Violazione Sorveglianza Speciale: Anche la Minima Infrazione è Reato
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale in materia di misure di prevenzione: la violazione sorveglianza speciale è un reato che si configura anche in presenza di inadempienze di modesta entità. La Suprema Corte, con la sentenza n. 45947/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un condannato, confermando la linea dura della giurisprudenza su questo tema.
I Fatti del Caso
Il caso riguarda un individuo sottoposto alla misura della sorveglianza speciale, condannato in primo e secondo grado per aver violato le prescrizioni imposte. La Corte di Appello di Palermo aveva confermato la condanna a una pena di un anno, sei mesi e venti giorni di reclusione per il reato previsto dall’art. 75, comma 2, del D.Lgs. 159/2011.
Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, basando la sua difesa su due motivi principali.
I Motivi del Ricorso: Offensività e Quantum della Pena
La difesa ha tentato di smontare l’impianto accusatorio sostenendo che le violazioni contestate fossero talmente banali da non poter essere considerate penalmente rilevanti.
La Tesi della Difesa sulla Violazione Sorveglianza Speciale
Il primo motivo di ricorso si appellava al principio di necessaria offensività. Secondo il ricorrente, le condotte sanzionate – un rientro in ritardo e un’uscita anticipata – erano violazioni del tutto banali e, pertanto, inidonee a ledere il bene giuridico protetto dalla norma, ovvero la sicurezza pubblica. In sostanza, si sosteneva che una violazione puramente formale, senza un pericolo concreto, non dovesse integrare il reato.
La Contestazione sulla Pena Applicata
Con il secondo motivo, si lamentava una carenza di motivazione riguardo alla quantificazione della pena. La difesa riteneva che la modestia delle violazioni avrebbe dovuto portare a una pena significativamente più mite, aspetto che, a suo dire, non era stato adeguatamente considerato nel provvedimento impugnato.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha respinto entrambe le argomentazioni, dichiarando il ricorso interamente inammissibile.
Le Motivazioni: la linea dura sulla violazione sorveglianza speciale
La Corte ha smontato il primo motivo di ricorso definendolo in “aperto contrasto con il dato giurisprudenziale consolidato”. I giudici hanno richiamato un precedente orientamento secondo cui, in tema di sorveglianza speciale, qualsiasi inosservanza degli obblighi imposti integra il reato, a prescindere dalla sua entità. Non è richiesto un accertamento sulla concreta pericolosità della singola condotta, poiché la norma mira a punire la disobbedienza stessa alla misura di prevenzione, considerata di per sé un pericolo per l’ordine pubblico. Il reato in questione non richiede un danno effettivo, ma si configura come un reato di pericolo presunto, dove la semplice violazione della prescrizione è sufficiente.
Anche il secondo motivo, relativo alla pena, è stato giudicato inammissibile. La Corte ha ritenuto che la determinazione della sanzione fosse stata “ampiamente giustificata” nella sentenza di appello, senza necessità di ulteriori specificazioni.
Le Conclusioni: l’inammissibilità e le conseguenze pratiche
La dichiarazione di inammissibilità ha comportato, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3000 euro a favore della cassa delle ammende. Questa ordinanza rafforza un messaggio chiaro: le prescrizioni derivanti dalle misure di prevenzione devono essere rispettate con rigore assoluto. Qualsiasi deviazione, anche minima, espone al rischio di una condanna penale, senza possibilità di appellarsi alla scarsa offensività della condotta. Per chi è sottoposto a tali misure, la massima diligenza è l’unica via per evitare conseguenze penali severe.
Una violazione di lieve entità degli obblighi della sorveglianza speciale costituisce reato?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che qualsiasi inosservanza degli obblighi imposti dalla misura della sorveglianza speciale, anche se di modesta entità, integra il reato previsto dalla legge, in conformità con la giurisprudenza consolidata.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le argomentazioni proposte, in particolare quella sulla mancanza di offensività delle condotte, erano in aperto contrasto con l’orientamento giurisprudenziale dominante. Inoltre, la motivazione sulla quantificazione della pena è stata ritenuta ampiamente giustificata nel provvedimento impugnato.
Quali sono le conseguenze per il ricorrente quando un ricorso viene dichiarato inammissibile in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna definitiva del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e, come nel caso di specie, al versamento di una somma di denaro (3000 euro) in favore della cassa delle ammende, data l’evidente infondatezza dei motivi proposti.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 45947 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 45947 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 24/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PALERMO il 05/01/1994
avverso la sentenza del 04/03/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
v,
RITENUTO IN FATTO
La Corte di Appello di Palermo con sentenza del 4 marzo 2024 confermava la sentenza di condanna di COGNOME NOME alla pena di anni uno, mesi sei e giorni venti di reclusione, per il reato di cui all’art. 75 co 2 D.Lgs 159/2011, emessa da Tribunale di Palermo.
2.Avverso detta sentenza proponeva ricorso l’imputato che articolava su due motivi.
2.1 Con il primo motivo lamenta l’erronea applicazione dell’art. 75 D.Lsg 159/2011 e un correlativo vizio di motivazione.
In particolare, il ricorrente contestava la violazione del principio di necessaria offensività della condotta sanzionata, poichè si era trattato in entrambi i casi di violazioni del tutto banali, quali un rientro in ritardo, ovvero un’uscita in anticipo.
Il provvedimento impugnato avrebbe omesso di verificare la idoneità della condotta sanzionata a ledere il bene giuridico tutelato dalla norma.
2.2 Con il secondo motivo lamentava la carenza di motivazione circa la quantificazione della pena, poiché la modestia delle violazioni della misura avrebbe dovuto incidere sul quantum della pena, ma ciò non risulta dal provvedimento impugnato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Il primo motivo propone una lettura della norma e della disciplina giuridica in aperto contrasto con il dato giurisprudenziale consolidato, che emerge dalla pronuncia richiamata : integra il reato previsto dall’art. 9 della legge 27 dicembre 1956 n. 1423 (misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità) qualsiasi inosservanza, anche di modesta entità, dell’obbligo di allontanamento dalla propria abitazione imposto con la misura della sorveglianza speciale (Sez. 1, n. 25628 del 03/06/2008 Rv. 240456).
Anche il secondo motivo di ricorso è inammissibile poiché contesta il trattamento sanzionatorio, la cui determinazione è stata ampiamente giustificata nel provvedimento che si impugna.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e – alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale e in mancanza di elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità» – della somma di euro 3000 a favore della cassa delle ammende, tenuto conto dell’evidente inammissibilità dei motivi di impugnazione
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 24/10/2024