Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 34721 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 34721 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PENNE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 22/12/2023 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
dato atto che il ricorso è stato trattato, ai sensi dell’art. 23, comma 8, dl. n. 137 del 2020, convertito dalla legge n. 176 del 2020, senza l’intervento delle parti che hanno concluso per iscritto;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Lette le note scritte Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 22 dicembre 2023, la Corte di appello di L’Aquila ha confermato la sentenza del Tribunale di Pescara, in composizione monocratica, in data 21/06/2021, che aveva condannato ad un anno di recluSione NOME COGNOME, ritenendolo responsabile del reato di cui all’art. 75, comma 2, d.lgs. n. 159/2011, perché aveva violato la prescrizione impostagli con la sottoposizione
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alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo disoggiorno nel Comune di Penne di presentarsi ogni giovedì della stazione presso il locale RAGIONE_SOCIALE.
Il difensore di NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, articolando tre motivi:
manifesta illogicità e carenza di motivazione della sentenza, che non aveva tenuto conto della mancanza della prova documentale del registro nel quale venivano apposte le firme del COGNOME, unica prova affidabile della sua mancata presentazione non surrogabile dalle dichiarazioni di alcuni dei RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE;
violazione della legge penale per genericità e indeterminatezza del capo di imputazione in relazione alla mancata descrizione della condotta contestata; nel capo di imputazione manca l’indicazione del territorio nel quale il COGNOME aveva scelto di vivere nel rispetto delle prescrizioni e nulla poteva sapersi sul luogo dove si trovava al momento del controllo;
mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con riguardo alla valutazione di prove dichiarative ritenute decisive; non si sarebbe tenuto conto delle dichiarazioni rese dal prevenuto in ordine alla “scelta del prevenuto nella dichiarazione del domicilio dove avrebbe dovuto dimorare abitualmente” né si era accertato quando e dove questa dichiarazione sia stata fatta.
Il Procuratore Generale ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso per manifesta infondatezza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e va pertanto respinto.
Con il primo motivo il ricorrente lamenta la manifesta illogicità e la carenza della motivazione della decisione impugnata perché i giudici di merito non hanno tenuto conto del fatto che presso la Caserma dei RAGIONE_SOCIALE di Penne, dove NOME si sarebbe dovuto presentare il 29/11/2018, veniva tenuto un brogliaccio ove il sorvegliato speciale doveva apporre la sua firma a riprova della sua presentazione.
Quella prova scritta non era stata esibita e non poteva bastare l’escussione di alcuni carabinieri in servizio a surrogarla; semmai si sarebbero dovuti escutere tutti quelli che avevano svolto quel giorno mansioni che potevano consentire loro di verificare l’accesso del COGNOME alla Caserma o la sua mancata presentazione.
La motivazione della sentenza impugnata sarebbe dunque insufficiente perché in maniera sommaria e non approfondita si era limitata ad attestare che tre dei RAGIONE_SOCIALE in servizio avevano affermato sotto il vincolo del giuramento che NOME non si era presentato.
La motivazione era pure carente perché non aveva approfondito il dato relativo all’effettiva esecuzione della parte prescrittiva del provvedimento applicativo della sorveglianza speciale, dove era previsto che il COGNOME fissasse la propria dimora nel territorio del Comune e la facesse conoscere all’autorità di P.S.; agli atti non vi era traccia del documento di sottoposizione alla sorveglianza speciale né l’indicazione del luogo di soggiorno scelto. Ciò poteva rendere di fatto la misura una sorveglianza speciale senza obbligo di soggiorno con conseguente inconfigurabilità della fattispecie contestata.
Le doglianze sono infondate.
Senza incorrere in alcuna illogicità i giudici di merito nei due gradi di giudizio hanno valutato le dichiarazioni dei RAGIONE_SOCIALE di cui non sono contestati né revocabili in dubbio né il ruolo all’interno della Caserma di Penne nè i compiti afferenti i controlli sulle prescrizioni dei sorvegliati speciali e le hann ragionevolmente considerate idonee a dimostrare la mancata presentazione dell’imputato.
Nessuna rilevanza assume la verifica dell’assenza della firma di COGNOME sul brogliaccio dei sorvegliati, al quale non può attribuirsi alcun valore di prova legale e che in ogni caso potrebbe valere a dimostrare un fatto positivo (la presenza con l’apposizione della firma) e non valere ad unica prova dimostrativa di un fatto negativo (la sua assenza).
Inconferente è il riferimento alla mancanza dell’indicazione del luogo di dimora da parte di COGNOME al fine di ricostruire il regime di sorveglianza al quale è sottoposto, poiché il provvedimento violato deve necessariamente corrispondere a quello emesso a prescindere dalle sue modalità di esecuzione, e solo ove fosse stata dedotta l’impugnazione del provvedimento applicativo con riguardo alla specifica statuizione dell’obbligo di soggiorno avrebbe potuto avere rilevanza l’approfondimento circa la sua vigenza attuale al momento della violazione dell’obbligo di soggiorno.
Il primo motivo è quindi infondato.
2. Con il secondo motivo si lamenta la violazione della legge penale per genericità ed indeterminatezza del capo di imputazione che non descriverebbe la condotta del COGNOME. Aggiunge la difesa che occorrerebbe indicare nell’imputazione il profilo di colpa addebitabile al COGNOME e non la sua sola condizione di sorvegliato speciale e che «tale rilievo è sulla scorta di altre violazioni
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della stessa natura contestate al COGNOME e quindi il semplice fatto di averlo rinvenuto nel territorio di Pescara di per sé non può essere considerato reato».
Tale motivo è inammissibile perché finisce per involgere questioni di fatto prive di qualsivoglia correlazione con il reato contestato, che è invece compiutamente descritto con l’inosservanza dell’obbligo di presentazione: una prescrizione che integra il precetto relativo all’illecito di cui all’art. 75, comma 2 d.lgs. n. 159/2011 e la cui violazione anche esclusiva integra la fattispecie criminosa (Sez. 1, n. 32575 del 21/04/2023, Rv. 285051-01).
A ciò si aggiunga che le doglianze circa l’omesso approfondimento relativo all’elemento psicologico sono del tutto inconferenti, poiché «ai fini della sussistenza del delitto di violazione degli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale, di cui all’art. 75, comma 2, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, è sufficiente il dolo generico, costituito dalla consapevolezza degli obblighi da adempiere per effetto della condizione di sorvegliato speciale e dalla cosciente volontà del loro inadempimento, non rilevando le finalità che abbiano determinato la condotta» (Sez. 1, n. 11929 del 02/02/2024, Rv. 286010)
Parimenti inammissibile è il terzo motivo che si risolve in una lunga illustrazione sui requisiti richiesti alla motivazione di una sentenza osservante del principio dell’oltre ogni ragionevole dubbio, ma che non contiene alcun ulteriore aggancio argomentativo (diverso da quelli contenuti nei motivi precedenti) rispetto al testo del provvedimento impugnato.
Il ricorso deve essere rigettato con la conseguente condanna alle spese del ricorrente.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, il 28 giugno 2024 Consigliere estensore
Il Presidente