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Violazione sorveglianza speciale: quando è reato?

La Corte di Cassazione conferma la condanna per violazione della sorveglianza speciale nei confronti di un uomo allontanatosi dalla propria abitazione durante l’orario di permanenza obbligatoria. L’imputato si era giustificato sostenendo di essere uscito per recuperare il proprio cane pericoloso scappato. La Corte ha rigettato tutti i motivi di ricorso, chiarendo che la misura era ancora in vigore, che la testimonianza indiretta di un agente su quanto riferito da un familiare era ammissibile e che la negazione delle attenuanti generiche era correttamente motivata. La sentenza sottolinea il rigore nell’applicazione delle misure di prevenzione.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Violazione Sorveglianza Speciale: Anche Uscire per il Cane è Reato?

La violazione sorveglianza speciale è una fattispecie di reato che punisce chi non osserva gli obblighi imposti da questa misura di prevenzione. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un caso interessante: un uomo, sorpreso fuori casa durante l’orario proibito, si è giustificato sostenendo di essere uscito per recuperare il suo cane pericoloso. Vediamo come la Suprema Corte ha valutato questa situazione e quali principi ha ribadito.

I Fatti: L’Allontanamento Notturno e la Giustificazione del Cane

Un uomo, sottoposto alla misura della sorveglianza speciale con obbligo di permanenza domiciliare dalle 19:00 alle 06:00, veniva controllato dalle forze dell’ordine alle 19:30 e risultava assente. La madre, presente in casa, riferiva oralmente agli agenti che il figlio era uscito con il cane per una passeggiata in un’ampia pertinenza della proprietà. Tuttavia, pochi minuti dopo, l’uomo veniva visto rientrare scavalcando un muro di cinta, provenendo da un’area esterna alla proprietà e senza il cane.

Durante il processo, l’imputato forniva una versione diversa, affermando di essersi allontanato per pochi minuti per recuperare il suo cane di razza molosso, che era scappato nella proprietà di una cugina, al fine di evitare che potesse causare danni a persone o cose.

Le Decisioni dei Giudici di Merito

Sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’Appello hanno ritenuto l’uomo colpevole del reato di violazione degli obblighi della sorveglianza speciale. Le corti non hanno considerato credibile la giustificazione legata alla necessità di recuperare il cane, condannando l’imputato.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione basandosi su quattro motivi principali:
1. Errato calcolo della durata: secondo la difesa, la misura di sorveglianza sarebbe già scaduta al momento del fatto, a causa di periodi di sospensione per detenzione.
2. Inutilizzabilità della testimonianza: la deposizione dell’agente di polizia su quanto riferito dalla madre dell’imputato sarebbe una testimonianza indiretta vietata dalla legge.
3. Mancato riconoscimento delle attenuanti generiche: i giudici non avrebbero considerato la situazione di necessità (il cane pericoloso scappato) e la rapida resipiscenza dell’imputato.
4. Rigetto della rinnovazione dell’istruttoria: la Corte d’Appello avrebbe ingiustamente negato la richiesta di esaminare l’imputato per chiarire la dinamica dei fatti.

Le Motivazioni della Cassazione sulla violazione sorveglianza speciale

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, ritenendolo infondato in ogni suo punto. Le motivazioni della Corte offrono importanti chiarimenti su diversi aspetti procedurali e sostanziali.

Validità della Misura e Principio di Correlazione

In primo luogo, la Corte ha stabilito che la misura di sorveglianza speciale era pienamente in vigore al momento del controllo. Il calcolo della sua durata, tenendo conto delle proroghe e dei periodi di sospensione, era corretto. La diversa valutazione rispetto a quella prospettata dalla difesa non viola il principio di correlazione tra accusa e sentenza, poiché il fatto contestato (l’allontanamento dall’abitazione) è rimasto identico.

La Testimonianza Indiretta del Poliziotto

Un punto cruciale riguarda l’ammissibilità della testimonianza dell’agente. La Corte ha chiarito che il divieto di testimonianza indiretta (art. 195, comma 4, c.p.p.) si applica alle dichiarazioni raccolte nel corso di atti formali del procedimento penale. Le informazioni apprese oralmente e informalmente da un familiare durante un’attività di vigilanza e controllo sui sorvegliati, come nel caso di specie, non rientrano in tale divieto e sono quindi pienamente utilizzabili in giudizio.

Il Diniego delle Attenuanti Generiche

La Cassazione ha confermato la decisione dei giudici di merito di non concedere le attenuanti generiche. L’applicazione di tali attenuanti non è un diritto dell’imputato, ma richiede la presenza di elementi positivi che non sono stati ravvisati nel caso concreto. La valutazione complessiva degli elementi e l’assenza di segni di resipiscenza sono state ritenute motivazioni congrue per il diniego.

Rigetto della Richiesta di Rinnovazione dell’Istruttoria

Infine, la Corte ha ritenuto legittimo il rigetto della richiesta di riaprire l’istruttoria in appello per esaminare l’imputato. I giudici d’appello avevano motivato adeguatamente che non vi erano lacune probatorie e che gli atti erano sufficienti per decidere. Inoltre, la Corte ha sottolineato che l’imputato stesso non si era presentato all’udienza fissata per il suo esame senza addurre un legittimo impedimento.

Le Conclusioni: Cosa Insegna Questa Sentenza?

La sentenza ribadisce il rigore con cui l’ordinamento giuridico tratta la violazione sorveglianza speciale. Le giustificazioni addotte devono essere concrete e provate, e non mere allegazioni. La decisione chiarisce inoltre importanti confini procedurali, come l’ammissibilità delle dichiarazioni informali raccolte dalla polizia giudiziaria durante le attività di controllo, distinguendole dagli atti formali di indagine. Per chi è sottoposto a tali misure, il messaggio è chiaro: il rispetto degli obblighi imposti è tassativo e le deroghe sono ammesse solo in circostanze eccezionali e debitamente dimostrate.

La testimonianza di un poliziotto su quanto detto da un familiare del sorvegliato è valida?
Sì, la Corte di Cassazione ha stabilito che è ammissibile. Il divieto di testimonianza indiretta non si applica alle dichiarazioni rese informalmente al di fuori di un atto formale del procedimento penale, come quelle raccolte durante un’attività di vigilanza e controllo.

Uscire di casa per recuperare un cane scappato può giustificare la violazione della sorveglianza speciale?
Sulla base di questa sentenza, no. I giudici hanno ritenuto che la giustificazione non fosse sufficientemente provata e non costituisse una causa di necessità tale da scriminare la condotta, specialmente a fronte delle incongruenze nella ricostruzione dei fatti.

Un calcolo errato della scadenza della misura di sorveglianza da parte della difesa può invalidare la condanna?
No. Se i giudici accertano, sulla base degli atti, che la misura era ancora in vigore al momento del fatto, la condanna è legittima. La corretta determinazione della durata della misura è un elemento oggettivo che non modifica il fatto contestato e non viola il diritto di difesa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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