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Violazione sorveglianza speciale: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un soggetto condannato per la violazione della sorveglianza speciale. I giudici hanno ribadito che qualsiasi inosservanza degli obblighi imposti, anche se di modesta entità come un rientro in ritardo, costituisce reato, confermando l’orientamento giurisprudenziale consolidato. L’appello è stato respinto anche riguardo la quantificazione della pena, ritenuta congrua.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Violazione Sorveglianza Speciale: Anche la Minima Infrazione è Reato

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale in materia di misure di prevenzione: la violazione sorveglianza speciale è un reato che si configura anche in presenza di inadempienze di modesta entità. La Suprema Corte, con la sentenza n. 45947/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un condannato, confermando la linea dura della giurisprudenza su questo tema.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un individuo sottoposto alla misura della sorveglianza speciale, condannato in primo e secondo grado per aver violato le prescrizioni imposte. La Corte di Appello di Palermo aveva confermato la condanna a una pena di un anno, sei mesi e venti giorni di reclusione per il reato previsto dall’art. 75, comma 2, del D.Lgs. 159/2011.

Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, basando la sua difesa su due motivi principali.

I Motivi del Ricorso: Offensività e Quantum della Pena

La difesa ha tentato di smontare l’impianto accusatorio sostenendo che le violazioni contestate fossero talmente banali da non poter essere considerate penalmente rilevanti.

La Tesi della Difesa sulla Violazione Sorveglianza Speciale

Il primo motivo di ricorso si appellava al principio di necessaria offensività. Secondo il ricorrente, le condotte sanzionate – un rientro in ritardo e un’uscita anticipata – erano violazioni del tutto banali e, pertanto, inidonee a ledere il bene giuridico protetto dalla norma, ovvero la sicurezza pubblica. In sostanza, si sosteneva che una violazione puramente formale, senza un pericolo concreto, non dovesse integrare il reato.

La Contestazione sulla Pena Applicata

Con il secondo motivo, si lamentava una carenza di motivazione riguardo alla quantificazione della pena. La difesa riteneva che la modestia delle violazioni avrebbe dovuto portare a una pena significativamente più mite, aspetto che, a suo dire, non era stato adeguatamente considerato nel provvedimento impugnato.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto entrambe le argomentazioni, dichiarando il ricorso interamente inammissibile.

Le Motivazioni: la linea dura sulla violazione sorveglianza speciale

La Corte ha smontato il primo motivo di ricorso definendolo in “aperto contrasto con il dato giurisprudenziale consolidato”. I giudici hanno richiamato un precedente orientamento secondo cui, in tema di sorveglianza speciale, qualsiasi inosservanza degli obblighi imposti integra il reato, a prescindere dalla sua entità. Non è richiesto un accertamento sulla concreta pericolosità della singola condotta, poiché la norma mira a punire la disobbedienza stessa alla misura di prevenzione, considerata di per sé un pericolo per l’ordine pubblico. Il reato in questione non richiede un danno effettivo, ma si configura come un reato di pericolo presunto, dove la semplice violazione della prescrizione è sufficiente.

Anche il secondo motivo, relativo alla pena, è stato giudicato inammissibile. La Corte ha ritenuto che la determinazione della sanzione fosse stata “ampiamente giustificata” nella sentenza di appello, senza necessità di ulteriori specificazioni.

Le Conclusioni: l’inammissibilità e le conseguenze pratiche

La dichiarazione di inammissibilità ha comportato, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3000 euro a favore della cassa delle ammende. Questa ordinanza rafforza un messaggio chiaro: le prescrizioni derivanti dalle misure di prevenzione devono essere rispettate con rigore assoluto. Qualsiasi deviazione, anche minima, espone al rischio di una condanna penale, senza possibilità di appellarsi alla scarsa offensività della condotta. Per chi è sottoposto a tali misure, la massima diligenza è l’unica via per evitare conseguenze penali severe.

Una violazione di lieve entità degli obblighi della sorveglianza speciale costituisce reato?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che qualsiasi inosservanza degli obblighi imposti dalla misura della sorveglianza speciale, anche se di modesta entità, integra il reato previsto dalla legge, in conformità con la giurisprudenza consolidata.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le argomentazioni proposte, in particolare quella sulla mancanza di offensività delle condotte, erano in aperto contrasto con l’orientamento giurisprudenziale dominante. Inoltre, la motivazione sulla quantificazione della pena è stata ritenuta ampiamente giustificata nel provvedimento impugnato.

Quali sono le conseguenze per il ricorrente quando un ricorso viene dichiarato inammissibile in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna definitiva del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e, come nel caso di specie, al versamento di una somma di denaro (3000 euro) in favore della cassa delle ammende, data l’evidente infondatezza dei motivi proposti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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