione della misura di prevenzione era stata sospesa per un periodo inferiore a due anni; in secondo luogo, la sospensione era dovuta all’applicazione di una misura cautelare e non a una condanna definitiva. La pericolosità sociale era già stata accertata con un decreto della Corte d’Appello del 2016, che aveva sì ridotto la durata della misura, ma ne aveva confermato l’impianto.

L’elemento soggettivo e l’intento deliberato

La Corte ha ritenuto provato, oltre ogni ragionevole dubbio, l’elemento soggettivo del reato, ovvero l’intento deliberato di sottrarsi alle prescrizioni. La prova è emersa dalla reiterazione delle violazioni in un arco temporale circoscritto. Questo comportamento, unito all’assenza di giustificazioni credibili, è stato interpretato come una chiara e volontaria scelta di non rispettare gli obblighi imposti a scopo preventivo.

L’applicazione corretta della recidiva

Infine, la Cassazione ha giudicato ineccepibile l’applicazione della recidiva. Il ricorrente presentava numerosi precedenti penali, alcuni dei quali recenti e specifici. Secondo la Corte, egli non ha mostrato alcun segno di resipiscenza né ha compreso la funzione rieducativa delle pene precedentemente inflitte. Questo quadro ha portato i giudici a concludere che le violazioni contestate non fossero episodi isolati, ma il frutto di una radicata e intensa propensione criminosa.

Le conclusioni: implicazioni pratiche

L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale: una volta imposta una misura di prevenzione, la sua violazione costituisce reato senza che sia necessario, in determinate circostanze, rivalutare la pericolosità del soggetto. La prova dell’intento colpevole può essere desunta dal comportamento stesso dell’individuo, come la sistematica e ingiustificata violazione degli obblighi. La decisione serve da monito, sottolineando che l’inosservanza delle misure di prevenzione viene sanzionata con rigore, specialmente in presenza di una storia criminale che denota una spiccata tendenza a delinquere.

È sempre necessaria una nuova valutazione della pericolosità sociale per condannare per la violazione della sorveglianza speciale?
No, la Corte ha stabilito che non era necessaria una nuova valutazione in questo caso, poiché la misura di prevenzione era stata sospesa per un periodo inferiore a due anni e a causa dell’applicazione di una misura cautelare, non per una condanna irrevocabile.

Come viene provato l’intento di violare le prescrizioni della sorveglianza speciale?
L’intento deliberato è stato provato attraverso la reiterazione delle violazioni in un breve arco di tempo e l’assenza di giustificazioni credibili, un contegno che dimostra la volontà del soggetto di sottrarsi agli obblighi imposti.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile e quali sono le conseguenze per il ricorrente?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi proposti erano manifestamente infondati. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro a favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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