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Violazione sorveglianza speciale: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un soggetto condannato per la violazione sorveglianza speciale, consistita nel rientrare a casa oltre l’orario consentito. La Corte ha ritenuto le censure infondate, confermando la sussistenza del reato e la correttezza della valutazione sulla recidiva e sul diniego delle attenuanti generiche.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Violazione sorveglianza speciale: quando il ritardo diventa reato

La violazione sorveglianza speciale è un tema delicato che interseca la libertà personale e le esigenze di sicurezza pubblica. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito alcuni aspetti fondamentali, confermando la condanna di un individuo per non aver rispettato l’orario di rientro imposto dalla misura di prevenzione. Questo caso offre spunti importanti sulla valutazione del dolo, sulla gestione della recidiva e sulla concessione delle attenuanti.

I fatti del caso: il mancato rispetto dell’orario

Un soggetto, sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, è stato condannato in primo e secondo grado alla pena di un anno di reclusione. Il motivo? Aver violato una delle prescrizioni impostegli: quella di rincasare entro le ore 21:00. L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando un vizio di motivazione da parte dei giudici di merito riguardo alla sua responsabilità penale, al riconoscimento della recidiva e al diniego delle attenuanti generiche.

La decisione della Corte di Cassazione sulla violazione sorveglianza speciale

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo le censure proposte come mere doglianze sui fatti, già correttamente valutati nei precedenti gradi di giudizio. La decisione si fonda su tre pilastri argomentativi principali.

Il ritardo prolungato e il dolo generico

Il ricorrente sosteneva che la sua assenza fosse un semplice ritardo. Tuttavia, la Corte ha sottolineato come un agente di polizia giudiziaria avesse atteso ben dieci minuti davanti alla sua abitazione prima di allontanarsi. Questa circostanza, unita alla totale assenza di giustificazioni da parte dell’imputato, è stata considerata sufficiente per integrare il reato. Per la configurazione della violazione sorveglianza speciale, infatti, è sufficiente il cosiddetto ‘dolo generico’, ovvero la semplice coscienza e volontà di non rispettare la prescrizione, senza che sia necessario un fine specifico.

La recidiva e il diniego delle attenuanti

Un altro punto cruciale riguardava la recidiva, definita nel caso di specie come reiterata, specifica ed infraquinquennale. I giudici hanno motivato la sua applicazione sulla base dei numerosi precedenti penali dell’imputato, che dimostravano una ‘mai mutata pericolosità sociale’ e un’indifferenza verso le condanne passate. Di conseguenza, è stata negata la possibilità di concedere le circostanze attenuanti generiche in misura prevalente sulla recidiva, in virtù del divieto esplicito previsto dall’art. 69, comma 4, del codice penale.

Le motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha ribadito che il suo ruolo non è quello di riesaminare i fatti, ma di controllare la legittimità e la coerenza logica della motivazione delle sentenze impugnate. In questo caso, i giudici di merito avevano fornito una motivazione congrua e priva di vizi logici. Hanno evidenziato che l’assenza del soggetto per un tempo apprezzabile, senza alcuna giustificazione, integrava pienamente la fattispecie di reato. La valutazione della pericolosità sociale, basata sui precedenti penali, giustificava ampiamente sia l’applicazione della recidiva qualificata sia il rigetto della richiesta di un trattamento sanzionatorio più mite tramite le attenuanti.

Le conclusioni

L’ordinanza conferma un orientamento consolidato: il mancato rispetto delle prescrizioni della sorveglianza speciale, anche se per un periodo di tempo che potrebbe sembrare breve, costituisce reato quando non supportato da valide giustificazioni. La decisione sottolinea inoltre il peso della recidiva qualificata nel sistema penale, che può precludere un giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche, irrigidendo la risposta sanzionatoria dello Stato nei confronti di chi dimostra una persistente inclinazione a delinquere. Il ricorso è stato quindi dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Quando un ritardo nel rientro a casa integra il reato di violazione della sorveglianza speciale?
Secondo la Corte, un’assenza rilevata per un periodo apprezzabile, come dieci minuti, senza che l’interessato fornisca alcuna giustificazione, è sufficiente a integrare il reato, escludendo l’ipotesi di un mero e scusabile ritardo.

Perché la recidiva ha impedito la concessione delle attenuanti generiche in misura prevalente?
La concessione delle attenuanti generiche in misura prevalente è stata impedita dal divieto normativo esplicito contenuto nell’art. 69, comma 4, del codice penale, che vieta tale giudizio di prevalenza in presenza di una recidiva reiterata.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e, salvo casi di esonero, al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, come stabilito dall’art. 616 del codice di procedura penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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