Violazione della Sorveglianza Speciale: a Chi Spetta l’Onere della Prova?
Quando un soggetto sottoposto a sorveglianza speciale viola le prescrizioni imposte, può giustificare la sua condotta? E, soprattutto, a chi spetta dimostrare la validità di tali giustificazioni? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su un punto cruciale: l’onere della prova in caso di presunta forza maggiore. L’analisi del provvedimento chiarisce che non basta addurre una scusa; è necessario fornire elementi concreti che la supportino, altrimenti il ricorso rischia di essere dichiarato inammissibile.
Il Caso: Violazione della Sorveglianza Speciale e Giustificazioni
Un individuo, già sottoposto alla misura della sorveglianza speciale, veniva condannato in primo e secondo grado per aver violato le prescrizioni in due occasioni consecutive. Nello specifico, l’imputato era rientrato in ritardo una sera e non era rientrato affatto la notte successiva.
A sua discolpa, aveva dichiarato che il ritardo era stato causato da un guasto all’automobile e di aver comunicato alle autorità di pubblica sicurezza l’impossibilità di rientrare la notte seguente. Tuttavia, i giudici di merito avevano confermato la condanna, ritenendo le giustificazioni non sufficienti a escludere la sua responsabilità.
I Motivi del Ricorso in Cassazione
L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione lamentando un vizio di motivazione da parte della Corte d’Appello. A suo dire, i giudici non avevano adeguatamente considerato le sue dichiarazioni né avevano dimostrato la loro falsità. La difesa sosteneva che, in assenza di prove contrarie, le giustificazioni fornite avrebbero dovuto essere considerate valide per escludere l’elemento psicologico del reato.
L’Onere della Prova nella Giustificazione della Violazione
La Corte di Cassazione ha respinto completamente questa linea difensiva. Gli Ermellini hanno chiarito un principio fondamentale: quando un imputato invoca una causa di giustificazione come la forza maggiore (il guasto all’auto) o lo stato di necessità, spetta a lui stesso l’onere della prova. Non è compito del giudice dimostrare che la giustificazione è falsa; è compito dell’imputato fornire tutti gli elementi necessari a renderla credibile e verificabile.
L’articolo 6, comma 3, del D.Lgs. 159/2011, infatti, richiede una “comprovata necessità” per giustificare la violazione delle prescrizioni. Una semplice dichiarazione, senza alcun riscontro oggettivo, non è sufficiente a integrare tale requisito.
Le Motivazioni della Decisione della Suprema Corte
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza. La decisione si basa su due pilastri:
1. Mancato assolvimento dell’onere probatorio: L’imputato si è limitato a dichiarare un guasto e una comunicazione, senza però fornire alcuna prova a supporto (ad esempio, una ricevuta del meccanico, una testimonianza, la prova della chiamata). Non ha rappresentato una situazione che gli impedisse in modo assoluto di agire diversamente.
2. Genericità e ripetitività del ricorso: Il ricorso non ha mosso una critica specifica e puntuale alla sentenza della Corte d’Appello, ma si è limitato a riproporre le stesse argomentazioni già respinte nel grado precedente. Questo tipo di ricorso, che non si confronta con le ragioni della decisione impugnata, è considerato inammissibile.
Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza
Questa ordinanza ribadisce un concetto di fondamentale importanza pratica: chi è sottoposto a misure restrittive della libertà personale, come la sorveglianza speciale, ha il dovere di rispettarle scrupolosamente. Qualora si verifichi un evento che impedisce tale rispetto, non basta semplicemente comunicarlo o dichiararlo. È indispensabile attivarsi per raccogliere e conservare tutte le prove possibili (documenti, fotografie, testimonianze) che possano dimostrare in modo oggettivo la causa di forza maggiore o la situazione di necessità. In un eventuale processo, l’onere di convincere il giudice della fondatezza della propria giustificazione grava interamente sull’imputato.
Chi deve provare la causa di giustificazione per la violazione della sorveglianza speciale?
Secondo la Corte di Cassazione, l’onere della prova spetta all’imputato. È lui che deve fornire elementi concreti e idonei a dimostrare l’esistenza di una causa di forza maggiore o di una comprovata necessità che gli ha impedito di rispettare le prescrizioni.
È sufficiente comunicare alle autorità un impedimento per evitare la condanna?
No, la sola comunicazione non è sufficiente. È necessario rappresentare e dimostrare una situazione di ‘comprovata necessità’, come richiesto dalla legge. Dichiarare un guasto all’auto senza fornire alcuna prova a supporto non esclude la responsabilità penale.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile per manifesta infondatezza, in quanto si limitava a riproporre le stesse argomentazioni già presentate e respinte in appello, senza confutare specificamente le motivazioni della sentenza impugnata e senza aver assolto all’onere di provare le cause di giustificazione addotte.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 87 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 87 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a ERICE il 14/02/1983
avverso la sentenza del 18/03/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Esaminato il ricorso proposto dal difensore di COGNOME Stefano avverso la sentenza in epigrafe, con cui la Corte d’Appello di Palermo ha confermato la sentenza di condanna del ricorrente, emessa dal Tribunale di Trapani in data 23.6.2023, per il reato di cui all’art. 75, comma 1, D.Lgs. n. 159 del 2011;
Evidenziato che con l’unico motivo di ricorso si lamenta un vizio di motivazione della sentenza impugnata in ordine alla sussistenza dell’elemento psicologico del reato, in quanto la Corte d’Appello nulla ha addotto circa la asserita falsità di quanto dichiarato dall’imputato a giustificazione delle oggettive violazioni della misura della sorveglianza speciale avvenute il 4 e il 5 marzo 2020;
Osservato, sotto questo profilo, che, dal testo della sentenza impugnata, risulta che il ricorrente avesse dichiarato di essere rientrato in ritardo la sera del 4.3.2020 per un guasto all’auto e di avere comunicato all’autorità di pubblica sicurezza il suo mancato rientro la notte del 5.3.2020, ma senza rappresentare una situazione di comprovata necessità come richiesto dall’art. 6, comma 3, D.Lgs. n. 159 del 2011;
Rilevato che il ricorso non muove una critica specifica alla sentenza di secondo grado su questo punto e si limita a sostenere che i giudici di merito non hanno dimostrato la falsità delle dichiarazioni dell’imputato;
Considerato, pertanto, che il ricorrente, avendo sostanzialmente addotto cause di forza maggiore, non ha adempiuto all’onere di allegazione in ordine agli elementi necessari all’accertamento di fatti ignoti che fossero idonei, ove riscontrati, a escludere la sua responsabilità in quanto non gli consentivano di agire diversamente (cfr. Sez. 2, n. 20171 del 7/2/2013, Rv. 255916 – 01, che annovera specificamente, tra tali fatti, le cause di giustificazione, il caso fortuito, la fo maggiore, il costringimento fisico e l’errore di fatto);
Ritenuto, pertanto, che il ricorso si limiti a riproporre pedissequamente le censure dedotte come motivi di appello, senza confutare specificamente le argomentazioni in virtù delle quali tali motivi non sono stati accolti, sicché deve essere dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza (Sez. 2, n. 19411 del 12/3/2019, Rv. 276062 – 01) con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 26.9.2024