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Violazione sorveglianza speciale: quando è reato?

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un uomo condannato per violazione sorveglianza speciale. Nonostante fosse uscito nell’orario autorizzato per recarsi al lavoro, è stato trovato in un hotel con una donna. La Corte ha stabilito che la finalità dell’uscita deve corrispondere a quella autorizzata, altrimenti si configura il reato. Il rispetto del solo orario non è sufficiente a escludere la responsabilità penale.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Violazione Sorveglianza Speciale: Non Basta Rispettare l’Orario, Conta lo Scopo

La misura di prevenzione della sorveglianza speciale impone al destinatario una serie di obblighi e prescrizioni volti a controllarne la pericolosità sociale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. n. 4852/2024) ha offerto un chiarimento fondamentale su cosa costituisca violazione sorveglianza speciale, sottolineando che il rispetto formale degli orari autorizzati non è sufficiente se la finalità dell’allontanamento dal domicilio è diversa da quella concessa.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un individuo sottoposto a sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno. Tra le prescrizioni imposte, vi era l’autorizzazione ad allontanarsi dalla propria abitazione esclusivamente per svolgere attività lavorativa presso una specifica azienda, in determinate fasce orarie (dal lunedì al venerdì, dalle 8:30 alle 12:30 e dalle 14:30 alle 18:30).

Tuttavia, l’uomo veniva sorpreso dalle forze dell’ordine in un albergo in compagnia di una donna, in un orario (tra le 15:30 e le 16:50) che rientrava formalmente nella fascia oraria autorizzata per il lavoro. Condannato in primo e secondo grado, l’imputato presentava ricorso in Cassazione, sostenendo di non aver violato alcuna prescrizione, dato che si era allontanato da casa nell’orario consentito.

La Decisione della Cassazione sulla Violazione Sorveglianza Speciale

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la condanna. I giudici hanno chiarito un principio cruciale: l’autorizzazione a lasciare il domicilio non era generica, ma strettamente legata a una finalità specifica, ovvero lo svolgimento dell’attività lavorativa. L’essersi recato in un albergo per motivi personali, sebbene nell’orario ‘permesso’, costituisce una palese violazione sorveglianza speciale perché elude lo scopo della prescrizione.

Il comportamento del soggetto, secondo la Corte, dimostrava una chiara inclinazione a non ottemperare alle regole imposte, rendendo irrilevante la mera coincidenza temporale. L’autorizzazione era concessa non per uscire, ma per lavorare.

Le Motivazioni della Corte

La sentenza si sofferma sulla distinzione tecnica tra ‘obbligo’ e ‘prescrizione’ nel contesto delle misure di prevenzione. L’obbligo impone al destinatario un comportamento specifico, un ‘aliquid facere’ (o non facere), come l’obbligo di rimanere nel comune di residenza. La prescrizione, invece, definisce il ‘quomodo facere’, ovvero le modalità con cui tale obbligo deve essere adempiuto. Nel caso di specie, la possibilità di allontanarsi dal domicilio era una deroga all’obbligo di soggiorno, ma vincolata dalla prescrizione che ne limitava la finalità al solo lavoro.

La Corte ha ribadito che, ai sensi del D.Lgs. 159/2011 (il ‘Codice Antimafia’), le prescrizioni accessorie (come quelle elencate nell’art. 8) non sono facoltative, ma hanno un’efficacia integrativa del precetto penale previsto dall’art. 75. Pertanto, violare una prescrizione equivale a violare l’obbligo a cui essa si riferisce, integrando così il reato contestato. Allontanarsi per un fine diverso da quello lavorativo, anche se nell’orario concesso, significa violare la prescrizione e, di conseguenza, commettere il reato.

Conclusioni

Questa pronuncia della Cassazione ha importanti implicazioni pratiche. Per chi è sottoposto a sorveglianza speciale, è un monito a non interpretare le autorizzazioni in modo estensivo o ‘furbo’. Ogni permesso concesso è strettamente vincolato al suo scopo. La decisione conferma che la valutazione del comportamento non può essere meramente formale (rispetto dell’orario), ma deve essere sostanziale (rispetto della finalità). Qualsiasi deviazione dallo scopo autorizzato espone il soggetto a gravi conseguenze penali, poiché dimostra l’inefficacia della misura di prevenzione e la persistenza della pericolosità sociale che la misura stessa intende contenere.

È sufficiente rispettare l’orario di uscita autorizzato per non commettere il reato di violazione della sorveglianza speciale?
No. Secondo la Corte di Cassazione, non è sufficiente rispettare la fascia oraria autorizzata. È necessario che anche la finalità dell’allontanamento dal domicilio corrisponda a quella specificamente permessa dal provvedimento, altrimenti si configura il reato.

Qual è la differenza tra ‘obbligo’ e ‘prescrizione’ nella sorveglianza speciale?
L’obbligo impone un comportamento generale (es. non lasciare il comune di residenza), mentre la prescrizione ne definisce le modalità di attuazione e le eventuali deroghe (es. puoi lasciare il domicilio solo per andare a lavorare in un dato orario). La prescrizione è parte integrante dell’obbligo.

Cosa succede se si viola una prescrizione accessoria della sorveglianza speciale, come quella sulla finalità dell’uscita?
La violazione di una prescrizione, come quella di allontanarsi per scopi diversi da quelli autorizzati, integra pienamente il reato di violazione degli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale, previsto dall’art. 75 del d.lgs. 159/2011.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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