Violazione sorveglianza speciale: quando il ritardo diventa reato
La violazione sorveglianza speciale è un tema delicato che interseca la libertà personale e le esigenze di sicurezza pubblica. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito alcuni aspetti fondamentali, confermando la condanna di un individuo per non aver rispettato l’orario di rientro imposto dalla misura di prevenzione. Questo caso offre spunti importanti sulla valutazione del dolo, sulla gestione della recidiva e sulla concessione delle attenuanti.
I fatti del caso: il mancato rispetto dell’orario
Un soggetto, sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, è stato condannato in primo e secondo grado alla pena di un anno di reclusione. Il motivo? Aver violato una delle prescrizioni impostegli: quella di rincasare entro le ore 21:00. L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando un vizio di motivazione da parte dei giudici di merito riguardo alla sua responsabilità penale, al riconoscimento della recidiva e al diniego delle attenuanti generiche.
La decisione della Corte di Cassazione sulla violazione sorveglianza speciale
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo le censure proposte come mere doglianze sui fatti, già correttamente valutati nei precedenti gradi di giudizio. La decisione si fonda su tre pilastri argomentativi principali.
Il ritardo prolungato e il dolo generico
Il ricorrente sosteneva che la sua assenza fosse un semplice ritardo. Tuttavia, la Corte ha sottolineato come un agente di polizia giudiziaria avesse atteso ben dieci minuti davanti alla sua abitazione prima di allontanarsi. Questa circostanza, unita alla totale assenza di giustificazioni da parte dell’imputato, è stata considerata sufficiente per integrare il reato. Per la configurazione della violazione sorveglianza speciale, infatti, è sufficiente il cosiddetto ‘dolo generico’, ovvero la semplice coscienza e volontà di non rispettare la prescrizione, senza che sia necessario un fine specifico.
La recidiva e il diniego delle attenuanti
Un altro punto cruciale riguardava la recidiva, definita nel caso di specie come reiterata, specifica ed infraquinquennale. I giudici hanno motivato la sua applicazione sulla base dei numerosi precedenti penali dell’imputato, che dimostravano una ‘mai mutata pericolosità sociale’ e un’indifferenza verso le condanne passate. Di conseguenza, è stata negata la possibilità di concedere le circostanze attenuanti generiche in misura prevalente sulla recidiva, in virtù del divieto esplicito previsto dall’art. 69, comma 4, del codice penale.
Le motivazioni della Corte
La Corte di Cassazione ha ribadito che il suo ruolo non è quello di riesaminare i fatti, ma di controllare la legittimità e la coerenza logica della motivazione delle sentenze impugnate. In questo caso, i giudici di merito avevano fornito una motivazione congrua e priva di vizi logici. Hanno evidenziato che l’assenza del soggetto per un tempo apprezzabile, senza alcuna giustificazione, integrava pienamente la fattispecie di reato. La valutazione della pericolosità sociale, basata sui precedenti penali, giustificava ampiamente sia l’applicazione della recidiva qualificata sia il rigetto della richiesta di un trattamento sanzionatorio più mite tramite le attenuanti.
Le conclusioni
L’ordinanza conferma un orientamento consolidato: il mancato rispetto delle prescrizioni della sorveglianza speciale, anche se per un periodo di tempo che potrebbe sembrare breve, costituisce reato quando non supportato da valide giustificazioni. La decisione sottolinea inoltre il peso della recidiva qualificata nel sistema penale, che può precludere un giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche, irrigidendo la risposta sanzionatoria dello Stato nei confronti di chi dimostra una persistente inclinazione a delinquere. Il ricorso è stato quindi dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Quando un ritardo nel rientro a casa integra il reato di violazione della sorveglianza speciale?
Secondo la Corte, un’assenza rilevata per un periodo apprezzabile, come dieci minuti, senza che l’interessato fornisca alcuna giustificazione, è sufficiente a integrare il reato, escludendo l’ipotesi di un mero e scusabile ritardo.
Perché la recidiva ha impedito la concessione delle attenuanti generiche in misura prevalente?
La concessione delle attenuanti generiche in misura prevalente è stata impedita dal divieto normativo esplicito contenuto nell’art. 69, comma 4, del codice penale, che vieta tale giudizio di prevalenza in presenza di una recidiva reiterata.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e, salvo casi di esonero, al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, come stabilito dall’art. 616 del codice di procedura penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2578 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2578 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CATANIA il 03/05/1971
avverso la sentenza del 05/12/2023 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Rilevato in fatto e considerato in diritto
Premesso che, con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Catania ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale di Catania, con la quale NOME COGNOME veniva condannato, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche equivalenti alla contestata recidiva, alla pena di anni 1 di reclusione, poiché, sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, aveva violato la prescrizione impostagli rincasando oltre le ore 21:00 consentite.
Rilevato che le censure dedotte nel ricorso dell’imputato – nel quale il difensore denuncia vizio di motivazione in ordine al riconoscimento della penale responsabilità per il delitto di cui all’art. 75, comma 1, d. Igs. 6 settembre 2011, n. 159, riconoscimento della recidiva e al diniego delle circostanze attenuanti generiche oltre a non essere consentite in sede di legittimità, perché costituite da mere doglianze in punto di fatto, sono manifestamente infondate e reiterative di profili esaminati dai Giudici di merito.
Invero, nella pronuncia impugnata si evidenzia che: – il teste di COGNOME ha precisato di aver atteso dieci minuti davanti alla porta di casa, prima di allontanarsi, il c consente di escludere che l’assenza di COGNOME sia ascrivibile ad un mero ritardo, sia in quanto il ricorrente non ha fornito alcuna giustificazione per il mancato rientr all’orario prescrittogli, sia perché la sua assenza è stata rilevata per un period apprezzabile di tempo, tale da integrare la fattispecie contestatagli anche sotto il profilo soggettivo, essendo sufficiente il dolo generico; – l’applicazione della recidiv reiterata, specifica ed infraquinquennale è giustificata dai numerosi precedenti penali anche di natura specifica, sussistendo tutti gli indici rivelatori di una relazio qualificata tra detti precedenti e la condotta illecita in esame, segno intangibile del mai mutata pericolosità sociale del ricorrente e della sua indifferenza verso le condanne riportate; – non è possibile concedere le circostanze attenuanti generiche in misura prevalente, a fronte non solo del disposto normativo di cui all’art. 69, comma 4, cod. pen. che vieta il giudizio di prevalenza rispetto alla recidiva reiterata, ma anche della mancanza di indici fattuali che valgono a sostanziare l’assunto.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non
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ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2024.